Un cda infinito quello aperto in Alitalia la scorsa settimana (leggi: ancora impasse per Alitalia. Slitta il nuovo piano del vettore tricolore) che cerca in ogni modo di salvarsi e continuare a volare. Con serrati incontri con i soci, e con le due banche azioniste-creditrici in particolare, per cercare di rimpinguare le esangui casse. Ma se Intesa, che ha debiti per circa 78-80 milioni con il vettore oltre ad esser il secondo azionista, insieme a Etihad è pronta a ripatrimonizzare il vettore da Unicredit, con debiti per 20 milioni, ci sarebbero più resistenze. Così come da parte di altri creditori non-azionisti quali, ad esempio, Generali, sottoscrittore per 300 milioni di un bond da 375 emesso dalla compagnia, a un tasso del 5,25%, ma senza altri obblighi.
Una situazione che potrebbe costare caro a Hogan
La situazione di Alitalia, ma anche quella non rosea di Air Berlin, potrebbero costare caro al Ceo del vettore emiratino James Hogan, fautore dello shopping europeo di compagnie risultato poi negativo. La testa dell’australiano di ferro sarebbe stata chiesta dagli Emiri proprietari non più in sintonia con il loro manager. Che, appunto, potrebbe lasciare tra tre mesi come scrive il quotidiano tedesco Handelsblatt.
Un addio che porterebbe anche a rivedere tutti gli investimenti milionari fatti nella diverse compagnie in giro per il mondo e in Europa in particolare per riequilibrare una situazione che ha portato il vettore di Abu Dhabi ad annunciare domenica una ristrutturazione.
Che inevitabilmente dovrà fare anche Alitalia, tagliando posti di lavoro e mettendo a terra almeno una decina di aerei di corto-medio raggio. In attesa di un cavaliere bianco, l’ennesimo, che, a questo giro potrebbe parlare tedesco (leggi: Rispunta Lufthansa, che vola in code share con Etihad, per Alitalia).