Scale antincendio, estintori, controlli sanitari. In una parola: sicurezza nelle strutture ricettive. Un elemento spesso dato per scontato dagli utenti, ma che in realtà racchiude in sé una selva di leggi, adeguamenti, investimenti importanti e ricadute sui budget degli albergatori. E perché no, anche sulle offerte ai travel manager che si apprestano a scegliere una struttura invece che un’altra.
Ma partiamo dall’inizio: cosa fanno gli alberghi italiani per garantire la sicurezza? «Esistono normative europee stringenti per le strutture – rispondeFederica Bonafaccia, del servizio legale di Federalberghi – e in questo senso l’Italia se la cava meglio dell’Europa: noi siamo tra i pochi che, oltre alle norme obbligatorie, seguono anche alcune ulteriori raccomandazioni comunitarie». Un punto a nostro favore, dunque. «Per quanto riguarda lasicurezza alimentare – continua Bonafaccia – esiste un regolamento europeo, che comprende un sistema di autocontrollo, chiamato Haccp (analisi dei rischi e controllo dei punti critici,N.d.r.), seguito da tutte le strutture, che consente di tenere sotto controllo ogni possibile rischio in materia di igiene. Ma in realtà in Italia c’era già una disciplina in materia, risalente al 1961». A questo sistema di principi di autocontrollo, si aggiungono poi le disposizioni generali e specifiche relative al trasporto, alla manipolazione e al magazzinaggio dei prodotti primari sul luogo di produzione, quindi il controllo dei locali adibiti ad attività “alimentari”, delle condizioni di trasporto, delle attrezzature utilizzate, della gestione dei rifiuti, dell’approvvigionamento dell’acqua, dell’igiene di chi si occupa degli alimenti, dai cuochi ai camerieri a chiunque entri in contatto con il cibo. Ma il controllo si amplia anche all’eventuale imballaggio del cibo o al trattamento termico che subisce per trasformarsi in gustoso manicaretto e infine alla formazione degli operatori del sistema.
Questo solo per ciò che riguarda l’igiene… E le norme antincendio? «In questo caso gli albergatori seguono una legge specifica italiana – precisa Bonafaccia -, una normativa tecnica di prevenzione incendi nelle strutture ricettive, il Dm del 9 aprile del 1994, che include una serie di indicazioni, come le uscite di sicurezza, l’adeguamento degli ascensori ecc.». E qui cominciano le note dolenti. Perché l’Italia è un paese “antico”, ricco – buon per noi – di centri storici e monumenti e piccoli borghi incantevoli… dove applicare le norme del DM del ’94 diventa complicato, se non impossibile. Basti pensare alle indicazioni sull’accesso all’area, determinato per consentire l’intervento dei mezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco, spesso incompatibili con i vicoletti dove a volte sono ubicati i piccoli alberghi, magari all’interno di un edificio storico; o alla costruzione della seconda uscita di sicurezza, che cozzerebbe con tutta una serie di difficoltà logistiche e di conservazione storico/artistica. È indubbio che una città come, ad esempio, Venezia abbia enormi difficoltà di adeguamento a norme simili. Come se la sono cavata questi albergatori? Con una proroga. Anzi con “Mille proroghe”:questo infatti il nome del decreto che di volta in volta, da 15 anni, ha rimandato il termine di adeguamento alle disposizioni del Dm del 1994. La prossima proroga scade a giugno 2009. «Nel 2003 sono state ottenute delle misure compensatorie per consentire a queste strutture di adeguarsi – puntualizza Bonafaccia -: ad esempio, se non è possibile costruire una seconda scala antincendio, è possibile avere un’unica scala, ma di misure adeguate e a prova di fuoco e fiamma. Indubbiamente però è una cosa complessa e delicata».
Le catene internazionali
Discorso diverso per le grandi strutture e le importanti catene internazionali: spesso vige, oltre alla normativa generale, una policy interna che comprende anche un sistema di sicurezza contro eventi in qualche modo “violenti”. Un impegno economico importante e necessario, che contribuisce a tenere sempre alto il prestigio e l’affidabilità della struttura, e che non manca di “influenzare” in qualche modo anche la negoziazione con i travel manager. «Indubbiamente, la sicurezza è un elemento importante – spiega Maurizio Montante , direttore dell’Una Hotel Cusani di Milano – anche se è implicita nella parte contrattuale con i travel manager. L’adeguamento ai criteri di sicurezza genera spese che si ripercuotono sui costi di gestione, andando quindi a impattare anche nelle offerte, facendo aumentare le tariffe. Sono in realtà costi soprattutto iniziali, che però prevedono del ricavi in linea con i costi sostenuti». Un atteggiamento che sembrerebbe mettere alla pari ogni tipo di trattativa… «Certo – aggiunge Montante -, sarebbe bello che tutte le strutture seguissero le normative, perché se qualcuno non lo facesse potrebbe presentare tariffe più basse e fare quindi concorrenza sleale. A volte, specialmente in certi ristoranti, si fa fatica a credere che ci siano tutti gli spazi adeguati per rispettare le norme di sicurezza». Ma non sembra proprio il caso di hotel di alta categoria. «A questo livello la nostra struttura non può certo permettersi di non seguire le normative vigenti, e per questo ho degli ottimi consulenti che fanno delle verifiche periodiche».
Quindi anche l’elemento della sicurezza entra in gioco in sede di negoziazione con un travel manager, anche se in maniera “sotterranea”. «Durante la trattativa non viene fuori il discorso sulla sicurezza, ma solo perché è già stato considerato in sede di budget della struttura – conclude Montante -; è indubbio che se un’azienda sceglie il nostro albergo è anche per le garanzie che offre, anche nel campo della sicurezza: sceglie un “pacchetto completo”».
Anche il Principe di Savoia di Milano è attentissimo alla questione sicurezza, con rilevatori di fumo in ogni camera e zone comuni, una squadra anti-incendio e un’altra di Pronto Soccorso presenti entrambe in albergo 24 ore su 24 e un piano di evacuazione collaudato grazie anche alla presenza di due edifici separati. Ma quanto conta tutto questo nelle loro trattative? «Riusciamo sempre ad accontentare qualsiasi esigenza e richiesta del cliente, anche relative alla sicurezza – risponde Antonella Sgobba, director of sales & marketing -, anche quelle provenienti da mercati esteri sottoposti a norme particolarmente restrittive, come nei casi di Regno Unito e Usa. Ed è proprio nelle trattative con questi Paesi, così come in occasione di soggiorni di delegazioni governative, di ambasciate o di consolati, che la nostra piena adesione alle normative internazionali fa la differenza a nostro vantaggio.
«Naturalmente lavoriamo benissimo anche con l’Europa continentale – puntualizza Sgobba -: essendo la nostra una compagnia internazionale con sede a Londra, siamo assolutamente in linea con tutte le normative a livello italiano ed europeo». L’hotel è anche all’avanguardia nella delicata questione ambientale, essendo coinvolto in una politica di gestione “environment friendly”: dalla eco-compatibilità della struttura alla raccolta rifiuti nelle aree comuni.
La gestione è diversa nelle catene alberghiere in franchising. “Il modello di business del franchising – chiarisce Sabina Giese, director of sales & development Italia di Choice Hotels – prevede che ogni struttura sia indipendente nella gestione dei programmi di sicurezza in merito alla costruzione e alle risorse umane, purché ovviamente tutto sia gestito a norma di legge». Quindi ogni hotel è responsabile in maniera individuale dell’adeguamento ai requisiti imposti dalla legge, comunitaria o nazionale che sia. «Noi – continua Giese – applichiamo un modello di soft branding, ovvero non imponiamo standard o vincoli architettonici precisi, come invece fanno altre catene». A prima vista sembrerebbe un rischio che la Choice Hotels corre, non potendo controllare direttamente i propri affiliati. Ma non è affatto così, poiché «il contratto di franchising con Choice Hotels prevede anche una particolare assicurazione, diciamo omnicomprensiva e a copertura totale, a cui l’affiliato deve adeguarsi. Questo a ulteriore garanzia della qualità dei nostri alberghi e al fine di una copertura a 360 gradi».
In fin dei conti, il quadro è chiaro: la sicurezza entra giocoforza in qualsiasi trattativa, nazionale o internazionale, poiché è parte implicita dei budget di gestione di ogni struttura, vuoi in policy interne, vuoi come assicurazione in franchising. Certo, non sarà una voce della lista, né di quella delle richieste del travel manager in sede di negoziazione né di quella dei servizi offerti dall’hotel. Ma è indubbio che contribuisce a rendere più completa e affidabile ogni proposta.
Al sicuro tra le leggi
Per quanto riguarda le disposizioni antincendio, la legge di riferimento è il Decreto del Ministero dell’Interno del 9 aprile del 1994 (e i successivi numerosi aggiornamenti come il Dm del 6 ottobre 2003) a cui le nuove strutture o quelle in corso di costruzione si adeguano automaticamente. Le strutture preesistenti hanno ottenuto adeguamenti e soprattutto una serie di proroghe, l’ultima delle quali scadrà a giugno dell’anno corrente.
In materia di sanità, sono tante le indicazioni comunitarie relative al “pacchetto igiene”, un insieme di decreti della Comunità Europea principalmente del 2002 e del 2004. I “Principi generali della legislazione alimentare”, stabiliti con l’istituzione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sono descritti nel Regolamento (Ce) n. 178/2002 che è stato poi integrato con ulteriori indicazioni nel 2004. Il “sistema Haccp” fa parte del Regolamento (Ce) n. 852/2004 (che abroga la direttiva 93/43/Cee) che mira a garantire l’igiene dei prodotti alimentari in tutte le fasi del processo di produzione, dalla produzione primaria fino alla vendita al consumatore finale. Insieme a questo, fanno parte del pacchetto anche il Regolamento (Ce) n. 853/2004 che stabilisce norme specifiche per gli alimenti di origine animale e il regolamento (Ce) n. 854/2004che stabilisce norme specifiche per i controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano e prescrive regole particolari per le carni fresche, i molluschi bivalve, il latte e i prodotti lattiero-caseari. Completano l’insieme di norme, il Regolamento (Ce) n. 882/2004, che riorganizza i controlli ufficiali dei prodotti alimentari e degli mangimi, in modo da integrare i controlli a tutte le fasi della produzione e in tutti i settori, e la Direttiva 2002/99/Ce che stabilisce le condizioni per l’immissione sul mercato dei prodotti di origine animale e le restrizioni applicabili ai prodotti provenienti da regioni o paesi terzi, sottoposti a restrizioni di polizia sanitaria. Per saperne di più sul “pacchetto igiene”: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/f84001.htm
E la vecchia 626 del 1994? La regolamentazione in materia di sicurezza sul lavoro e relativa tutela si è trasformata nel Decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico Sicurezza Lavoro o Tusl), che ha riformato, armonizzandole e abrogandone alcune, le disposizioni derivate da numerose precedenti normative.
Testo di Maria Elena Arcangeletti, Mission N. 4, maggio 2009