La puntualità, per un business traveller, è fondamentale. Tanto più in periodo di crisi, quando si punta a trasferte brevi e non c’è tempo da perdere. Cosa succede allora se ci si trova ad aspettare il proprio bagaglio in aeroporto per più di un’ora? È quello che è accaduto l’agosto scorso a Fiumicino, ma che capita spesso anche in altri aeroporti nazionali e internazionali: l’attesa sfinente della propria valigia, magari imbarcata sul volo successivo o smistata per sbaglio verso altre destinazioni.
Il problema – venuto alla ribalta della cronaca forse anche per la presenza del sindaco di Roma Alemanno su uno dei voli “incriminati” – ha avuto un primo sviluppo nel sanzionamento da parte dell’Enac delle due maggiori società di handling dell’aeroporto di Fiumicino: Alitalia Airport e Flightcare Italia. Ma è lontano dal risolversi. Anche perché non c’è un unico colpevole e la situazione è alquanto complessa.
«Il problema avviene quando non c’è integrazione tra i tre soggetti coinvolti nell’accumulo del ritardo: il vettore, la società aeroportuale e l’handler, ovvero la società che si occupa dei servizi a terra – affer afferma Gennaro Bronzone, vice direttore centrale operazioni Enac. Alcuni aeroporti hanno problemi infrastrutturali, che non consentono ad esempio uno screening securityveloce prima dell’imbarco. Oppure
succede che le squadre di handling non arrivino puntuali all’appuntamento con l’aereo. La questione è la differenza tra la dinamica dei tempi aeroportuali e quella della gestione del personale. Ci vorrebbe più flessibilità». Se i tre soggetti non lavorano in sinergia, quindi, scatta il problema. Ma partiamo dall’inizio. Che l’aereo arrivi in ritardo è un dato che non ci stupisce più di tanto e verso cui siamo se non rassegnat per lo meno più indulgenti, a meno che non ci perdano i bagagli! Secondo l’ultimo rapporto dell’Aea (Association of European Airlines)relativo al periodo novembre 2008/marzo 2009 la compagnia aerea più virtuosa è stata Turkish Airlines con 4,5 bagagli persi per 1000 passeggeri, seguita da Air Malta e da Virgin Atlantic Airways. In fondo alla classifica Iberia, Air France, Tap Portugal, British Airways e Klm. Alitalia non pervenuta.
Passiamo alle società aeroportuali. Esistono delle dichiarazioni di intenti, le cosiddette Carte dei Servizi,
che gli aeroporti pubblicano ogni anno con le garanzie ai clienti di alcuni servizi minimi, come la sicurezza, la pulizia, i servizi aggiuntivi e che vanno rispettati, pena la sanzione o la revoca della licenza. Per quanto riguarda la riconsegna bagagli, i tempi di attesa sulle Carte dei Servizi dei maggiori aeroporti italiani si aggirano intorno ai 20/25 minuti: ma chi viaggia sa bene che non è raro aspettare anche un’ora. Gli aeroporti delle due maggiori città italiane, poi, riportano dati e risultati diversi. Da una parte Fiumicino, che “sconta” l’essere diventato l’unico scalo per voli intercontinentali, con conseguente aumento di volumi. Dall’altra Milano, fresco di de-hubbing Alitalia, con la cancellazione di quasi 220 movimenti giornalieri nei due aeroporti e una riduzione nel 2008 del numero di bagagli, del 16,2% a Linate e del 28,1% a Malpensa.
La Carta Servizi 2009 di Fiumicino dichiara di puntare per i voli nazionali a una percentuale del
90% di riconsegna del primo bagaglio entro 24 minuti dall’arrivo e dell’ultimo entro 32 minuti, con un numero di bagagli “disguidati” di 0,48 per 1000 passeggeri. Ma i problemi scoppiati ad agosto (in realtà di vecchia data) e le multe agli handler non fanno ben sperare i viaggiatori.
La Carta Servizi 2009 di Malpensa riporta tempi di riconsegna del primo e ultimo bagaglio variabili tra 26 e 37 minuti nel 90% dei casi, e una percentuale di bagagli “disguidati” di 5 per 1000 al Terminal
1 e di 0,5 per 1000 al Terminal 2. Dati apparentemente peggiori di quelli di Fiumicino ma sostenuti dai buoni risultati ottenuti rispetto al 2008. Primo problema, quindi, i volumi degli aeroporti e l’adeguatezza delle strutture. «Non è un mistero che l’aeroporto di Fiumicino abbia bisogno di investimenti – puntualizza Bronzone – . I sistemi vanno ammodernati e bisogna fornire attrezzature all’avanguardia. Già la scorsa primavera il commissario europeo ai trasporti Tajani ha lanciato un progetto di sensibilizzazione e efficientamento del problema bagagli nel sistema aeroportuale. In particolare la società AdR –
Aeroporti di Roma ha in programma entro fine ottobre una serie di interventi e l’introduzione di attrezzature per la distribuzione più efficienti. E in più l’identificazione di nuovi spazi tecnici per l’handling in generale».
Le società di handling
E proprio le società di handling costituiscono il terzo problema. In Italia sono 232 le imprese certificate dall’Enac che operano all’interno degli aeroporti nazionali offrendo vari servizi a terra, tra cui la gestione dei bagagli. Qualche esempio: a Roma sono quattro, Alitalia Airport, Eas (ovvero AirOne), Flightcare Italia (società del gruppo spagnolo Fcc) e Aviapartner (gruppo belga). Gli aeroporti di Milano usufruiscono dei servizi della Sea Handling, partecipata al 100% da Sea spa. Al gruppo Alisud appartiene la GH Italia, che opera con la GH Napoli a Capodichino, con GH Venezia al Marco Polo e con GH Palermo al Falcone e Borsellino.
Vige una fortissima concorrenza, a fronte di risultati più o meno buoni, ma una “classifica di virtuosità” sembra impossibile secondo l’Enac proprio a causa della grande diversità dei volumi degli aeroporti e dei contesti in cui gli handler operano. Eppure la responsabilità nei ritardi gli handler ce l’hanno. Eccome. A
volte, per vincere un appalto, si dichiara un innalzamento della qualità dei servizi, altre volte si offre un prezzo migliore, a scapito però del servizio. E così si assiste, nei momenti di maggior traffico aeroportuale, a drammatici cali di performance.
«Sul problema occorre fare
chiarezza – afferma Roberto Bruni, direttore generale di Flightcare Italia, una delle maggiori società di handling in Italia. I nostri indicatori di performance 2009 sono allineati a quelli del 2008 e migliori di quelli del 2007, quando crollò il sistema BHS di distribuzione. Sono comunque indicatori del 60% (rispetto al 90% di bagagli consegnati entro il tempo limite previsto dalla Carta dei Servizi, ndr). Ciò significa che un problema sicuramente c’è, in particolare nei mesi di giugno, luglio e agosto». Il primo pensiero andrebbe
al numero di operatori, forse insufficiente a gestire un così grande numero di bagagli. «Non è questione di organico – risponde Bruni. Il nostro conta circa 1200/1300 persone: nei periodi di picco affianchiamo personale a tempo determinato e assolutamente qualificato. Bisognaintervenire dal punto di vista organizzativo e di coordinamento, puntare su un controllo dei processi e dei sistemi di pianificazione delle risorse, governare meglio i flussi, ma tutto questo per far fronte a un problema infrastrutturale che necessita di investimenti. Per esempio: l’area di Fiumicino che va dal carrello dell’aereo fino al nastro di distribuzione ai passeggeri è troppo piccola e soffre nei momenti di picco. Avere troppi operatori sarebbe peggio, tanto più che devono lavorare insieme a quelli degli altri handler in una specie di gara.» Un numero di operatori destinato ad aumentare, dato che da ottobre dovrebbero operare nell’aeroporto romano altre due società di handling. «Certo, questo non fa gioco nel processo di miglioramento – commenta Bruni . La liberalizzazione va bene, ma deve essere coordinata e coerente con le infrastrutture. Inoltre la tariffa media di un servizio di handling a Fiumicino è crollata mentre a Bruxelles è aumentata, e non è certo un fattore positivo. Tra l’altro bisogna prima dare modo ad Alitalia/Cai di stabilizzarsi e diventare completamente operativa ». Insomma la strada per migliorare è tracciata, ma è tutt’altro che lineare. Resta il fatto che presto le cose cambieranno, a partire dai lavori al Terminal C di Fiumicino che dovrebbero iniziare questo autunno. Sono degli ultimi giorni di settembre
alcuni incontri incrociati tra handler, gestori aeroportuali e Ministero, per trovare delle soluzioni. Intanto, si aspetta al nastro.
Testo di Maria Elena Arcangeletti, Mission n. 7, ottobre 2009