Istituita all’inizio del XX secolo, riformata nel 1938, soppressa nel 1989 perché giudicata anacronistica e antieconomica, la tassa di soggiorno è tornata a far parlare di sé da quando il decreto legge 23 riguardante le Disposizioni di federalismo fiscale municipale, approvato il 14 marzo del 2011, ha autorizzato gli enti locali a istituire un’imposta “…a carico di chi alloggia nelle strutture del territorio… l’imposta sarà applicata con gradualità fino a un massimo di 5 euro per notte in proporzione al prezzo. Il gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali”.
E non si tratta di spiccioli: Venezia conta di incamerare almeno 15 milioni di euro all’anno, Milano 12, Torino cinque, mentre Roma ne ha già incassati 70 e Firenze 11 in soli sei mesi. Non c’è dubbio che la tassa di soggiorno rappresenti un importante gettito per le casse degli enti locali italiani, sempre allo stremo per ottemperare alle rigide regole del patto di stabilità. Dall’altra parte della barricata viene vista col fumo negli occhi dagli operatori turistici, e la sua introduzione ha innescato innumerevoli polemiche tra le associazioni degli albergatori, dei commercianti, dei consumatori e le istituzioni. «La decisione di individuare l’esercizio ricettivo come punto di prelievo è profondamente iniqua – ha dichiarato ad esempio Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi – anche perché fa gravare l’onere dell’imposta e dell’imposizione su una sola delle molte attività che traggono beneficio, direttamente o indirettamente, dall’economia turistica. L’imposta di soggiorno dovrebbe essere abolita e le funzioni svolte dagli enti locali in campo turistico dovrebbero essere finanziate mediante compartecipazione degli stessi al gettito IVA di tutte le attività produttive, non solo terziarie, che traggono beneficio dall’economia turistica».
In realtà la tassa di soggiorno, pur con denominazioni diverse, è abbastanza comune anche in altre parti del mondo, da Parigi ad Amsterdam, dall’Austria agli Usa, dove si pagano 14 dollari nel momento in cui si avvia la procedura per ottenere l’Esta, l’autorizzazione online che sostituisce il visto per i cittadini italiani e di alcuni altri Paesi.
Milano: un occhio di riguardo ai viaggiatori business
L’imposta di soggiorno fa dunque parte delle spese che il business traveller deve mettere in conto anche quando si muove in Italia, dal momento che sono circa 480 al momento gli enti locali che hanno deciso di applicarla. Le modalità di applicazione della tassa sono diverse a seconda dei comuni e a seconda delle strutture in cui si alloggia e con varie modalità. Quindi, tanto per fare un esempio di due città vicine e molto turistiche, per una notte in albergo a Pisa si devono calcolare da 1 a 2 euro a notte e per persona fino a un massimo di 3 pernottamenti consecutivi in bassa stagione e fino a un massimo di 5 pernottamenti consecutivi in alta stagione a seconda della struttura e compresi campeggi, ostelli, agriturismo, case per ferie, residence d’epoca e così via. A Firenze invece dormire in un albergo costa da 1 euro a 5 euro a notte fino a un massimo di 10 notti mentre dormire in un agriturismo da 1 euro a 3 euro, in un B&B da 1 euro a 2 euro.
Ma osserviamo più da vicino la situazione delle due principali destinazioni business del nostro Paese, iniziando da Milano, visto che, secondo una ricerca realizzata da Gkf su un campione di 1.000 viaggiatori d’affari per conto di HRS.com, la Lombardia è la destinazione del 45% di tutti i viaggi di lavoro, seguita dal Lazio che ne raccoglie il 29%. È di questi giorni infatti l’annuncio dell’introduzione dell’imposta di soggiorno a Milano che, a differenza delle altre località, ha fatto un distinguo tra turismo di vacanza e turismo d’affari. Destinatari dell’imposta saranno tutti coloro che alloggeranno in strutture ricettive alberghiere e non. Come parametro di riferimento è stato individuato il numero di stelle e verrà richiesto un euro per ogni stella: dai 5 euro di un cinque stelle quindi in giù, a persona, al giorno, con esclusione dei residence per i quali l’imposta sarà applicata solo per un massimo di 14 giorni consecutivi. Il provvedimento ha inoltre previsto numerose esenzioni, a partire da tutti i residenti a Milano, i minori, i giovani, gli accompagnatori dei degenti presso gli ospedali di Milano e provincia. Prevista una riduzione del 50% anche per i periodi di scarsa affluenza turistica. Ma l’aspetto forse più interessante del modo di operare della giunta è l’approccio con il turismo congressuale e fieristico: l’imposta dovuta potrebbe infatti essere ridotta fino al 50% per eventi congressuali e fieristici di rilevante importanza (anche se, nel momento in cui scriviamo non sono ancora state emanate le norme attuative, e quindi non è stato chiarito quali saranno i parametri). L’agevolazione però è condizionata al fatto che le strutture alberghiere provvedano a loro volta a una riduzione dei prezzi pari almeno al 25%. L’imposta sarà attiva dal 1° settembre 2012. Tra le voci che si sono levate contro, quella della Federalberghi milanese che teme una fuga dei turisti e soprattutto dei clienti business (la parte più rilevante) negli alberghi delle città dell’hinterland dove la tassa non è in vigore.
La capitale non fa sconti
A Roma è invece il contributo di soggiorno è entrato in vigore il 1° gennaio 2011: Il contributo, inteso come sostegno economico all’impegno della città nell’organizzare i servizi urbani, ha la finalità di garantire ai turisti la migliore e più efficiente accoglienza ed è dovuto da chi soggiorna nelle strutture ricettive presenti nel territorio della città di Roma Capitale al termine di ciascun soggiorno, con la sola eccezione degli ostelli. Sono esentati dal pagamento i bambini fino a dieci anni di età, i residenti a Roma, i malati e l’accompagnatore, gli autisti di pullman e gli accompagnatori turistici, il personale appartenente alla Polizia di Stato e alle altre forze armate. Nessuna menzione invece di sconti particolari legati al turismo d’affari e congressuale.
Aggiungiamo però che secondo i dati elaborati dall’Ebtl, Ente bilaterale per il turismo (Ebtl) per la Capitale, nel 2011 a Roma sono stati registrati 11.405.160 arrivi, con un +8,36% rispetto al 2010 e 28.528.545 presenze, +7,55% rispetto al 2010: in sostanza, nel 2011 nella capitale si sono registrati un milione di turisti e due milioni di presenze in più rispetto al 2010: che l’imposta di soggiorno non faccia poi così tanto male al turismo?
L’imposta di soggiorno in alcune città italiane
L’imposta di soggiorno in Italia non è uniforme e le norme variano da località a località e da regione a regione (solo tre regioni hanno peraltro deciso di non applicarla: l’Abruzzo, il Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna). Segue un riepilogo delle principali città in cui viene applicata (con particolare riferimento a quanto dovuto da chi soggiorna in albergo).
Ancona: da 50 centesimi a 3 euro a notte per persona, a seconda delle tariffe dell’alloggio, fino a un massimo di 15 notti;
Bergamo: da 1 a 3,50 euro a notte per persona, a seconda delle stelle alberghiere e a seconda del costo della camera, fino a un massimo di 10 notti;
Catania: da 1 a 2,50 euro a notte per persona a seconda delle stelle della struttura, fino a tre notti;
Firenze: da 1 a 5 euro per notte a seconda delle stelle della struttura, fino a un massimo di 10 notti;
Genova: da 1 a 3 euro a notte per persona, a seconda delle stelle, fino a un massimo di 8 notti;
Milano: da 1 a 5 euro, un euro a stella. Per i residence fino a 14 giorni consecutivi. Luglio, agosto e dal 10 dicembre a 10 gennaio la tassa potrebbe essere ridotta del 50%. Riduzione del 50% anche per chi partecipa a fiere e congressi se l’albergo offre uno sconto del 25% (ma il regolamento dettagliato al momento in cui scriviamo non è ancora disponibile e la tassa entrerà in vigore dal 1° settembre);
Napoli: da 1 a 4 euro a notte per persona, a seconda delle stelle, fino a un massimo di 10 notti;
Padova: da 1 a 3 euro a notte per persona, a seconda delle stelle, fino a un massimo di 5 notti;
Roma: da 2 a 3 euro a notte per persona, a seconda delle stelle, fino a un massimo di 10 notti;
Torino: da 1,30 a 5 euro per notte a seconda delle stelle della struttura, fino a un massimo di 4 notti;
Venezia: il provvedimento ravvisa tre zone: centro, Giudecca e isole, terraferma e periodi di alta e bassa stagione. Importo da 1 a 5 euro per notte a seconda delle stelle della struttura, fino a un massimo di 5 notti.
Testo di Antonella Andretta, Mission n. 5, settembre 2012