La travel policy può decretare il successo o il fallimento di un programma di viaggio. Può contribuire in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi aziendali o, viceversa, causare all’azienda un mancato risparmio. E rappresenta da sempre uno dei principali motivi di preoccupazione dei travel manager. Lo conferma anche una recente indagine di Sabre, realizzata raccogliendo informazioni presso settanta travel management company nella regione Asia Pacifico. Dai dati raccolti emerge infatti che ben il 76% dei viaggiatori d’affari tende a utilizzare siti consumer per acquistare i servizi di viaggio, compromettendo gli obiettivi di saving aziendali.
Dunque quali caratteristiche deve avere oggi una travel policy per essere davvero efficace? E come si possono convincere i viaggiatori a non fare prenotazioni fuori policy?
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5 consigli di un esperto
Di recente CWT ha diffuso un ebook con i cinque consigli di Marine Bergeron, Director Emea CWT Solutions Group, per migliorare la travel policy aziendale e, di conseguenza, l’aderenza ai regolamenti da parte dei viaggiatori. La pubblicazione ha un forte focus sulla necessità di non produrre travel policy rigide e standard, ma di creare documenti flessibili e che mettano al centro il viaggiatore, con le sue esigenze individuali. E’ il concetto di traveller centricity di cui si parla insistentemente negli ultimi anni.
Dalla travel policy alla “traveller profile policy”
Oggi, ancor più che in passato, la travel policy aziendale deve tenere nel massimo conto la soddisfazione dei viaggiatori. I business traveller, infatti, sono più consapevoli rispetto al passato: hanno le idee molto chiare sul tipo di esperienza di viaggio che desiderano vivere e desiderano gestire le proprie trasferte il più possibile in autonomia. E in più non disdegnano il bleisure, cioè l’abbinamento di momenti di vacanza al loro viaggio di lavoro.
Ecco perché nell’ebook CWT Marine Bergeron suggerisce di profilarli adeguatamente, in modo da definire travel policy su misura per ogni gruppo di viaggiatori e rispondere a tutte le loro diverse esigenze e vincoli. La travel policy, quindi, si evolve, trasformandosi in una “traveller profile policy”.
Semplificare il processo di prenotazione
Dall’ebook di CWT emerge che la soddisfazione dei viaggiatori dipende anche da un processo di prenotazione il più possibile semplificato. Anche su questo fronte, infatti, i traveller hanno ormai aspettative molto alte: vogliono avere la stessa booking experience a cui sono abituati in ambito leisure. E i millennial, che oggi sono sempre più presenti all’interno delle imprese, chiedono di prenotare le proprie trasferte attraverso app mobile.
Mettersi all’ascolto
Per profilare i viaggiatori è indispensabile mettersi all’ascolto delle loro esigenze. Occorrerà, quindi, tenere conto dei loro feedback al momento di negoziare con i fornitori, ma anche dei loro suggerimenti in merito agli strumenti di prenotazione o alla travel policy. I viaggiatori si sentiranno più coinvolti e, di conseguenza, rispetteranno maggiormente la travel policy aziendale.
L’importanza delle informazioni
Per migliorare il rispetto della travel policy il travel manager dovrebbe suggerire ai viaggiatori meno esperti di condividere con lui tutte le informazioni sul prossimo viaggio di lavoro, prima di fare la prenotazione. In questo modo diventerebbe più facile supportarli nelle decisioni da prendere, ad esempio consigliandoli nella scelta dell’hotel più adatto o aiutandoli sulle opzioni di trasporto via terra. Il viaggiatore sarebbe di conseguenza meno stressato e più soddisfatto.
Spiegare i vantaggi degli accordi con i fornitori
La comunicazione con i viaggiatori è fondamentale per incrementare la compliance alla travel policy. Ecco perché l’ebook di Cwt sottolinea l’importanza di far capire ai propri viaggiatori che una buona negoziazione non prende in considerazione solo la tariffa più bassa, ma anche una serie di altri fattori. I viaggiatori sono spinti a prenotare fuori policy, magari su piattaforme leisure, dalla convinzione di trovare prezzi decisamente più bassi rispetto a quelli negoziati. E’ bene invece spiegare loro che rivolgersi ai fornitori preferenziali dell’azienda significa poter avere una serie di servizi aggiuntivi. Un esempio? L’accesso alle lounge aeroportuali o la priorità nella prenotazione delle camere d’hotel, anche in periodi di forte affollamento. E ancora il wi-fi gratuito, considerato indispensabile da ogni business traveller. Insomma, fornire informazioni insufficienti ai viaggiatori può causare costi inutili.
Approfondisci qui sulle priorità per un viaggiatore d’affari in fatto di hotel.
Più che la severità vincono gli incentivi
Quando la travel policy e i desideri dei viaggiatori non vanno di pari passo, l’impatto sui travel program può essere davvero molto rilevante. Può infatti tradursi in un incremento delle prenotazioni out of policy. Uno studio dello scorso anno realizzato da GFK (scopri di più sulla sede italiana) evidenziava come i viaggiatori d’affari non apprezzino le travel policy e tendano ad anteporre le proprie esigenze ai regolamenti aziendali. Dall’indagine emergeva anche che per incrementare la compliance ai regolamenti, più che una maggiore severità, può essere utile usare degli incentivi. Ad esempio, la consegna di premi al raggiungimento di obiettivi di risparmio prefissati.
Buone notizie
Il fatto di dover tenere in considerazione il livello di soddisfazione dei viaggiatori rende la stesura di una travel policy un lavoro più complesso rispetto al passato. Per i travel manager, però, ci sono anche delle buone notizie: uno studio realizzato da GBTA in collaborazione con RoomIT by CWT per misurare i fattori che influenzano il sentiment dei viaggiatori d’affari di tutto il mondo rivela che bel l’86% dei viaggiatori è soddisfatto delle proprie trasferte. L’83%, inoltre, ritiene che esse incidano in maniera significativa sulle performance finanziarie della propria azienda. E la maggioranza è convinta che gli incontri vis à vis siano il modo più efficace per fare business.