Risparmiare sull’acquisto del business travel è diventato sempre più difficile. Da un lato, le aziendehanno fortemente ottimizzato questa categoria di costo negli anni passati, ottenendo risparmi notevoli e restringendo lo spazio per ulteriori saving, che le direzioni aziendali però continuano a pretendere; dall’altro lato, le aggregazioni tra fornitori (agenzie, compagnie aeree, ecc.) e l’aumento della complessità dei servizi, richiedono una competenza tecnica e di mercato sempre crescenti, per consentire di negoziare alla pari con i fornitori.
Per gestire queste problematiche, da più parti si è sempre invocata la necessità di un travel managerspecializzato e dedicato al 100%, con una grande conoscenza del mercato e dei suoi player, nonché degli aspetti tecnici e gestionali connessi. Un investimento costoso per le aziende, costrette a confrontarsi con un settore in continua evoluzione e a fare i conti con budget sempre più calibrati. Negli ultimi dieci anni gli operatori aziendali sono stati spettatori – senza molta possibilità d’intervento – di cambiamenti “epocali” nel settore del travel management (citiamo a caso: l’azzeramento delle commissioni, la costituzione delle alleanze tra compagnie aeree, il cambio di modello distributivo grazie all’affermazione del web, l’11 settembre e diversi altri ancora); inoltre, la grande crisi del 2009 ha costretto (o in molti casi suggerito) le aziende a tagliare gli organici, rendendo ardua la possibilità di riservare una spazio autonomo a una figura dedicata al corporate travel, nonostante esso continui a rappresentare una voce di costo altissima. Di conseguenza i responsabili delle funzioni coinvolte nell’acquisito e nella gestione del travel si sono messe a ragionare in maniera differente, aggirando l’ostacolo per valutare il problema da un’altra prospettiva. E hanno ribaltato la questione ponendosi queste domande: ma davvero il travel manager specializzato è necessario? Non ci sono all’interno dell’azienda altre commodities, ovvero categorie d’acquisto di servizi che riflettono esigenze gestionali simili e potrebbero addirittura essere accorpate con la gestione del travel?
Fattori comuni fra travel e fleet management
Parallelamente, un’altra categoria di spesa vive una situazione simile: è quella dei costi legati all’acquisizione e alla gestione della flotta di auto aziendali. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una categoria ampiamente analizzata e rivista negli ultimi anni e a servizi che impattano in misura importante sulla vita aziendale e personale dei dipendenti.
Ma c’è di più: entrambi i settori si contraddistinguono per la presenza di un grosso integratore che tende a diventare l’interlocutore privilegiato dell’azienda: l’agenzia di viaggi per il travel management, il noleggiatore a lungo termine per il fleet management. Inoltre, l’uso massiccio di software e di tool gestionali è ormai fondamentale in entrambi i settori per conseguire una gestione efficiente ed efficace e per raccogliere e organizzare una massa notevole di dati necessari per prendere le decisioni d’acquisto.
Insomma, gli elementi che accomunano i ruoli di travel manager e di fleet manager sono sempre maggiori. Riusciranno a prevalere su quelli che, invece, consiglierebbero l’adozione di figure distinte e dedicate? A detta di alcuni sì. Esistono già diversi esempi che testimoniano questa tendenza in molte aziende che, dopo aver constatato la necessità di un maggior controllo delle spese di travel & fleet, incaricano un buyer di razionalizzarle. Ma ora si sta pensando a un passo ulteriore, come quello ipotizzato da Tom Barrett (la cui carriera è caratterizzata da responsabilità nel travel management e nel fleet management, prima di approdare al ruolo di procurement manager dei materiali indiretti di Ascend Performance Materials, leader globale nella produzione di nylon) che sostiene che un bravo travel buyer, capace di gestire i diversi fornitori e di comunicare con i viaggiatori d’affari, possiede capacità che possono essere utilizzate in altre categorie di spesa indirette (ovvero non correlate con gli acquisti di produzione), secondo quanto riportato dal magazine on line procurement.travel, alla fine dello scorso anno. Gli fanno eco diversi esperti e autorevoli testimoni, che elencano le ragioni a supporto di questa ipotesi: l’ampia disponibilità di dati per analizzare mercati differenti (in particolare per ciò che concerne travel e fleet, grazie anche alla diffusione di strumenti basati su web), la prevalenza degli aspetti manageriali su quelli tecnici, gestiti in outsourcing, la necessità di razionalizzare le categorie in ottica strategica, privilegiando la sintesi all’analisi e, infine, la scarsità di risorse umane su cui poter contare. Le aziende, infatti, hanno imparato a fare sempre di più con meno risorse, a causa della recente crisi economica e sulla base di consolidamenti di responsabilità simili in un’unica funzione. Magari rivolgendosi a consulenti specializzati per analizzare gli aspetti più tecnici e ottenere soluzioni che si combinino efficacemente con la strategia che l’azienda intende mettere in atto.
Una sintesi efficace
A seguito di questa tendenza, il travel manager può essere incaricato della responsabilità della flotta: inizialmente quella delle auto pool o di servizio e successivamente anche quella delle auto assegnate come benefit ai dipendenti e ai dirigenti. «Sono sempre stato un sostenitore dell’associazione di questi ambiti perché ha senso, pensando al modo in cui vengono gestite, acquistate, analizzate e al modo cui se ne parla all’interno dell’azienda», sosteneva Greeley Koch, direttore dello sviluppo strategico di Acquis Consulting Group, su procurement.travel, allargando il discorso anche all’area della gestione degli uffici.
Pur tenendo conto delle evidenti differenze tra Stati Uniti ed Europa, bisogna ammettere che c’è del vero in queste affermazioni. La ricerca degli elementi comuni, più che l’esaltazione delle differenze specialistiche, è un atteggiamento che sicuramente aiuta le aziende a essere più efficienti e permette ai professionisti e ai manager coinvolti nuove prospettive di crescita.
In quale organizzazione dovrebbe sedere il travel & fleet manager? Dalle tante survey effettuate in tutto il mondo emerge chiaramente che queste responsabilità fanno capo prevalentemente alla funzione degli acquisti, o procurement department per dirla all’americana; al secondo posto si piazza la funzione di finanza e amministrazione e poi via via la direzione generale, quella del personale e le altre. Quindi il responsabile dell’acquisto di travel e auto dovrebbe essere un commodity manager, ovvero un buyer dedicato e specializzato in queste categorie.
A questo punto potrebbe essere un’opportunità per ogni travel manager analizzare le caratteristiche di comunanza con le altre aree d’acquisto di servizi, le auto aziendali in particolare, per identificare i possibili elementi da mettere a fattore comune e, invece, le differenze da contestualizzare e gestire. Ottenendo, in questo modo, anche una mappatura dei propri skill personali adatti a gestire l’altra categoria o, viceversa, una lista dei gap da colmare con la formazione e l’esperienza sul campo, per restare al passo con i tempi nella difficile sfida di adeguarsi alle continue trasformazioni delle aziende.
Così negli Usa
Mettere insieme travel management e gestione della flotta auto è qualcosa che negli Usa si fa da tempo. Complice l’assenza dell’“effetto benefit” che l’auto assegnata si porta dietro in altri Paesi, in particolare quelli dell’Europa e dell’America Latina, dove è considerata parte dello stipendio. Quando le auto sono organizzate in una flotta in pool e non assegnate definitivamente è più facile concepire un processo globale di gestione della mobilità sotto la responsabilità di un “fleet e travel manager”, con l’obiettivo di fornire un unico servizio di assegnazione dell’auto a noleggio, sia a breve che a lungo termine, di pianificazione dei voli e di prenotazione degli hotel. Coerentemente con questa impostazione, molte società globali di casa madre americana hanno nominato da tempo un fleet and travel director globale, responsabile di ottimizzare la gestione e i costi per tutto il mondo.
Le parole chiave del commodity manager travel & fleet
- Approccio olistico: gestione interdisciplinare e globale delle commodity assegnate, attraverso l’identificazione delle relazioni e delle possibili economie (di scala, di efficienza, e così via). Valorizzare il lavoro di team e lo sfruttamento degli aspetti comuni, invece di privilegiare i temi specialistici e la gestione individualistica.
- Scorecard e Kpi: la misurazione dei processi gestiti è considerata fondamentale per ricavare metriche di gestione al fine di valutarne l’efficacia, l’efficienza e l’economicità
- Service Level Agreement: chiara identificazione dei livelli di qualità prevista per il servizio richiesto, con dettagliata descrizione delle rispettive metriche di misura, dalle quali dipende la parte di remunerazione “variabile” del fornitore.
- Skill negoziali: capacità di guidare trattative a livello strategico, enfatizzando gli aspetti strategici di sintesi invece dei dettagli tecnici.
- Sostenibilità: attenzione agli impatti ambientali e sociali delle decisioni d’acquisto e istituzione di specifici programmi per ridurre le emissioni nocive.
- Tco: Total cost of ownership, ovvero valutare il costo totale del processo, su diversi orizzonti temporali, invece del semplice risparmio.
E se fossero tre in uno?
Esistono diverse e importanti differenze tra il commodity managertravel & fleet e il mobility manager. Il primo è un professionista di procurement, che acquista i servizi con l’obiettivo di soddisfare le richieste dell’azienda riducendo il Tco; il secondo, invece, deve possedere doti di comunicazione, gestendo le relazioni all’interno dell’azienda al fine di acquisire i dati sulla mobilità lavorativa dei dipendenti (compresa quella necessaria al raggiungimento del luogo di lavoro) e delle altre persone che si devono recare nelle sedi dell’azienda, per fornire soluzioni organizzative della mobilità e risolvere le problematiche che questa pone. Il mobility manager è una figura che solitamente risiede nella funzione dei servizi e degli affari generali, o in quella del personale.
Privilegiare l’uso di mezzi collettivi a scapito di quelli individuali, informare i dipendenti sulle soluzioni più efficaci ed efficienti per spostarsi da e verso le sedi dell’azienda, migliorare l’impatto ambientale e sociale delle soluzioni adottate sono alcuni dei suoi principali obiettivi. Solitamente è il mobility manager che s’incarica di fornire ai dipendenti un modello fruibile di car sharing e di car pooling, attraverso la combinazione di risorse aziendali (auto pool), personali (auto dei dipendenti per il commuting, il trasferimento tra casa e lavoro, e per uso aziendale) e di fornitori (auto a noleggio). Altri aspetti di suo interesse sono il consumo d’energia e le emissioni nocive e di gas serra, l’inquinamento (anche acustico), il livello del traffico e la sicurezza stradale.
L’adozione di un integratore di mobilità aziendale (per esempio la travel management company) che, attraverso l’uso di sofisticati software può gestire gli spostamenti e le necessità di comunicazione interne, permette di fornire una piattaforma utilizzabile sia dal travel & fleet manager che dal mobility manager e la realizzazione di progetti comuni che possono facilitare l’integrazione delle due figure professionali.
Testo di Mauro Serena, Mission n. 5, settembre 2011