Dall’11 settembre 2001 nulla è stato più come prima. E il risk management è diventato parte integrante della gestione dei viaggi per la stragrande maggioranza delle imprese. Tanto più nell’attuale momento di instabilità che rende sempre più difficile la distinzione dei luoghi pericolosi da quelli sicuri. Ma quali sono i principi base di un’efficace strategia di mitigazione dei rischi applicata ai viaggi d’affari? E quali le principali minacce da considerare?
In realtà, le criticità che i viaggiatori si trovano statisticamente ad affrontare con maggiore frequenza nelle loro trasferte non sono affatto quelle che ci si potrebbe aspettare adottando l’approccio più emotivo: “Stando ai casi con cui abbiamo materialmente a che fare ogni giorno, in materia di sicurezza gli inconvenienti più comuni riguardano soprattutto gli incidenti stradali e la microcriminalità”, spiegano Côme Desgrées du Loû e il medico Philippe Biberson, rispettivamente regional security manager e regional medical director di International Sos. “Anche in tema di salute, peraltro, la prima ragione di ospedalizzazione o rimpatrio riguarda ancora una volta gli incidenti, mentre le malattie cardiovascolari rappresentano la più frequente causa di decesso e la malaria la più comune motivazione di rimpatrio dovuta a malattie infettive”.
In linea generale, tuttavia, sono tre le tipologie di minacce da prendere in considerazione in tema di business travel: «La prima fattispecie riguarda le catastrofi naturali, spesso conseguenza degli effetti dei cambiamenti climatici in corso», rivela il fondatore e direttore della Scuola internazionale etica & sicurezza de L’Aquila, Paola Guerra Anfossi. “La seconda è invece relativa ai rischi sanitari. E in questi casi sono fondamentali sia le informazioni rilasciate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dal ministero della Salute, sia la profilassi consigliata da medici competenti. La terza categoria infine si rifa ai rischi socio-politici: terrorismo internazionale di matrice jihadista, migrazioni di massa tra Sud e Nord del mondo, fallimento e collasso di entità statuali (Libia, Yemen, Siria, Iraq, Bosnia…), rivolte sociali, sequestri di persona, aggressioni e criminalità comune”.
Una volta che una minaccia si dovesse concretizzare è quindi essenziale avere a disposizione delle strategie di crisis management efficace. Ciò è ancora più vero nel caso dei cosiddetti “cigni neri”: eventi isolati, che non rientrano nel campo delle normali aspettative. “Una procedura standard”, raccontano i due rappresentanti di International Sos, “deve prima di tutto consentire a tutti i soggetti interessati di comprendere la situazione e di agire al fine di proteggere i collaboratori in trasferta, nonché la reputazione e le attività dell’organizzazione. Regolarmente testato, il programma dovrebbe in particolare includere una definizione precisa degli eventi che ne presumono l’attivazione, i compiti e le responsabilità di ciascuna persona coinvolta a livello corporate e locale, nonché le modalità per ricorrere all’intervento di realtà esterne all’azienda, specializzate nelle gestione delle crisi”. In tutti questi casi, suggerisce Paola Guerra Anfossi, “la regola aurea è quella della schematicità, della massima semplicità e della continua esercitazione”.