Come descrivere il mercato dell’hôtellerie in Italia? È senz’altro un panorama ricchissimo: secondo il “Rapporto 2002 sul sistema alberghiero in Italia” elaborato da Federalberghi (organizzazione nazionale che riunisce i principali alberghi italiani), nonostante la crisi che negli ultimi anni ha afflitto il comparto turistico, il fatturato complessivo del sistema alberghiero ammonta a 22 miliardi di euro, pari al 2% circa del Pil. Una cifra che fa sì che il sistema italiano rappresenti il 10% dell’offerta mondiale e che si posizioni al secondo posto per capacità ricettiva, dopo gli Stati Uniti. Ma si tratta anche di un settore difficile, frammentato e complesso, in grado di “spiazzare” anche i più esperti travel manager alle prese con una selva di marchi e modalità di aggregazione differenti, che talvolta rendono arduo orientarsi e disporre degli elementi necessari per condurre efficacemente una negoziazione.
Il punto sul mercato
Per agevolare il compito dei responsabili viaggi, cerchiamo di fare il punto sul mercato alberghiero italiano e sulle principali formule di aggregazione. Tenendo presente che il panorama nostrano è decisamente anomalo rispetto a quello del resto del mondo: l’offerta, infatti, sempre secondo Federalberghi, è costituita solo per il 2% da esercizi affiliati a catene e consorzi alberghieri. Una percentuale che sale al 7,5% se alle catene internazionali si aggiungono i gruppi familiari italiani che gestiscono almeno due imprese, ma che rimane comunque molto bassa se paragonata a quella di altri Paesi europei come il Regno Unito (20%), la Francia (18%) e la Spagna (12%). Il resto delle strutture è rappresentato da piccole e medie imprese indipendenti, spesso a conduzione familiare, ognuna con i propri servizi e con una politica tariffaria autonoma. «Nel nostro Paese, dove l’economia è rappresentata in prevalenza da una costellazione di piccole medie imprese, è ancora molto forte la “cultura” dell’albergo indipendente – sottolinea Alan Mantin, regional marketing director di Hilton -. Una tendenza così radicata e così tipicamente italiana da rendere estremamente difficile prevedere anche in futuro una concentrazione del mercato. Negli ultimi anni si è verificata una crescita dei grandi gruppi, ma moderata, anche perché in Italia mettere a segno delle acquisizioni non è cosa facile: sono sempre il frutto di una politica di accordi molto lenta con le imprese proprietarie degli immobili». Di diverso avviso è Paolo Catoni, direttore marketing di Best Western (catena presente in 81 Paesi con oltre 4000 strutture). «Il futuro dell’hôtellerie italiana è senz’altro l’aggregazione. A sopravvivere in un mercato estremamente complesso senza il sostegno di un marchio forte, infatti, saranno solo le strutture di nicchia e con un prodotto molto differenziato. Le altre, prima o poi, dovranno affiliarsi ai grandi gruppi per mantenersi competitive».
Infine, una nota di tipo geografico: le imprese ricettive sono situate prevalentemente in Trentino Alto Adige (18,3%), in Emilia Romagna (14,9%), in Veneto (9,6%), Toscana (8,8%) e Lombardia (8,5%, vedi tabella 3).
Grandi gruppi e catene
Quali sono dunque le principali formule di aggregazione? In generale, si parla di gruppo alberghiero in presenza di più marchi ai quali corrispondono catene con caratteristiche differenti e rivolte a segmenti di mercato diversi. Tra gli esempi più illustri di questa tipologia di aggregazione c’è il gruppo francese Accor, che propone i brand Sofitel, Novotel, Formule 1, Mercure, Ibis, Etap, Red Roof Inns e Suite Hotels. Significativo anche l’esempio del gruppoHilton. che commercializza i marchi Hilton, Conrad, Doubletree, Embassy, Hampton Inn, Hilton Garden Inn, Homewood Suites, Red Lion, Hilton Grand Vacation Club, Harrison. «Questi marchi – spiega Alan Mantin – si differenziano in base alla tipologia dei servizi offerti, ma sono accomunati dal nostro programma di fidelizzazione, HHonor. Questo ampio ventaglio di offerte consente al gruppo di garantire una maggiore scelta dal punto di vista tariffario».
I plus dei grandi gruppi
Ma quali sono i plus che un grande gruppo è in grado di offrire a un’azienda? «Senz’altro l’ampio ventaglio di offerte, per tutte le esigenze di budget. Le nostre aziende clienti, infatti, possono scegliere tra prodotti di lusso ed esclusivi, ideali per l’organizzazione di meeting e viaggi incentive, o strutture più convenienti, a cui ricorrere solo per alcune tipologie di dipendenti o quando è prioritaria l’esigenza di tagliare i costi». Senza contare che il ricorso ai grandi gruppi consente di evitare brutte sorprese: tutte le strutture “incatenate”, infatti, presentano i medesimi standard di servizio. E sul fronte tariffario? «Gli hotel seguono le politiche stabilite dal marchio, ma hanno un’ampia discrezionalità che consente loro di regolarsi a seconda del bacino d’utenza e del periodo dell’anno».
Se la società che gestisce le strutture è proprietaria anche degli immobili si parla di catene di proprietà, che spesso sono in mano a imprese edili che effettuano operazioni nel settore alberghiero allo scopo di diversificare i loro investimenti. Tra le aziende di questo tipo, possiamo segnalare la Starhotel, fondata dall’ingegner Fabri, e Una Hotels, di proprietà diFusi Finanziaria Costruzioni Immobiliari. Vi sono, inoltre, le catene alberghiere “familiari”, ovvero formate da immobili di proprietà di una singola famiglia. È il caso, ad esempio, diBoscolo, Roscioli e Bettoja. Un discorso a parte, infine, meritano le catene miste, che non sono necessariamente fondate da imprese edili e non presentano un’unica linea di affiliazione, bensì possono avere al loro interno strutture di proprietà, in gestione e, talvolta, anche in franchising. Un esempio di questo tipo di catena è Jolly Hotels.
Il franchising
Tra le formule più diffuse nel settore alberghiero c’è il franchising, una licenza contrattuale che permette di gestire l’impresa alberghiera in proprio, avvalendosi però dell’esperienza di una struttura consolidata e appoggiandosi a un marchio noto per la commercializzazione. Il brand viene commercializzato da tutti i grandi colossi internazionali, quali Sheraton, Hilton e Best Western.
Ma nel dettaglio in che cosa consiste questa soluzione? Da un lato, il franchisor si impegna a garantire un determinato livello di assistenza alle strutture. «Ai nostri franchisee offriamo corsi di formazione per il personale, consulenza, condizioni privilegiate con i fornitori» sottolinea Paolo Catoni -. Senza contare gli efficaci strumenti commerciali e tecnologici (siti Internet, presenza nei principali gds ecc.). Dal canto suo, il franchisee è tenuto a pagare le royalty per lo sfruttamento del brand, e non solo. Deve anche attenersi a una serie di standard stabiliti dal franchisor, spesso piuttosto rigidi. «Le strutture a marchio Best Western – spiega Paolo Catoni – devono aderire a diversi tipi di standard: innanzitutto quelli di “brand identity”, che prevedono l’adozione di un’insegna e un’immagine coordinata imposta da Best Western. Poi, gli standard di servizio, che sono definiti dal gruppo in base a indagini periodiche di mercato effettuate presso la clientela e che vengono costantemente aggiornati e integrati. Tutto è oggetto di unarigida regolamentazione: dalla dimensione dei televisori alla presenza dei bollitori nelle camere. Ogni anno gli alberghi vengono sottoposti a un controllo durante il quale si attribuisce anche un punteggio (da un minimo di 800 a un massimo di 1000 punti) alla manutenzione e alla pulizia delle strutture».
La politica tariffaria delle catene in franchising non è dissimile da quella dei gruppi multimarchio: le tariffe vengono concordate in tandem con la direzione alberghiera, che affianca i franchisee offrendo un’efficace consulenza sul piano commerciale. «È chiaro, però – chiarisce Catoni – che l’ultima parola spetta all’albergatore, che deve fare i conti con la redditività della sua struttura».
Il management alberghiero
Vi sono, inoltre, società di management alberghiero che decidono di apporre alle loro strutture un marchio in franchising allo scopo di posizionarsi meglio sul mercato e rafforzare la loro offerta commerciale. È il fenomeno del franchising management, al quale aderisce, ad esempio, Alliance Alberghi, che commercializza i propri hotel con i marchi Crowne Plaza, Holiday Inn, Jolly Hotel e Comfort Hotel.
Contratti di gestione e consorzi
Talvolta, il proprietario dell’immobile affida la gestione della struttura a uno staff di esperti del settore, che si impegnano a far fruttare l’impresa utilizzando tutti gli strumenti di marketing a loro disposizione e, a questo scopo, nella maggior parte dei casi utilizzano il proprio brand. È il caso del management contract, che annovera marchi illustri come Jolly. Questa formula ha il vantaggio di non richiedere all’impresa ricettiva forti investimenti per l’acquisto di altri immobili.
E veniamo ai consorzi, composti da strutture affiliate con caratteristiche simili, che svolgono in comune alcune attività quali la commercializzazione, le iniziative promozionali e i corsi di formazione del personale alberghiero. Un esempio di questa formula è Pregiohotel, consorzio nato dalla collaborazione tra la società Insud e alcuni imprenditori meridionali, che riunisce alberghi di valore storico nella penisola.
Un discorso a parte meritano le associazioni: gli hotel che vi aderiscono gestiscono in comune l’attività commerciale e le prenotazioni, ma non necessariamente assumono un marchio alberghiero comune. Per comprendere meglio le caratteristiche di questo tipo di formula aggregativa basti pensare a Srs Worldhotels, che riunisce alberghi situati in grandi centri – spesso a vocazione business e con non meno di 70 camere – e piccole catene alberghiere (l’ultima affiliata è l’australiana Stanford Hotels & Resorts). Anche in questo caso, come nel franchising, le strutture affiliate devono aderire a rigorosi standard di qualità. Prima di entrare a far parte dell’associazione, infatti, vengono ispezionate accuratamente da addetti della sede centrale di Srs Worldhotels, con sede a Francoforte. Sulla base di questa verifica, i nuovi soci vengono inseriti nelle tipologie Deluxe Collection, Comfort Collection o First Collection. E da quel momento possono avvalersi di una rete di vendita con ben 30 uffici commerciali in tutto il mondo, nonché di strumenti di commercializzazione altrimenti inaccessibili: ad esempio, la presenza nei principali gds, la possibilità di appoggiarsi al sito Internet della compagnia per le prenotazioni, i numeri verdi. Questo per quanto riguarda i plus per gli albergatori. Ma in che cosa consiste la politica commerciale nei confronti dei clienti corporate? Pur lasciando agli alberghi affiliati una certa autonomia nella negoziazione con le aziende, Srs Worldhotels fornisce loro delle indicazioni di massima, attraverso una “griglia” con cinque distinte tipologie di tariffe, da quella individuale alla convenzionata. I travel manager possono rivolgersi agli uffici commerciali locali dell’associazione, che operano in collaborazione con gli altri uffici commerciali nel resto del mondo. Una volta negoziata una tariffa corporate, dunque, quest’ultima verrà comunicata a tutte le sedi di Srs Worldhotels.
Tra gli ingressi più recenti nel panorama delle associazioni vi è Italy Hotel Club, catena nata nel 2002 per promuovere in Italia e all’estero una serie di hotel indipendenti a 3 e 4 stelle suddivisi nelle quattro tipologie “Art”, “Relax”, “Holiday” e “Business”. Anche in questo caso, l’associazione fornisce ai membri tutti i possibili canali di vendita e strumenti di marketing (cataloghi, partecipazione a fiere e manifestazioni del settore). «Per fidelizzare la clientela business – spiega Luca Nenni, responsabile marketing –, a partire da luglio abbiamo lanciato una nuova offerta promozionale. Telefonando al numero verde 800996997 l’azienda può ottenere un codice da utilizzare all’atto della prenotazione (via call center o sul nostro sito) per usufruire di uno sconto del 5% sulle tariffe di tutte le nostre strutture».
Cooperative alberghiere
Differente dai consorzi e dalle associazioni, infine, la cooperativa alberghiera è un gruppo volontario di albergatori indipendenti che offre agli associati – ognuno dei quali detiene una quota della cooperativa e potere assembleare – un valido supporto a livello promozionale e commerciale. Un esempio è Space Hotels, cooperativa fondata nel 1974, il cui consiglio di amministrazione è costituito dagli albergatori stessi.
I gruppi e consorzi in Italia
Best Western: 133 hotel
Space Hotels: 80 hotel
Jolly Hotels: 41 hotel
InterContinental Hotels Group: 35 hotel
Accor: 30 hotel
Starwood: 21 hotel
Framon: 19 hotel
Le Méridien Hotel: 7 hotel
Ata Hotels: 8 hotel (19 inclusi i residence)
Turin Hotel: 11 hotel
Baglioni Hotel: 8 hotel
Una Hotels: 11 hotel
Boscolo: 11 hotel
Monrif: 5 hotel
Bettoja: 6 hotel
Sina: 9 hotel
Marriott: 2 hotel
Hilton: 4 hotel
Sol Melià: 5 hotel
Four Season: 1 hotel
Nh Hotels: 0 hotel
Golden Tulip: 25 hotel
Design Hotels: 7 hotel
Ac Hotels: 13 hotel