In tempi di crisi, le aziende ridimensionano i propri programmi di viaggio e cercano nuovi strumenti per abbattere i costi. Per questo è in crescita l’interesse verso i sistemi di videoconferenza, che consentono di annullare le distanze fisiche, senza però spendere in voli aerei e camere d’albergo. A fotografare questo trend è una recente indagine compiuta dalla società tecnologica Kds interpellando un vasto campione di responsabili viaggi europei (73%), americani (8%) e del resto del mondo (19%), tutti impiegati in grandi aziende con oltre 5000 dipendenti. Il 54% dei travel manager ritiene che l’attuale crisi economica impatterà in maniera rilevante sui programmi di viaggio, causando una riduzione del numero delle trasferte che si protrarrà almeno fino al primo trimestre di quest’anno. Il 36% afferma di aver già cancellato viaggi prenotati in precedenza, mentre il 33% dichiara di aver mandato a monte la partecipazione ai meeting internazionali. Chiamati a identificare i sistemi più efficaci per ridurre le spese, il 92% degli intervistati indicano proprio le videoconferenze e i webmeeting.
Questa tendenza trova conferma anche in una recente survey dell’associazione americana BTC, Business Travel Coalition: quest’anno ben il 50% delle aziende campione (basate in Belgio, Stati Uniti, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, India, Giappone, Olanda, Norvegia, Panama, Singapore, Sud Africa, Svizzera, Emirati Arabi Uniti e Gran Bretagna) adotterà sistemi di videoconferenza per abbattere le spese di viaggio. Il 33,9%, inoltre, dichiara di aver incrementato e velocizzato l’investimento in questo tipo di tecnologie negli ultimi mesi.
Non stupisce, quindi, che di recente la società di consulenza Gartner abbia inserito le videoconferenze nel report “Hype Cycle for Emerging Technologies 2008”, un elenco delle 27 tecnologie destinate a mutare profondamente il modo di fare business nell’arco dei prossimi dieci anni.
I principali player
Ma quanto pesa oggi il settore delle videoconferenze a livello mondiale? Sempre Gartner, nel suo “Osservatorio sul Mercato delle Soluzioni di Video-Telepresenza”, sostiene che entro il 2010 le vendite di apparecchiature di telepresenza (i sistemi di videoconferenza più sofisticati) genereranno ricavi annuali per circa un miliardo e mezzo di dollari. Attualmente pochi marchi si spartiscono il mercato: dal bollettino periodico della società di consulenza Wainhouse Research (www.wainhouse.com), relativo al 2007, emerge che il 70% del giro d’affari è nelle mani dei colossi Polycom (36%) e Tandberg (il 41%). Il 6% è generato dalla giapponese Sony, il 3% dall’italiana Aethra e il rimanente 14% da altri operatori. Per ottenere la fotografia del mercato europeo, invece, è possibile attingere all’indagine “European Videoconferencing Infrastructure Market”, pubblicata lo scorso giugno dalla società di consulenza Frost & Sullivan. Dai dati raccolti emerge che nel Vecchio Continente il mercato delle videoconferenze ha generato nel 2007 profitti pari a 54,9 milioni di dollari, un volume destinato a raddoppiare entro il 2010, raggiungendo quota 98,5 milioni. «Il costante miglioramento tecnologico dei sistemi di videoconferenza, che offrono ottime funzionalità al miglior prezzo, stimola la vendita di queste soluzioni – ha commentato Prarthana Somal, analista di Frost & Sullivan –. Inoltre, considerata la sempre maggiore sensibilità delle aziende nei confronti delle tematiche ambientali e la crescente adozione di “green policy”, le videoconferenze rappresentano la soluzione ideale per ridurre le emissioni di anidride carbonica e, al contempo, i costi di viaggio».
Il mercato italiano
E in Italia? Come spesso accade in ambito tecnologico, nel nostro Paese il grado di diffusione di questi sistemi è ancora modesto se paragonato agli Usa o al resto d’Europa. Ce lo conferma Luciano Zoccoli, fondatore e managing director di Ayno Videoconferenze, società specializzata nell’offerta alle aziende di sistemi di videoconferenza dei principali marchi, quali Polycom e Tandberg. Fondata nel 2000, Ayno conta 19 dipendenti distribuiti in due sedi a Milano e Roma. Nel 2007 ha registrato un fatturato di 3,4 milioni di euro e conta di chiudere il 2008 a quota 4 milioni. «Sul fronte dei sistemi di videoconferenza il mercato italiano è più arretrato rispetto a quello statunitense, dove questi sistemi sono molto diffusi, ma anche rispetto alla Gran Bretagna, la Francia e la Germania – afferma Zoccoli –. Le ragioni di questo gap sono di natura tecnologica (attualmente molte aziende italiane non dispongono ancora di reti sufficientemente sviluppate da supportare questo tipo di sistemi), ma anche culturale: l’implementazione delle videoconferenze, infatti, comporta un riassetto dell’organizzazione interna, nonché un’attività di formazione dei dipendenti e di incentivazione all’utilizzo: in genere, infatti, il personale si dimostra restio a rinunciare agli indennizzi versati dalle aziende in occasione di trasferte.
«In questa fase di recessione economica – prosegue Zoccoli –, rileviamo da parte delle aziende due opposti atteggiamenti: da un lato la tendenza “cieca” a tagliare i costi, dall’altro l’adozione di strategie più oculate, che puntano al raggiungimento di saving attraverso investimenti in soluzioni tecnologiche, quali appunto le videoconferenze. Rispetto agli anni Novanta, quando questi sistemi erano appannaggio delle multinazionali (soprattutto le società farmaceutiche) e delle grandi organizzazioni internazionali, oggi rileviamo un crescente interesse da parte del mondo delle Pmi (aziende con meno di 100 addetti, ma anche grandi studi professionali), purché dotate di più sedi sul territorio e di un approccio evoluto nei confronti delle tecnologie».
Anche la società di consulenza Accenture di recente ha intuito le potenzialità della comunicazione a distanza: per questo ha messo a punto C-Suite, un’avveniristica sala riunioni dotata di sistemi di videoconferenza e altri innovativi sistemi interattivi. Le C-Suite sono oggi disponibili in quattro città: ad Assago (Milano), Shanghai, Chicago e Londra.
Dai sistemi “one to one” alla telepresenza
Oggi il mercato delle videoconferenze offre un’ampia gamma di soluzioni, studiate per venire incontro a differenti esigenze aziendali. Le più semplici sono i cosiddetti sistemi di videoconferenza personale, che consentono la comunicazione “one to one” tramite lo schermo del proprio personal computer, equipaggiato con una webcam Usb. Più sofisticati sono i sistemi di gruppo, che permettono la comunicazione sino a un massimo di 10 partecipanti attraverso l’installazione nelle sale riunioni di schermi fino a 40-50 pollici. «La vera rivoluzione nel campo delle videoconferenze, però, è la telepresenza – sottolinea Zoccoli –, un sistema che consente la proiezione su maxischermi degli interlocutori a grandezza naturale, ricreando l’illusione di sedere tutti intorno allo stesso tavolo». Da segnalare, inoltre, che le soluzioni più sofisticate oggi si avvalgono della tecnologia HD (High Definition), che consente la massima nitidezza dell’immagine.
I costi
Ma quanto può costare un sistema di videoconferenze? «Tra i 5000 e i 50mila euro, a seconda della complessità del sistema – dichiara Zoccoli –: ma il prezzo può salire ulteriormente per i sistemi di telepresenza». Oltre all’acquisto di queste soluzioni, le aziende possono usufruire di formule di noleggio operativo, che prevedono il versamento di un canone mensile e includono un’ampia gamma di servizi (installazione, attività di formazione degli utenti, assistenza tramite help desk o telefono, interventi tecnici, sostituzione entro 48 ore, aggiornamento dei software). «Ad esempio, il noleggio per 36 mesi di un sistema di media qualità, del valore di circa 15mila euro, può costare circa 400 euro al mese – spiega Zoccoli –. Il canone, oltretutto, è interamente deducibile dall’imponibile fiscale e ai fini dell’Irap».
Assumersi questo costo può contribuire a ridurre le spese di viaggio, ma non solo. «Vi sono altri vantaggi meno misurabili, ma altrettanto rilevanti: il miglioramento della qualità della comunicazione e la possibilità di ottimizzare meglio i tempi, evitando di spostarsi dalla propria sede».
Infine, un accenno ai tempi di implementazione. «Variano molto a seconda della qualità delle reti aziendali – spiega Zoccoli –: se un’azienda dispone già di una rete in grado di supportare questi sistemi l’installazione può richiedere una settimana. Se però occorre intervenire sulle reti i tempi si allungano».
Una testimonianza
Tra le imprese che hanno deciso di adottare sistemi di videoconferenze spicca Siemens. L’azienda è presente in Italia con 50 sedi e 9200 dipendenti, a cui si aggiungono altri 40mila addetti nel mondo. «Anche noi, negli ultimi anni, stiamo promuovendo l’utilizzo di video e web conference tramite progetti globali implementati direttamente dalla casa madre – dichiara la travel manager di Siemens, Benedetta Viganò –. L’incentivazione a utilizzare le videoconferenze si inserisce in un progetto più ampio, chiamato “Move 25”, che mira a ridurre del 25% le spese di trasferta, promuovendo la cost consciousness del dipendente come leva per il contenimento dei costi.
«Le trasferte che si prestano maggiormente a essere sostituite sono quelle brevi – prosegue Viganò –, spesso tra colleghi di Siemens che debbono scambiarsi informazioni e presentazioni». Quali i vantaggi ottenuti? «Un minor numero di trasferte effettuate, con conseguente abbattimento delle spese di viaggio e ottimizzazione del tempo dei dipendenti dedicato al business».
Minore impatto sull’ambiente
Come accennato, uno degli aspetti che oggi giocano a favore dell’adozione dei sistemi di videoconferenza è la possibilità di ridurre l’impatto sull’ambiente, grazie alla diminuzione del numero di voli aerei e alla conseguente minore emissione di CO2 nell’atmosfera. Lo dimostrano le case history di numerose compagnie internazionali che, negli ultimi anni, hanno implementato questo tipo di sistemi: la rivista americana Environmental Leader, specializzata nelle tematiche ambientali in ambito aziendale, rivela ad esempio che la società di consulenza Deloitte, grazie all’installazione di questi sistemi nelle sue 130 sedi nel mondo, è riuscita a ridurre le emissioni di quasi 4200 tonnellate, risparmiando al contempo oltre 7 milioni di dollari. Attualmente Deloitte spende circa 23 milioni di dollari annui in spese di viaggio.
Il sito del magazine Business Week, inoltre, riporta che BT (British Telecom) è riuscita a tagliare le proprie emissioni di CO2 del 15% annuo (circa 97.000 tonnellate su un totale di 640mila) sostituendo 860mila incontri “faccia a faccia” e meeting interni con le tele e videoconferenze. Mike Hughes, head of environment di BT, ha dichiarato che oltretutto l’incremento nell’uso di questi sistemi sta aiutando lo staff dell’azienda a bilanciare meglio lavoro e vita privata, grazie a una significativa riduzione del tempo trascorso dai dipendenti in viaggio.
Testo di Arianna De Nittis, Mission n. 1, gennaio-febbraio 2009