Trasferte verdi, addio?

Riduzione dell’impatto ambientale, calcolo e compensazione delle emissioni di CO2, trasferte “verdi”. Questi temi, che negli ultimi anni sono stati al centro dell’attenzione dei travel manager, oggi rischiano di passare in secondo piano a causa della crisi economica internazionale, che induce le aziende a concentrarsi prevalentemente sul costo dei servizi di viaggio, tralasciando la loro sostenibilità. La conferma ci giunge da un’indagine realizzata da Acte (Association of Corporate Travel Executives), in collaborazione con la società tecnologica Kds. All’apparenza, il numero delle aziende sensibili all’ambiente è in aumento: il 61% delle imprese interpellate (329 in tutto il mondo), infatti, ha adottato nel 2009 una politica di CSR, contro il 59% del 2008. Inoltre, il 27% afferma di preferire i fornitori “eco sensibili”, mentre il 28% calcola  le emissioni di CO2 generate dalle trasferte. Queste dichiarazioni di intenti, però, non si traducono necessariamente in una gestione del travel più responsabile: il 79% del campione, infatti, indica come obiettivo principale per quest’anno la riduzione dei costi, mentre le trasferte ecocompatibili rappresentano una priorità per appena il 17%. Rispetto agli americani, gli europei sono più virtuosi: solo il 35% delle aziende Usa afferma di tenere in conto le emissioni di CO2 nella pianificazione dei viaggi di lavoro, mentre questa percentuale si attesta al 42% nel Vecchio Continente. Va detto, tra l’altro, che ben il 64% delle corporation statunitensi sta riducendo il numero degli spostamenti a causa della recessione economica, contro la media mondiale del 54%. «In questa fase – ha commentato Yves Weisselberger, ceo di Kds – le scelte “verdi” in fatto di travel rimangono modeste e, di solito, sono più onerose. Ad esempio, le imprese europee potrebbero far viaggiare i propri dipendenti con i treni ad alta velocità, che emettono minori quantità di anidride carbonica ma, spesso, sono più dispendiosi dei voli low cost. Visto l’attuale panorama economico, è difficile giustificare il pagamento di una tariffa più elevata, così le trasferte verdi tendono ad essere accantonate. Prevediamo, però, che sul lungo periodo, di pari passo con l’assestamento dell’economia, il “green business travel” torni ad essere più popolare».

Il panorama italiano
Questo il panorama a livello mondiale. Ma in Italia? Quanta sensibilità all’ambiente dimostrano le nostre imprese? E come si comportano rispetto a quelle europee? Lo abbiamo chiesto ad Angelo Spina, presidente di Acquisti & Sostenibilità, associazione non-profit che ha l’obiettivo di supportare le imprese nello sviluppo di iniziative di sostenibilità economica, sociale ed ambientale lungo la catena di fornitura (www.acquistiesostenibilita.org). «Sul fronte della sostenibilità ambientale, le aziende italiane potrebbero fare decisamente di più – spiega Spina -. Stiamo muovendo ancora i primi passi, soprattutto se paragonati ad altri Stati europei all’avanguardia, quali l’Inghilterra, che ha cominciato ad affrontare questi temi circa cinque anni prima di noi, e la Germania che ha consolidato un vantaggio competitivo nel fotovoltaico. In particolare in Inghilterra, è il Sistema Paese a sostenere e promuovere piani organici, con una visione di lungo periodo che per il momento, nel nostro Paese, è carente».
Il concetto di sostenibilità si è evoluto negli anni, generando strategie differenti. «Negli anni Ottanta, ad esempio, era in voga la filantropia pura, ovvero la sponsorizzazione di progetti di pubblica utilità – afferma Spina -. Negli anni Novanta si è sviluppato il concetto di CSR, Corporate Social Responsibility: per la prima volta le imprese si sono rese protagoniste di iniziative volte a migliorare le pubbliche relazioni e l’attaccamento dei dipendenti alla società. In quel periodo, in particolare, è stato messo a punto il bilancio triplo, un importante strumento che misura non soltanto l’impatto finanziario dell’esercizio in corso, ma anche quello ambientale e sociale. Infine, a partire dal 2005 ha iniziato a diffondersi il concetto di business sostenibile, che si fonda sulla possibilità di ottenere vantaggi competitivi attraverso l’innovazione costante delle tecnologie, dei processi, del prodotto per l’utilizzo efficiente delle risorse naturali. Naturalmente sia in Italia che in Europa questi differenti approcci coesistono e la loro diversa adozione dipende dal grado di sensibilità delle imprese: ci sono quelle che si limitano ad associare il proprio nome a iniziative filantropiche, quelle che applicano il bilancio triplo e quelle – ancora molto poche – che imboccano la via più impegnativa dell’innovazione e della competitività sostenibile. Quest’ultimo, indubbiamente, è il percorso che offre le maggiori soddisfazioni, ma è anche il più impegnativo perché richiede tempo (come minimo un anno), risorse e investimenti economici, anche sul piano della comunicazione: affinché questi progetti contribuiscano ad aumentare la competitività, infatti, è indispensabile informare e sensibilizzare il cliente finale».

Ma la crisi ci rende meno eco-sensibili?
Sul fronte delle CSR, dunque, le aziende italiane hanno rallentato le loro iniziative. Una situazione destinata a peggiorare a causa della crisi economica.  «Dalle rilevazioni che stiamo effettuando in collaborazione con il Diass, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile del Politecnico di Bari, emergono dei segnali negativi – conferma Spina -: oggi le aziende, le grandi ma anche le piccole e medie imprese, si trovano a dover affrontare un problema di sopravvivenza a breve termine e superamento della crisi, che le induce ad applicare una politica rigida di taglio dei costi. Ne consegue una difficoltà generalizzata a implementare progetti di medio-lungo periodo, come sono tipicamente quelli della sostenibilità ambientale, con il risultato di rinunciare o rinviare l’investimento sul fronte della sostenibilità».
Questo trend riguarda anche il business travel. «Nella scelta dei fornitori di servizi di viaggio, oggi il peso si è fortemente spostato sul prezzo. Ovviamente, però, ci sono delle eccezioni: chi ha impostato i propri piani di business travel sostenibile prima della crisi, riesce a cogliere le opportunità di saving derivanti dalle trasferte “verdi” e da una migliore organizzazione delle stesse: ad esempio l’incentivazione dell’utilizzo del treno, meno inquinante dell’aereo, può generare risparmi anche sul piano economico».
È il caso, ad esempio, di Ikea, un’azienda che da anni è particolarmente attenta all’ambiente.  «In Ikea l’orientamento alla sostenibilità non è mai in contrasto con eventuali riduzioni di budget – sottolinea Riccardo Giordano, environmental manager Italy di Ikea Italia Retail -. Stiamo definendo proprio in questo periodo le strategie ambientali relative al business travel per i prossimi anni. In generale, i nostri obiettivi di sostenibilità ambientale/sociale nell’ambito del travel sono la riduzione delle emissioni di CO2 complessive dovute agli spostamenti, la selezione dei fornitori in base a criteri ambientali e sociali e un maggiore ricorso alle tecnologie di virtual meeting, anche allo scopo di migliorare al qualità della vita dei dipendenti riducendo il numero degli spostamenti».

Il punto di vista dei fornitori
Fin qui, lo stato dell’arte presso le aziende. Ma qual è l’opinione dei fornitori su questo tema? Quali azioni mettono in campo in difesa dell’ambiente, e quale interesse suscitano presso le imprese italiane con le loro iniziative “verdi”? «La crisi non ci ha indotti a ridurre gli investimenti sul fronte ambientale. Anzi, proprio in questo periodo Worldhotels ha introdotto 23 nuovi parametri di valutazione per sensibilizzare i suoi 500 affiliati sui temi della tutela ambientale, incoraggiandoli a ridurre l’impatto delle proprie attività nella quotidianità – spiega Graziella Pica, director of sales & marketing di Worldhotels -. Siamo convinti che adottare procedure ecosostenibili si traduca anche in un risparmio sul fronte economico, ad esempio attraverso l’abbattimento degli sprechi di energia. Purtroppo, però, non sempre questi sforzi vengono recepiti dalla clientela come un reale valore aggiunto: il fatto che un cinque stelle non cambi le lenzuola nelle camere tutti i giorni, ad esempio, può essere considerato come un disservizio, anziché come un comportamento responsabile nei confronti dell’ambiente. Per questo è indispensabile comunicare i propri sforzi alla clientela e formare adeguatamente il personale, affinché sia in grado di veicolare in maniera corretta le scelte aziendali».
Ma per le aziende italiane quanto conta il rispetto dell’ambiente nella scelta di un albergo? «Attualmente, le tematiche ambientali non pesano al punto da condizionare la scelta di una struttura al posto di un’altra – afferma Pica -: lo dimostra il fatto che l’eco-sostenibilità non è quasi mai inserita nell’elenco delle richieste che le imprese italiane avanzano agli albergatori in fase negoziale. All’estero, invece, i travel manager si informano sul metodo di smaltimento dei rifiuti, sull’uso delle risorse energetiche ecc. La mia impressione è che da noi, in questo momento, l’attenzione si sia fortemente spostata dalla qualità del servizio al prezzo».
«Ritengo che sui temi ambientali le aziende italiane siano indietro rispetto al resto d’Europa: il nostro è un tessuto industriale frammentato, dove spesso l’imprenditore è concentrato sull’attività core e non dispone di risorse per strutturare all’interno dell’azienda un apposito dipartimento in materia di CSR – spiega Simona Zenoni, marketing manager della travel management company BCD Travel -. È più semplice riscontrare l’impegno delle Pmi in attività sporadiche di beneficenza, che non possono essere considerate nell’accezione più ampia di sistema di Corporate Social Responsibility. Attualmente, a livello globale, circa il 10% delle aziende clienti di BCD Travel adotta programmi di CSR nell’ambito del business travel. A livello nazionale, invece, l’attenzione a queste pratiche è limitata alle aziende multinazionali e di grandi dimensioni».
Ma quali sono gli strumenti maggiormente adottati per ridurre l’impatto ambientale? «Le iniziative di maggior successo sono quelle che riducono l’inquinamento ambientale e allo stesso tempo garantiscono dei vantaggi all’azienda, sia in termini di risparmio che di visibilità – dichiara Zenoni -. Queste ultime sono suddivisibili in base all’incidenza dei costi. Nell’ambito delle attività a parità di costo, almeno il 10% dei clienti di BCD Travel Global chiede di includere nel processo di selezione dei “partner travel” attivi in ambito sociale e ambientale. Per quanto concerne invece le attività che puntano a una riduzione di costo, viene effettuata la selezione del trasporto in base al best price, alla produttività in viaggio, alla durata e non da ultimo alla sostenibilità ambientale. Sulle tratte nazionali il treno risulta essere più conveniente e anche più comodo rispetto alla destinazione da raggiungere, mentre oltre i confini nazionali la situazione muta in base alla destinazione. Infine, per quanto riguarda le attività che implicano un incremento di costo, si ricorre alla compensazione delle emissioni di carbonio. Pur comportando queste iniziative costi  più elevati, è opportuno che tutti coloro che hanno scelto di intraprendere questo percorso non lo abbandonino ora per via delle recessione».
Ma quanto ha impattato la crisi sui programmi di CSR? A detta di BCD Travel, non molto. Non tutte le iniziative green, infatti, implicano costi e anzi, molte di esse favoriscono un incremento di saving. «L’esperienza di BCD Travel e di Advito, la divisione indipendente di consulenza del gruppo, evidenzia come la recessione abbia lasciato quasi immutato l’impegno delle imprese in ambito di sostenibilità ambientale – conclude Zenoni -. Anzi, per alcuni versi quest’ultimo risulta addirittura accresciuto. I documenti sul CSR e in particolari sul Responsible Travel Management, redatti da Advito per Nbta (National Business Travel Association), sono stati molto richiesti (il download dei testi integrali è disponibile su www.advito.com, Ndr). In egual misura è cresciuto l’interesse verso i workshop in materia di emissioni di carbonio».

 

Testo di Arianna De Nittis, Mission N. 4, maggio 2009

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