Dopo quasi vent’anni di attesa prende ufficialmente corpo l’Autorità di regolazione dei Trasporti. Il via alla costituzione di questo organismo, istituito da un decreto legge del 2011, è stato dato il 12 luglio dal Consiglio dei Ministri. L’ultimo ostacolo rimaneva il voto favorevole dei due terzi dei componenti delle commissioni Infrastrutture e Trasporti di Camera e Senato, che avevano già nell’autunno scorso bloccato la prima tripletta di dirigenti composta dal professore Mario Sebastiani, dall’ex presidente del Consiglio di Stato Pasquale de Lise e dalla dirigente del ministero dei Trasporti, Barbara Marinali. Un ostacolo superato ai primi di agosto, quando le Commissioni Lavori Pubblici del Senato e Trasporti della Camera hanno approvato i nominativi indicati dal Governo del premier Enrico Letta: presidente dell’Authority sarà Andrea Camanzi, area Pd, che ha maturato la propria competenza sui profili tariffari ed economici della regolazione in qualità di dirigente di grandi imprese private a livello mondiale, come Telecom. Camanzi sarà affiancato da Mario Valducci, ex deputato Pdl con una lunga esperienza nelle vesti di presidente della commissione Trasporti alla Camera, e da Barbara Marinali. «Finalmente si dà un segnale forte nel settore delle strade, delle ferrovie, degli aeroporti, a tutela del consumatore e in favore della liberalizzazione del mercato», ha commentato Maurizio Lupi, ministro alle Infrastrutture e Trasporti. «Si tratta di un tema che da molto tempo era fermo e bloccato – ha invece dichiarato il presidente del Consiglio, Enrico Letta – C’è bisogno di regolare un settore attualmente privo di autorità».
La seconda importante notizia è che l’Autorità avrà sede ben lontano dai palazzi del potere romani, a ulteriore garanzia di indipendenza dagli interessi dei gruppi politici dirigenti: sempre ad agosto Camera e Senato hanno votato un emendamento che sposta la sua sede a Torino. Sulla collocazione precisa ci sono varie ipotesi, dalla ex sede dell’Anas in zona San Donato, alle arcate ex Moi del Lingotto, alla Cavallerizza, fino alla Curia Mazima in via Corte d’Appello.
La scelta di Torino è avvenuta in seguito a una forte azione di lobby esercitata in primis dalle istituzioni locali, Regione, Provincia e Comune, dal mondo economico e produttivo e da uno schieramento trasversale di parlamentari piemontesi di Pdl, Pd e Lega. Sostanzialmente due le ragioni alla base di questa scelta. Una di natura economica: Torino è il cuore della filiera dell’automotive. In Piemonte ha sede più di un terzo (872 su 2.247) delle aziende che in Italia operano nella filiera dell’autoveicolo. Ci sono oltre 94mila addetti su 180mila. Nel 2012 il fatturato si è fermato a 18 miliardi di euro, pari al 47% dell’aggregato nazionale. A Torino hanno poi sede centri di ricerca di molte case automobilistiche. E oltre all’automotive ci sono aziende che producono treni, come Alstom, e imbarcazioni, come Azimut. La seconda ragione è di natura simbolica e riguarda due grandi opere ferroviarie: la Torino-Lione e la Tortona-Novi Ligure-Genova, meglio conosciuta come Terzo Valico. Opere su cui c’è un’accesa discussione e la contrarietà di agguerriti comitati di protesta.
La nascita dell’Authority è stata accolta con grande soddisfazione. Tra i primi a esprimere il proprio apprezzamento, i due protagonisti del panorama ferroviario italiano. Per Ferrovie Italiane, l’Autorità è «una garanzia per un sistema di regole tutte uguali per tutti i player presenti sul mercato». Mentre per Ntv «è stato messo un tassello importante per consentire il pieno e corretto sviluppo della liberalizzazione del nostro sistema di trasporto. La nomina dei componenti dell’Authority dei Trasporti è il primo vero passo per attivare, in tempi che ci auguriamo rapidissimi, l’operatività di questo organismo che avrà competenza in materia di regolazione del mercato, così come è previsto dalla normativa in essere. Il ruolo di un organismo indipendente, soprattutto nella fase di apertura del mercato, è determinante per un equilibrato sviluppo della competizione tra le imprese e per garantire al Paese gli attesi miglioramenti portati dalla concorrenza e dal mercato».
Le funzioni dell’organismo
Istituita con l’articolo 37 del decreto legge 201 del 2011, il cosiddetto Salva Italia, l’Autorità di regolazione dei trasporti è competente nel settore dei trasporti, infrastrutture e relativi servizi. In particolare servirà a garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali e alla mobilità dei passeggeri e delle merci in ambito nazionale, locale e urbano.
Le sue principali funzioni sono definire i criteri per la fissazione di tariffe, canoni e pedaggi; stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto nazionali e locali; definire gli schemi dei bandi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto; garantire la concorrenza nei bandi di gara per il trasporto ferroviario regionale; definire le modalità di finanziamento del servizio pubblico; svolgere funzioni di vigilanza in materia di diritti aeroportuali, approvando i sistemi di tariffazione; verificare se i livelli di offerta del servizio taxi, le tariffe e la qualità delle prestazioni corrispondono alle esigenze dei diversi contesti urbani.
L’Authority avrà il potere di fornire pareri alle amministrazioni pubbliche. Potrà individuare gli ambiti di servizio pubblico e i metodi più efficienti di finanziamento. Proporrà la sospensione, la decadenza o la revoca di concessioni o contratti di servizio pubblico. Svolgerà ispezioni, e adotterà, in circostanze straordinarie, provvedimenti temporanei di natura cautelare. Infine potrà infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che non osservino i criteri stabiliti su tariffe, pedaggi, prezzi e canoni o violino altre norme.
Sostanzialmente l’organismo, che dovrà riferire alle Camere una volta all’anno evidenziando lo stato della disciplina di liberalizzazione adottata e la parte ancora da definire, non potrà emettere regolamenti, che spettano sempre al Ministero, ma avrà il potere di fornire gli indirizzi generali al settore. Inoltre avrà la possibilità di vigilare e ispezionare e, nel caso riscontrasse violazioni (per esempio sull’efficienza e la qualità dei servizi), potrà sanzionare. Le multe previste vanno dall’1% del fatturato al 10%, nel caso di comportamenti che si ripetono nonostante i richiami. E l’Authority avrà anche la possibilità di intervenire sull’ente condente, ed esempio chiedendo a una Regione la revoca o la sospensione della concessione del trasporto locale a una società.
Tanto da fare
Lo stato dell’arte di trasporti e infrastrutture italiane presenta molte criticità, profonde e radicate, che proprio l’Authority avrà l’onere di risolvere, sia per la difesa dei diritti dei consumatori sia per rilanciare il settore turistico e del business travel.
Come sottolineava Sergio Rizzo elencando gli sprechi di matrice italica, dopo oltre un anno e mezzo dalla sua inaugurazione stiamo ancora aspettando la stazione per l’alta velocità di Roma Tiburtina, un investimento di almeno 200 milioni di euro che avrebbe dovuto sgravare Termini e rendere più rapido il collegamento Milano-Napoli. La struttura è pressoché abbandonata, con spazi commerciali inutilizzati, biglietterie vuote e banchine quasi deserte.
C’è da risolvere il caos degli aeroporti. In rapporto alla superficie, l’Italia ne ha il doppio rispetto alla Francia. Troppi e con pochi viaggiatori. Ma da anni le amministrazioni locali reclamano il proprio scalo, a tutti i costi. E così recentemente è stata annunciata l’apertura de L’Aquila. Il meraviglioso centro storico del capoluogo umbro è ancora in macerie per il terribile terremoto del 2009, ma gli aquilani avranno presto il loro aeroporto. Authority permettendo, ora, finalmente, possiamo dirlo.
Tra i nodi da sciogliere anche quello di Sea, a cui Bruxelles ha inflitto una multa da 450 milioni di euro per presunti aiuti di Stato alla controllata Sea Handling. E quello di Autostrade, l’unico servizio pubblico in concessione cui ogni anno vengono concessi inesorabilmente aumenti delle tariffe. Succede quando il traffico cresce e quando cala; quando gli investimenti crescono e quando calano: è il solo monopolio privatizzato per il quale non si è mai registrata una diminuzione.
«Bisogna dire che quello dei trasporti è tra i settori più complessi e la maggior parte delle aziende del comparto sono in mano pubblica», spiega Ugo Arrigo, docente di Economia Pubblica presso l’Università Milano Bicocca ed esperto di trasporti dell’Istituto Bruno Leoni. La riforma del mercato dei trasporti con l’apertura ai privati è ormai storia in altri Paesi europei già da diversi anni. «In Svezia, per esempio – dice Arrigo -, esistono aziende pubbliche che convivono in libera concorrenza con aziende private, tra cui ci sono anche operatori europei non svedesi. Hanno aperto il mercato gradualmente. In Inghilterra, invece, lo stato gestisce solo i binari, la rete, ma poi tutti i vettori che vi circolano, sia per il trasporto di merci sia per quello dei passeggeri, sono privati. In questo modo i britannici hanno raddoppiato il numero di viaggiatori, partendo da consumi che erano molto bassi per gli standard europei. Fu una rivoluzione».
In Italia invece? «Nonostante l’investimento nell’alta velocità, noi abbiamo meno passeggeri per chilometro rispetto al 1997. L’alta velocità, benché abbia comportato tempi di realizzazione troppo lunghi e costi troppo elevati, funziona bene però, di fatto, le ferrovie hanno perso terreno nelle tratte a lunga distanza non ad alta velocità. In questo senso un’Authority sarebbe stata molto utile: le tariffe dell’alta velocità non sono regolamentate, mentre per le tratte normali i prezzi troppo alti hanno scoraggiato i consumatori. In sostanza, a oggi, il mercato è libero solamente sull’alta velocità. Esemplare il caso dell’operatore privato Arenaway, sulla tratta regionale Milano-Torino, che fu ostacolato definitivamente da Ferrovie Italiane perché sottraeva passeggeri».
Mentre sul fronte degli aeroporti? «Un’autorità che vigili è quanto mai necessaria, anche per il tema delle tariffe aeroportuali. C’è infatti un grande problema di remunerazione del gestore. Un paio di anni fa il ministro Matteoli decise un aumento di 3 euro a passeggero nei grandi aeroporti, 2 euro in quelli medi, e un euro per i più piccoli. Fu un regalo agli aeroporti più grandi, mentre sono quelli più piccoli che hanno bisogno di sostegno. Un’authority sarebbe certamente intervenuta».
C’è poi il tema della mancata riforma del trasporto pubblico locale: oggi le tariffe vengono decise dai comuni, in totale autonomia, senza nessun meccanismo di mercato che controlli se sono giuste o no. «Questi dovrebbero proprio essere i compiti di un’authority – sottolinea il professor Arrigo -. Dovrebbe scardinare questo sistema, un cavallo di Troia che fa entrare la concorrenza nel mondo ingessato più che monopolitisco dei trasporti. Sono ingessature sempre pubbliche che impediscono un corretto sviluppo economico. Per esempio Atm, l’azienda dei trasporti milanese, funziona bene a livello qualitativo, ma con costi davvero troppo elevati rispetto allo standard europeo».
L’Authority sarà operativa entro dicembre di quest’anno, all’inizio con 40-50 persone. A regime avrà fino a 80 addetti, di cui 40 in distacco da altre amministrazioni pubbliche.
Testo di Michele de Gennaro, Mission n.5, settembre 2013