Nel corso degli ultimi mesi in molti contesti aziendali si è assistito a un profondo mutamento delle strutture organizzative preposte alla gestione della flotta aziendale. I principali fornitori, sia noleggiatori a lungo termine (Nlt) che società di gestione e di fleet management, si sono visti recapitare inviti di partecipazione a gare per appaltare i servizi relativi alla necessità di risparmiare e alla richiesta di servizi aggiuntivi. L’apparente contraddizione può essere spiegata riflettendo sul fatto che la crisi ha costretto le aziende in difficoltà (e suggerito a quelle in salute) di tentare un doppio salto mortale: ridurre le strutture interne e contemporaneamente tentare di risparmiare sui servizi esterni di noleggio e gestione, cercando tuttavia di mantenere invariata la qualità del servizio al driver.
Tutto ciò è stato reso possibile da un mercato in forte contrazione, dalla paura di perdere clienti in un periodo estremamente delicato e, in alcuni casi, da strategie particolarmente aggressive di alcuni fornitori di servizi di gestione flotta, che hanno tentato di approfittare del momento congiunturale per guadagnare quota di mercato.
Strutture verticali, centralizzate e globali
Dal punto di vista del fleet manager, l’attuale momento non è dei più favorevoli, soprattutto per i gestori “locali” di aziende globali. Tutte le aziende globali hanno fatto di necessità virtù e, chi perché in crisi, chi perché ha pensato di approfittare del momento per razionalizzare l’azienda e tagliare i rami secchi, hanno sistematicamente ripensato e ridisegnato le strutture di gestione, ovviamente a scapito delle strutture nazionali e a vantaggio di quelle continentali. Le prime hanno subito dall’alto le decisioni delle ultime, che hanno provveduto a eliminare tutto ciò che non era in linea con i modelli di gestione standardizzati e disegnati ai massimi livelli con l’aiuto delle più rinomate società di consulenza. Insomma, nell’ultimo anno si sono ulteriormente accentuate due tendenze: la verticalizzazione delle strutture e l’eliminazione delle attività locali.
Questa strategia ha portato all’indebolimentodelle figure locali a vantaggio di fleet manager globali, gestori delle flotte di più Paesi. Anche laddove ciò non è accaduto, spesso al fleet manager locale sono state sottratte risorse che davano un contributo essenziale al raggiungimento di un certo grado di soddisfazione da parte dei fruitori dei servizi: piccoli uffici di gestione interni, personale dei servizi generali addetto alle auto pool, punti di riferimento interno e anche piccoli contact center interni alle aziende, destinati a risolvere le problematiche quotidiane connesse alla gestione della flotta.
Come sempre succede in queste situazioni, la qualità acquisita dal servizio deve cedere il passo alla razionalizzazione del processo. I problemi che questa situazione crea, però, restano in capo al fleet manager che, magari demotivato dal processo di riorganizzazione dell’azienda, vuoi perché collocato gerarchicamente sotto un fleet manager europeo oppure alleggerito di responsabilità o d’importanza, vuoi perché privato di alcune risorse che prima poteva gestire direttamente e adibire alla gestione della flotta, si ritrova per giunta a risolvere il classico problema del barcaiolo che deve salvare lupo, capra e cavolo. E allora di fronte alle pressioni interne (il vertice locale che vuole mantenere un eccellente livello di servizio) ed esterne (i suoi capi europei che vogliono standardizzare e razionalizzare i processi), il fleet manager non può far altro che rivolgersi ai fornitori e tentare di svolgere i servizi richiesti con risorse esterne. Il taglio del budget e delle strutture e la necessità, di conseguenza, di dover “fare di più con meno”, lo spingono a essere particolarmente esigente verso i fornitori, che in questo periodo non possono che mostrarsi disposti a tentare di assecondare i suoi bisogni.
Ripensare il ruolo del fleet manager
Per evitare di confondere le priorità e disperdere le energie, di fronte a questa situazione il fleet manager deve mettere in atto due azioni fondamentali: il ripensamento strategico del proprio ruolo e la riorganizzazione dei processi di gestione, che dovranno essere resi più efficienti.
Naturalmente l’outsourcing già esisteva prima che questi ultimi avvenimenti si manifestassero: c’era il Nlt con i suoi servizi di full leasing in outsourcing e, in alcuni casi, c’era la società di fleet administration che gestiva i driver dal punto di vista amministrativo. Se l’uso di un outsourcer amministrativo era fonte di discussione fino a qualche tempo fa, ora, con il taglio sistematico delle strutture interne che gestivano la flotta rischia di diventare una necessità.
Infatti il ruolo del fleet manager diventa principalmente quello di concentrarsi sulle attività strategiche e di controllo, lasciando tutta l’operatività alla fleet administration. In particolare, le attività più importanti alle quali il responsabile della flotta dovrà presiedere sono:
– il controllo del Tco, ovvero del costo totale di gestione della flotta
– la gestione strategica della “supply chain” per fornire ai driver un’eccellente combinazione di servizi
– la misura e la verifica della “driver’s satisfaction”.
All’outsourcer di gestione dovrà essere delegata l’intera responsabilità operativa del day-by-day: il responsabile della flotta fungerà da punto di escalation per le problematiche più importanti. Fleet manager e outsourcer, invece, lavoreranno insieme per identificare opportunità di risparmio future e di miglioramento dei processi di gestione.
L’outsourcer diventa quindi un vero partner e viene a rivestire un ruolo molto importante, che è quello dell’esecuzione e del controllo di tutta l’operatività, incluso il controllo delle attività del noleggiatore. Il tutto mettendo in campo la propria struttura dedicata, il supporto consulenziale, la conoscenza delle best practice e l’uso di tool di gestione sofisticati. Per questa ragione, la scelta del giusto partner è particolarmente delicata, sia che si scelga il modello dell’inplant, che quello della gestione da remoto.
Scegliere il partner giusto
Nella valutazione dei fornitori candidati è necessario verificarne le potenzialità in termini di efficacia di gestione e di economicità, salvaguardando la flessibilità del modello. A questo proposito, un argomento che deve essere introdotto è quello dell’indipendenza del partner, sia dai Nlt che dagli altri fornitori delle flotte. Invece, la scelta di nominare un noleggiatore come unico partner, sia per l’acquisizione dei veicoli e dei servizi, sia per la gestione amministrativa della flotta, deve essere ponderata con molta attenzione; talvolta, però, scelte di questo tipo vengono prese a livello globale a seguito di accordi mondiali con un noleggiatore e, di conseguenza, subite a livello locale come imposizioni che possono generare perdita di potere da parte del fleet manager locale. Indubbiamente la nomina di un Nlt a partner unico di gestione priva l’azienda di una serie di strumenti di controllo e la rende più dipendente dal fornitore: le possibilità di fare una gara si riducono, le leve immediate per rivalersi sul Nlt in caso di disservizi s’indeboliscono e così via. Pertanto, una scelta di questo genere deve essere fortemente supportata da un preciso piano strategico e da adeguati strumenti di controllo che consentano all’azienda di non perdere la propria libertà d’azione ed il proprio potere d’acquisto nei confronti del mercato. Potere d’acquisto che rischia di essere compromesso anche quando il partner non è un Nlt, ma una società di gestione specializzata alla quale vengano delegate tutte le decisioni in termini di approvvigionamento e gestione, compresa, per esempio, la scelta dei noleggiatori dei quali l’azienda deve avvalersi.
Anche una decisione di questo tipo deve essere sostenuta da valide motivazioni, altrimenti rischia di essere l’estrema manifestazione di un’azienda che si arrende di fronte al mercato delle flotte e dichiara di non essere in possesso degli elementi fondamentali che le consentano di prendere decisioni d’acquisto adeguate.
Quanto all’efficacia del partner scelto, è importante distinguere tra la valutazione dei servizi e delle potenzialità dell’outsourcer, come la presentazione di best practice, e la reale capacità di soddisfare i bisogni specifici del cliente in questione che deve essere attentamente verificata attraverso alcune fasi di test: tutti i processi compresi nel capitolato di gestione devono essere attentamente verificati e testati sul campo. Il contratto dovrà essere formalizzato solo quando l’outsourcer darà effettivamente prova di poter gestire da subito tutte le attività oggetto del contratto stesso, sia a livello di risorse, che a livello di sistemi e di comunicazione.
Una cura particolare dovrà essere prestata anche a quei processi accessori che, proprio a causa della chiusura dell’ufficio gestione auto interno, potranno portare problemi all’operatività quotidiana e disagi per gli utilizzatori. Pensiamo, per esempio, alla gestione in sede delle auto pool, o alla distribuzione dei tagliandi assicurativi, o alla raccolta e gestione delle multe. Tutte queste problematiche dovranno essere accuratamente catalogate o descritte all’interno del processi di outsourcing.
Vi sono outsourcer che sono pronti a fare quasi tutto, altri che invece non sono disposti a dire sempre di sì perché seguono una precisa metodologia di gestione. A questo proposito, possiamo affermare che il partner ideale si pone tra queste due concezioni estreme: un outsourcer solido che ha sviluppato processi e metodologie standard, peraltro sottoposti a rigidi controlli di qualità e alle relative certificazioni, ma che, nel contempo ha la capacità di reinventarsi coerentemente con i trend di mercato che in questo periodo chiedono alle società di gestione di fare di più: non solo di occuparsi dei tradizionali processi di fleet administration, ma anche di gestire una serie di servizi complementari, se necessario anche integrandosi con altri fornitori, per esempio la società di facilitypresente presso la sede dell’azienda cliente.