Altroconsumo, nel numero di Soldi&diritti n.147 di questo marzo, parla di Sharing economy, mettendo a confronto cinque tipologie di business che si basano su questa nuova tipologia di economia; scambio di beni e servizi, food, crowdfunding, trasporti e accomodation, campi questi ultimi due di interesse anche per il mondo del business travel.
Per il trasporto condiviso l’associazione di consumatori ha preso in esame i servizi di BlaBlaCar e Roadsharing, mentre per l’alloggio ecco AirBnB, Homeway, Homelink e Scambiocasa. In generale i servizi erogati sono di buon livello, anche se molte piattaforme si pongono solo come intermediari e non si assumono grandi responsabilità e, spesso, peccano sulla privacy. Con due ottimi esempi; Homeaway in primis e AirBnB come seconda positiva esperienza. Ma con dubbi sul pagamento delle imposte. Soprattutto per quelle piattaforme che non prevedono il pagamento online ma sul posto.
Ecco perché un gruppo trasversale di parlamentari italiano impegnato sui temi dell’innovazione ha presentato alla Camera dei deputati una proposta di legge per regolamentare la sharing economy. Trasversale perché tra i proponenti ci sono Sergio Boccadutri e Veronica Tentori del Pd, Antonio Palmieri di FI, Ivan Catalano e Stefano Quintarelli del Gruppo Misto e Adriana Galgano di Scelta civica.
La proposta nasce da un percorso durato un anno e certamente potrà subire dei cambiamenti grazie anche alla consultazione pubblica voluta dall’associazione “Stati generali dell’innovazione” a cui si può partecipare cliccando qui.
Il disegno di legge vuole regolamentare fiscalmente tutte le piattaforme e differenziare le attività non professionali e quelle professionali, introducendo un limite nelle entrate di 10mila euro di ricavi, somma sulla quale applicare una percentuale fissa di tassazione del 10%, con le piattaforme che opereranno come sostituti d’imposta. Chi invece supererà la soglia dei 10mila euro di ricavi verserà l’aliquota corrispondente al cumulo con gli altri redditi.
Il gettito si prevede possa arrivare così a 3 miliardi entro il 2025, al posto degli attuali 125 milioni, che verrebbero re-investiti nel settore.