Mercoledì 5 marzo, la nona edizione di MissionForum si è aperta con l’intervento di Pietro De Giovanni, Professor of Sustainable Operations presso la Bocconi, che ha introdotto le tendenze sostenibili emergenti nel mondo delle flotte e dei trasporti.
De Giovanni ha offerto uno spunto fondamentale sul tema della sostenibilità aziendale, un argomento che sta evolvendo rapidamente, e che si riflette nell’osservatorio del Sustainability Lab, un centro di ricerca che monitora la sostenibilità delle operazioni e della catena di approvvigionamento. In particolare, il professor De Giovanni ha sollevato una questione cruciale: l’ormai obsolescenza della cosiddetta doppia materialità, fino a oggi framework di riferimento per la rendicontazione e l’analisi della sostenibilità aziendale. Tuttavia, la realtà odierna è ben diversa da quella di un tempo, ed è evidente che il modello di doppia materialità, purtroppo, non è più adeguato ad affrontare le sfide ambientali e sociali attuali.
Sostenibilità aziendale: doppia materialità superata
La doppia materialità si basa su due concetti distinti: l’impact materiality (l’impatto ambientale e sociale delle attività aziendali) e la financial materiality (l’impatto economico di tali attività). Questo approccio è stato un pilastro fondamentale per la rendicontazione della sostenibilità aziendale, ma la sua definizione, ormai cristallizzata, non tiene conto delle nuove sfide che le imprese devono affrontare nel contesto attuale.
Le principali criticità risiedono nel fatto che la doppia materialità non è più in grado di abbracciare tutte le dimensioni della sostenibilità, in particolare quella legata alle emissioni indirette derivanti dalla supply chain (catena di approvvigionamento), che oggi rappresenta un aspetto centrale della strategia aziendale sostenibile. Secondo gli ultimi report, le emissioni derivanti dalla supply chain possono rappresentare fino al 51% delle emissioni totali di un’impresa, un dato che rende evidente come la rendicontazione debba andare oltre le sole emissioni dirette.
Lo Scope 3 si aggiunge alla doppia materialità
Nel panorama attuale, le aziende devono affrontare un’analisi sempre più dettagliata delle emissioni dirette e indirette. L’introduzione del concetto di Scope 3 ha infatti aggiunto un nuovo livello di complessità e attenzione alla rendicontazione delle emissioni, rispetto ai tradizionali Scope 1 e 2. Il GHG Protocol, che fornisce le linee guida per la contabilizzazione delle emissioni di gas serra (GHG), distingue tre categorie:
1. Scope 1: emissioni dirette, derivanti dall’uso di combustibili fossili da parte dell’azienda, come per esempio nel riscaldamento o nei trasporti aziendali.
2. Scope 2: emissioni indirette legate all’energia acquistata, come l’elettricità consumata dall’impresa.
3. Scope 3: emissioni indirette collegate alla catena di approvvigionamento e ad altre attività come i viaggi aziendali, il trasporto di materiali, e altre azioni che si verificano al di fuori della gestione diretta dell’impresa.
Lo Scope 3, che si concentra sulle emissioni legate a processi esterni all’azienda ma fondamentali per la sua operatività, è l’elemento che spinge verso una maggiore attenzione alle pratiche di supply chain e rende necessario un miglioramento delle modalità di rendicontazione. Questo tipo di emissioni, più complesse da tracciare e gestire, necessitano di misure precise e strumenti adeguati per una contabilizzazione accurata, che solo ora stanno cominciando a essere semplificati, grazie a normative come il pacchetto Omnibus, che fornisce indicazioni operative per il settore.
L’inadeguatezza della doppia materialità per la rendicontazione aziendale
Il punto cruciale sollevato dal Professor De Giovanni è che la doppia materialità, pur essendo stata un utile strumento di valutazione, oggi non è sufficiente. Non solo perché il modello non tiene conto in maniera esaustiva delle emissioni Scope 3, ma anche perché non riflette pienamente la necessità di integrare resilienza e sostenibilità nelle strategie aziendali.
Le imprese sono chiamate a prendere decisioni rapide e urgenti per rispondere alle crisi immediate, ma queste necessità non sempre si allineano con gli investimenti e la pianificazione a lungo termine richiesti per le iniziative sostenibili. La transizione verso un modello sostenibile richiede investimenti iniziali che, purtroppo, molte aziende non sono ancora disposte a sostenere, specie se questi confliggono con la necessità di mantenere la competitività e affrontare le sfide di breve termine.
Un nuovo approccio alla sostenibilità aziendale
Oggi, più che mai, le aziende devono affrontare un cambiamento radicale nelle loro politiche aziendali. Non basta più concentrarsi solo sull’impatto diretto e sul risultato economico immediato. È necessario adottare un approccio olistico che consideri l’intera catena di approvvigionamento.
Non si tratta solo di reportistica ambientale: le imprese sono chiamate a implementare iniziative concrete per ridurre le proprie emissioni e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030. La sostenibilità oggi non è più una questione solo di compliance normativa, ma una vera e propria opportunità strategica per chi vuole restare competitivo e resiliente in un mondo in rapido cambiamento.