Lo prometto, non entrerò nei dettagli della questione trita e ritrita del taglio delle commissioni aeree, anche se è doveroso un accenno se non altro di carattere storico. Cosa ha comportato l’abbattimento delle commissioni da parte delle compagnie aeree? Per quanto riguarda le agenzie di viaggio, possiamo riassumere dicendo che il provvedimento le ha costrette a ricercare la propria remunerazione nella valorizzazione del servizio reso; a distaccarsi (finalmente!) dalla logica dello sconto e della competizione solo sul piano della leva economica; a ricercare nuove forme contrattuali che hanno necessariamente previsto l’introduzione di altri servizi diversi dalla sola biglietteria aerea (alberghi, autonoleggi, ferrovie ecc.).
Dal punto di vista dell’azienda, invece, il fenomeno della riduzione delle commissioni ha comportato un’altrettanto “copernicana rivoluzione”, ma basata su altri presupposti. Le imprese hanno dovuto rivalutare la propria area “viaggi e rappresentanza” da centro di ricavo a vero e proprio centro di costo, paradossalmente (ma non troppo) trovandosi a dover pagare, oltre al prezzo del biglietto, anche una fee per il servizio.
È mia personale opinione che, sia dal punto di vista delle agenzie di viaggio sia da quello delle aziende, l’introduzione di contratti a fee sia stata un’opportunità: ha finalmente permesso (costretto) alle agenzie di svincolarsi da un piano negoziale basato solo e unicamente su pochi basis point di sconto; inoltre, ha dato modo alle aziende di inserire finalmente all’interno dei contratti la valorizzazione del servizio grazie a Sla (Service level agreement) e Kpi (Key performance indicator) che, se opportunamente e correttamente utilizzate, possono essere un valido supporto per ottenere risparmi anche significativi.
I contratti a transaction fee
I contratti di tipo “transaction fee” possono avere diverse metodologie applicative, ciascuna con peculiarità ben definite, vantaggi e svantaggi. Anzitutto occorre decidere, ad esempio, se ristornare al cliente le commissioni di agenzia. Visto l’attuale basso livello delle commissioni, nonché il fatto che le commissioni alberghiere e di autonoleggio non sono standard (si differenziano a seconda dei contratti, del potere negoziale delle agenzie e delle eventuali negoziazioni dirette effettuate dalle aziende), la tendenza attuale è quella di non restituire le commissioni in sede di compensazione economica.
La terminologia utilizzata per identificare questa tipologia di contratto è quanto di più ampio si possa immaginare. Espressioni come ticketing fee, transaction fee, boundle fee, handling fee, fee in percentuale compaiono giornalmente sulle offerte di servizio che travel manager e direttori acquisti trovano sulle scrivanie o debbono negoziare. Ritengo pertanto che sia più corretto parlare di “modelli applicativi” di utilizzo e analizzarli uno per uno.
Fee per ticketing. In questo modello l’agenzia di viaggi percepisce un emolumento per ogni titolo di viaggio emesso e/o rimborsato per conto della azienda cliente. A tale conteggio contribuiscono anche i voucher alberghieri e di autonoleggio, sia di presentazione sia di prepagamento. È il modello più diffuso perché è quello che, con la massima trasparenza, garantisce all’azienda le più ampie opportunità di verifica e controllo.
Fee per transaction. In questo caso l’agenzia di viaggio percepisce un compenso per ogni transazione effettuata, ove per transazione si intende qualsiasi tipologia di azione effettuata per conto dell’azienda cliente: prenotazioni, emissioni, rimborsi, variazioni, cambi di prenotazione, ecc. In questa tipologia di modello, molto meno diffusa della precedente, sono fondamentali due premesse: in sede contrattuale occorre definire esattamente e nei minimi particolari che cosa si intenda per “transazione” elencando, laddove possibile, tutte le opzioni che concorrono alla definizione di un transazione; è indispensabile, inoltre, disporre di un sistema di controllo preciso e puntuale – e, quel che più conta, “oggettivamente verificabile” da parte dell’azienda – che sia in grado di fornire visibilità a tutto ciò che ha concorso alla definizione del numero delle transazioni. È il classico caso in cui il costo del controllo è quasi sicuramente superiore al beneficio generato.
Fee per richiesta multipla. In questo modello l’agenzia di viaggi percepisce un compenso per ogni richiesta. Con il termine richiesta si intende non tanto il singolo titolo emesso e/o rimborsato, quanto il “viaggio”, ovvero una richiesta anche multipla, che includa il volo, l’albergo, il noleggio auto ecc. Questo modello è più diffuso del precedente e presuppone la collaborazione con un’agenzia di viaggi “evoluta”, con un sistema in grado di tracciare le richieste in modo da poter offrire una rendicontazione corretta, puntuale e precisa.
Fee percentuale. Questo modello, nelle sue linee generali, è omologabile al primo (fee per ticketing); la differenza consiste nel fatto che la fee, al posto di essere fissa, è in percentuale sull’ammontare del titolo di viaggio emesso. Non si tratta di una metodologia molto diffusa poiché ha un limite oggettivo: le fee su biglietti di basso importo sono tendenzialmente basse, mentre quelle relative a biglietteria di alto profilo tariffario possono essere decisamente alte. È un modello che richiede una travel policy aziendale molto vincolante, al fine di obbligare i viaggiatori a utilizzare tariffe il più basse possibile.
Fee a scaglioni. Anche questo modello somiglia al fee per ticketing; in questo caso, però, l’azienda e l’agenzia definiscono a priori degli scaglioni di prezzo dei biglietti aerei; la fee (diversa per ogni scaglione) sarà applicata a seconda del valore del biglietto aereo. Si tratta di un modello poco diffuso.
Tutti modelli applicativi descritti si possano considerare come “sottomodelli” del primo, la “fee per ticketing”. Non sarà in ogni caso difficile comprendere come queste tipologie contrattuali abbiano sostanzialmente una matrice comune, ovvero la necessità di una rendicontazione precisa e puntuale.
Va da sé che in un contratto ove il pagamento del servizio reso è legato al numero di titoli di viaggio emessi e/o rimborsati, poter disporre di una rendicontazione precisa è alla base della corretta applicazione. In un ipotetico scenario ideale, l’azienda controlla l’agenzia di viaggio accedendo direttamente ai dati, oppure utilizzando dati certificati da terze parti; questo ovviamente, al fine di consentire la massima asetticità unitamente a una forma di certificazione e controllo “super partes”. Nella realtà dei fatti, invece, l’azienda richiede all’agenzia gli strumenti per poterne controllare l’operato. Il suggerimento, in ogni caso, è di effettuare sia controlli regolari sia controlli su base campionaria, magari compiendo una verifica di tipo sinottico con l’estratto conto della carta di credito.
Alcune considerazioni
Per concludere il nostro viaggio nell’universo delle ticketing fee, ecco una serie di considerazioni. Si tratta sicuramente di una formula contrattuale in grado di apportare dei benefici considerevoli. Richiede la massima attenzione in fase di definizione contrattuale nonché un costante monitoraggio delle modalità di acquisto. Trova le sue naturali radici nella perfetta conoscenza, da parte dell’azienda, del suo modello di consumo. È fondamentale, infine, che il modello comportamentale dei viaggiatori sia altrettanto conosciuto e “ingabbiato” nelle maglie di una travel policy a supporto.
È auspicabile che, superando le barriere “campanilistiche”, le imprese arrivino a condividere le esperienze maturate, così come l’apprendimento di metodologie e applicazioni, sfruttando le expertise di mercato, unitamente alle esperienze di altri paesi ove questi contratti hanno una diffusione maggiore.
Testo di Dario Bongiovanni, Mission N. 7 ottobre 2005