La travel policy costituisce da sempre un cardine del business travel, la pietra miliare del travel management. Mission e Missionline.it ritornano sull’ABC dei viaggi d’affari con una serie di articoli che troverete sul magazine e in versione online più brevemente. Questo è il primo, di sei che vi accompagneranno nel 2020. Rispetto a quanto vi scrivevamo qui nel 2012, molte cose sono cambiate.
Travel policy, il significato
All’interno dell’”universo policy” è necessariamente doveroso partire da una sua definizione. Ne prendiamo in esame una in lingua italiana e una internazionale.
La definizione “locale” dice che si tratta di uno “strumento procedurale”, che norma le modalità attraverso le quali si attua una corretta gestione delle missioni dei dipendenti di una impresa.
È uno strumento di pianificazione dei viaggi d’affari, di supporto al controllo qualitativo della spesa, oltre che un indicatore delle capacità dell’azienda di cogliere le opportunità di ottimizzazione offerte dal mercato.
Il significato di travel policy internazionale, in lingua inglese: «A corporate travel policy is a set of guidelines created by a company for their business travel. Used by their managers and employees as they plan trips on behalf of the company, to tipically outlines protocol of travel».
Policy viaggi nel 2020
La policy aziendale sui viaggi ha avuto il suo massimo periodo di espressione a cavallo tra gli anni ‘80 e gli anni ’90. Era un mercato fondamentalmente più “semplice” di quello attuale.
Parametrandolo all’oggi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, possiamo rilevare alcuni cambiamenti di grande portata.
- Sono falliti (ed in alcuni casi rinati in forma “diversa” e più “snella”) diversi vettori istituzionali, ed è decaduto il concetto di “compagnia di bandiera”;
- Hanno fatto irruzione vettori aerei di tipo low cost, con una politica tariffaria aggressiva ed un modello di business “disruptive” ed hanno approcciato anche i viaggi di lavoro;
- Il mercato ha visto una significativa proliferazione di consolidatori, realtà che vendono sia alle agenzie di viaggio che direttamente alle aziende in palese logica di disintermediazione;
- Il nuovo protocollo Iata denominato Ndc (New Distribution Capability), dallo scorso mese di novembre 2018 sta cambiando in modo significativo l’approccio tariffario, ai servizi (ancillari) ed all’esperienza di viaggio dei viaggiatori business;
La trasferta di lavoro non è commodity
Purtroppo, fa da contraltare a questi “fattori di modernità” l’ancora (molto) bassa cultura del settore da parte delle aziende. Queste ultime tendono a considerare l’acquisto di un viaggio come quello di una “commodity” o di un “materiale relativo”. Anziché di un servizio orientato al supporto del core business aziendale.
Come cambiare la travel policy aziendale
«Per definire “se e che cosa cambiare” nel documento che regola le trasferte aziendali è necessaria un’approfondita analisi di che tipologia di policy è in essere in azienda. Quando e da chi è stata scritta. Tenendo presente che regole di tipo troppo rigido, assunte a priori e che non tengono conto dei paradigmi di mercato, così come un approccio solo ed unicamente di tipo “top-down” e “grade e status” quali fattori determinanti delle politiche, determinano un’assoluta lontananza tra procedure e mercato. Oltre che tra modello di consumo e comportamentale dei viaggiatori», argomenta Dario Bongiovanni di T&E Consultancy, autore dell’articolo su Mission e professionista affermato nella consulenza sul business travel.
Se è pertanto pacifico che qualcosa va cambiato, ha senso porre in essere il passo successivo, ovvero “quando e come” cambiare.
Anche in questo capitolo è possibile provare ad identificare delle linee guida. Che cosa va cambiato bottom-up contro l’approccio top-down? Con chi porre in essere i cambiamenti? Con quali tempistiche e frequenza?
Approfondisci con altri consigli per rendere la policy viaggi dell’azienda più efficace.
Il business travel esprime la cultura dell’impresa
Non esistono travel policy uguali per tutti, in quanto le aziende sono diverse tra di loro. Perciò le politiche di viaggio devono essere strumenti adattabili e flessibili ed ogni travel policy dovrebbe essere tarata su esigenze, cultura e modelli di consumo aziendali.
La policy di viaggio deve essere un documento “vivo”, ovvero dovrebbe definire un rapporto ottimale tra le trasferte di lavoro, le esigenze aziendali e le regole imposte dal mercato.
La travel policy dovrebbe essere oggetto di aggiornamento costante. Oltre che contenere logiche di change management finalizzate al superamento di resistenze di base, legate al timore endemico del cambiamento, dal “subirlo” all’”esserne parte integrante”.
Travel policy nel 2020: le tipologie
Le policy presenti all’interno di un viaggio di lavoro possono essere diverse tra di loro, (troppo) spesso non comunicanti, nonché avere owner interni diversi per reparto, gerarchia ed obiettivi.
In un viaggio di lavoro possono coesistere tutte queste policy:
- Travel policy, per quanto attiene alla tipologia del mezzo, alla classe, alla categoria alberghiera;
- Car policy, se si è assegnatari di un’autovettura aziendale da utilizzare nel tragitto casa-aeroporto (o stazione);
- Normativa di rimborso, per quanto attiene diarie, taxi;
- Corporate Social responsibility policy, se l’azienda ha un orientamento forte alla responsabilità sociale e ne ha tradotti i dettami anche nelle trasferte;
- Security policy, per quanto eventualmente attiene a logiche interne di sicurezza legate a destinazioni, a persone specifiche o a tipologie di trasferta.
Come cambiare la travel policy
In definitiva, si dovrebbero cambiare le travel policy che sono basate solo logiche di “grade” e “status”. Che non fanno cenno al best buy. E che presentano margini di discrezionalità ed interpretazione. Infine, che non vedono revisioni di sostanza da almeno un anno. Oltre a non avere chiare e definite regole di ingaggio.
Ecco alcune modalità per cambiare la travel policy.
- Semplificare le tempistiche di prenotazioni, autorizzazioni e velocità di risposta dei manager preposti, unificare le diverse policy in una sola, creando una “mobility policy” che presidia la totalità delle implicazioni legate alle trasferte lavorative (secondo una logica di “door-to-door”);
- Sfruttare conoscenze e competenze interne ed esterne per la redazione della procedura. Ad esempio trasferisti frequenti, consulenti e fornitori che non devono scrivere la procedura (attività che deve rimanere in capo all’azienda), ma supportarla per le rispettive logiche e competenze;
- Scrivere la travel policy in funzione dell’automazione, limitare e mappare le eccezioni. Inserire il concetto che, sulla base della richiesta di trasferta, è l’azienda che decide la tipologia di mezzo di trasporto (aereo vs. treno, con o senza pernottamento) e recepisce i servizi ancillari dei vettori.
Il total travel cost della trasferta aziendale
In una logica di più ampio respiro, quindi una moderna travel policy diventa un supporto importante per permettere all’azienda di andare nella direzione dell’approccio al total travel cost (Ttc) della trasferta.
Sicuramente è un’attività che deve avere un’accezione di tipo progettuale.
Pertanto necessita di commitment “alto” in azienda, di effort, di adeguate procedure di change management a supporto e soprattutto di fornitori all’altezza.