Prima il Dieselgate che, a cascata, ha portato una multa miliardaria alla Volkswagen e la minaccia di una causa penale negli Stati Uniti, con il conseguente calo di vendite, oltre a un nuovo piano varato per assicurare il futuro all’azienda (clicca qui per leggerlo). Piano che tra le pieghe ha anche un “efficentamento nei costi de3i fornitori per rimanere concorrenziale”.
Un punto questo che ha portato alla crisi di oggi, che la mediazione del land azionista al 20% di ieri, ovvero la Bassa Sassonia, non ha risolto: Il colosso di Wolfsburg ha così dovuto adottare “misure di flessibilità fino alla Kurzarbeit”, la cassa integrazione Made in Germany, applicando un orario ridotto sia nel quartier generale che nei siti di Kassel, Salzgitter e Braunschweig, dove la produzione di Golf, e in parte di Passat, è ferma. Interessando circa 30 mila lavoratori.
Ma perché questo stop che, a seconda delle stime, potrebbe costare dai 70 ai 100 milioni di euro a settimana? Lo avevamo accennato prima; le forme di efficentamento sui fornitori hanno fatto sì che Car Trim (rivestimenti dei sedili) e Es Automobilguss (parti in ghisa delle scatole del cambio), entrambi controllati dal gruppo Prevent dell’imprenditore bosniaco Nijaz Hastor, abbiamo visto annullare un contratto senza motivo o preavviso senza compensazioni, interropendo così i rifornimenti.
Volkswagen non ci sta e si è rivolta al tribunale, chiedendo una multa e il sequestro delle forniture. Bisognerà attendere il 31 per la sentenza. Intanto però i conti Volkswagen sono sempre più a rischio…