Sono figure chiave all’interno dell’azienda, perché hanno il compito di risparmiare su una voce di costo rilevante (in media la seconda o terza nei bilanci aziendali). Ciononostante, in Italia i travel manager non sono ancora riconosciuti e valorizzati come invece accade negli Stati Uniti, dove questa figura è stata “inventata” negli anni Ottanta. Il tessuto produttivo del nostro Paese, infatti, è composto in prevalenza da piccole e medie imprese, con volumi di spesa che non giustificano l’assunzione di una figura dedicata. Così il travel manager svolge il proprio ruolo perlopiù “part time”, contemporaneamente ad altre mansioni. E non è un caso, probabilmente, che oggi ben il 54% dei responsabili viaggi della Penisola ritenga di non avere abbastanza tempo per svolgere il proprio lavoro: un dato in crescita rispetto al 40% del 2010, ma anche nettamente superiore alla media mondiale del 44% (fonte: Airplus International).
Anche l’inquadramento negli organigrammi aziendali è variegato: in prevalenza buyer e responsabili dell’area Acquisti, ma anche Responsabili delle Risorse Umane, Assistenti di Direzione, Responsabili amministrativi e dei Servizi Generali.
Nell’area Acquisti, ma non solo
Ma qual è l’identikit dei travel manager italiani? Contrariamente agli Usa, dove abbondano gli studi dedicati a questa figura professionale, nel nostro Paese scarseggiano le indagini volte a inquadrarne mansioni e prospettive. Possiamo fare riferimento alla ricerca Professione Travel Manager: livelli retributivi, skill e competenze, realizzata da OD&M Consulting e Manageritalia nel 2011, ma per molti versi ancora attuale. L’indagine distingue tra tre differenti tipi di responsabili viaggi: il primo è il travel manager vero e proprio, al quale sono affidate mansioni più strategiche (ad esempio, il contributo alla stesura della travel policy aziendale, la negoziazione di tariffe corporate con i fornitori, la scelta delle modalità di pagamento delle spese di viaggio): inquadrato per un 60% come impiegato, 27% come quadro e 13% come dirigente, in genere ha all’attivo esperienze pregresse in diversi settori, ma prevalentemente negli Acquisti. Segue il travel coordinator, che rispetto al primo si occupa soprattutto di organizzare i viaggi dei dipendenti – ma anche di comunicare con il personale viaggiante – e fa parte per un 67% della Segreteria e per il 33% degli Acquisti. Infine, ci sono i travel assistant, che svolgono un ruolo spiccatamente operativo e sono per il 50% Assistenti di Direzione, per il 25% nell’area Acquisti e per il 25% in Segreteria.
La survey si sofferma anche sui livelli retributivi. I travel manager inquadrati come dirigenti percepiscono in media 95mila euro annui, mentre gli impiegati con la stessa mansione ricevono una retribuzione che varia dai 27 ai 31mila euro. Nel caso dei travel coordinator e travel assistant, invece, lo stipendio medio è di quasi 30mila euro annui per i primi, 26.400 euro per i secondi. Un dato interessante è l’ampia diffusione della retribuzione variabile, garantita però prevalentemente ai dirigenti (100% del campione, per una media di 12.500 euro annui) e ai quadri (75%, con 6000 euro all’anno). Solo il 40% dei travel assistant può contare su un “compensation mix” che si aggira, in media, intorno ai 5000 euro, mentre 1000 euro sono attribuiti al 20% dei travel coordinator.
Gli stipendi negli Usa
Ben diversa, come accennato, è la situazione negliStati Uniti. In questo mercato, così diverso dal nostro e che ha “inventato” i responsabili viaggi 40 anni fa”, il ruolo del travel manager è considerato strategico e conseguentemente valorizzato. Una conferma di tale tendenza ci giunge dalla 2013 Travel Manager Salary & Attitude Survey, pubblicata di recente dal magazine americano Business Travel News, specializzato nei viaggi d’affari: su un campione di 200 responsabili viaggi, quasi un terzo (29%) svolge questa funzione a tempo pieno, mentre il 15% vi dedica dal 75 al 99% delle sue ore di lavoro e il 19% dal 50 al 74%. Per il 22% dei manager il tempo speso nella gestione del business travel si colloca tra il 25 e il 49% del totale, mentre solo il 17% riserva a questa attività un tempo inferiore al 25%.
Gli stipendi, inoltre, risultano stabili o in crescita rispetto al 2012: in media 102.800 dollari annui, con un incremento del 3,8% rispetto all’anno precedente (99mila dollari). Quasi la metà (49%) degli intervistati ritiene che la propria remunerazione sia commisurata al lavoro svolto, mentre il 9% si dichiara pienamente soddisfatto del proprio stipendio. Sul totale della remunerazione, bonus e incentivi concorrono per il 7,2%. Infine, lo studio sottolinea come 8 travel manager su dieci vengono coinvolti dai propri superiori, sempre o occasionalmente, in decisioni di natura strategica.
Sempre più tecnologici
Complice la crisi economica internazionale, e la conseguente esigenza di risparmiare su tutte le attività non core dell’azienda, l’attività dei travel manager negli ultimi anni è diventata più complessa. Oggi i responsabili viaggi sono chiamati a compiere un’analisi della spesa più accurata che in passato, nonché a estendere la negoziazione anche a voci che in passato non erano oggetto di attenzione, quali i taxi, i parcheggi e i ristoranti. Sempre più spesso, inoltre, hanno a che fare con le nuove tecnologie: i sistemi di business intelligence, i self booking tool(ovvero le piattaforme che consentono la prenotazione diretta dei servizi di viaggio), ma anche i sistemi di gestione delle note spese e i dispositivi mobili utilizzati abitualmente dai business traveller per ottenere informazioni in tempo reale sulle proprie trasferte. Lo sottolinea un’indagine del network internazionale di agenzie di viaggio Radius: la maggioranza del campione (287 responsabili viaggi in 33 Paesi) ritiene che entro il 2017, nella gestione delle trasferte aziendali, acquisiranno crescente importanza le soluzioni “end to end” che automatizzano tutte le fasi del processo relativo alle trasferte (65%), i tool di reportistica (60%) e i dispositivi mobili (60%).
La conferma di questi trend ci giunge anche da una recente survey annuale realizzata da Carlson Wagonlit Travel interpellando 900 travel manager in tutto il mondo. Tra le priorità del responsabili viaggi nel 2014 compare la ricerca di nuovi modi per risparmiare, intervenendo su voci di costo fino ad oggi trascurate, quali le tariffe di roaming dei dipendenti in trasferta. I travel manager, inoltre, sono propensi a sviluppare una strategia mobile, elemento cruciale per mantenere un’efficace gestione dei viaggi migliorando al contempo l’esperienza dei viaggiatori. Quasi il 90% degli intervistati dichiara di essere interessato a includere la prenotazione di hotel via mobile nella gestione viaggi. Infine, si delinea la tendenza a promuovere ulteriormente i travel program aziendali utilizzando apposite tecniche per aumentare il coinvolgimento del viaggiatore o connettendolo con altri viaggiatori sui social media. Il 50% del campione sostiene di voler adottare questa strategia in futuro, mentre solo il 10% lo sta già facendo.
E in Italia? Anche da noi i travel manager stanno ampliando mansioni e competenze, per adattarsi a una gestione dei viaggi sempre più evoluta e professionale: secondo l’AirPlus Travel management Study di AirPlus International, oggi il 75% delle aziende italiane dispone di una travel policy, contro il 58% del 2009 (una percentuale che si avvicina sempre di più alla media mondiale dell’82%). Inoltre, nella Penisola è raddoppiata la presenza di uffici viaggi aziendali, passando dal 12% del 2009 al 24% del 2012. Nel 76% dei casi, infine, il personale viaggiante utilizza carte di credito per le spese di viaggio, contro il 68% del 2009 (in questo caso, tra l’altro, l’Italia è più avanti rispetto al del mondo, dove l’adozione degli strumenti elettronici di pagamento si attesta su una media del 66%).
Testo di Arianna De Nittis, Mission n.1, gennaio-febbraio 2014