Lo avevamo preannunciato ieri che sarebbero cadute delle teste per lo scandalo Volkswagen (leggi qui). E la prima non poteva che essere quella del potente ceo del gruppo, Martin Winterkorn, che, dopo le scuse video e via stampa, ha rassegnato le sue dimissioni, pur ribadendo “una totale estraneità ai fatti imputati all’azienda”. Da Berlino invece il Governo federale fa muro e nega, malgrado i fatti sembrano dargli torto, di sapere tutto sulle manipolazioni dei dati del gruppo di Wolfsburg, “sono voci false e inopportune Ho appreso delle manipolazioni lo scorso weekend dalla stampa” ha commentato la notizia di Die Welt il ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt.
Intanto l’Ue ha chiesto a tutti i suoi 28 stati membri di mettere in piedi sistemi di accertamento sulle emissioni diesel. Di Volkswagen in primis. Ma non solo. “Incoraggiamo tutti a compiere le necessarie indagini e a riferire alla Commissione Ue“, che “discuterà con loro come coordinarle al meglio per facilitare lo scambio di informazioni. Accogliamo inoltre con favore le indagini avviate in Germania, Francia e Italia” ha affermato Lucia Caudet, portavoce dell’esecutivo comunitario al mercato interno, che ha ribadito come l’Unione certamente è stata a conoscenza dell’esistenza “di software ingannevoli ed, tanto che li vietò già nel 2007″ con il regolamento Euro 6. “Sono le autorità nazionali ad essere responsabili per l’applicazione delle norme Ue” ha aggiunto. Bruxelles, proprio nello scorso maggio, aveva adottato una nuova procedura per i test su strada, che entrerà in vigore nel gennaio 2016. Ora vediamo quanto si espanderà a macchia d’olio questo susseguirsi di scandali. Che colpisce, purtroppo, un settore, quello dell’automotive, in un momento in cui sembrava che potesse rilanciarsi dopo anni di crisi.
Leggi il comunicato stampa (in inglese) del Supervisory Board di Volkswagen
Leggi il comunicato stampa (in inglese) delle dimissioni di Martin Winterkorn