Industria alimentare: formule classiche, poca innovazione

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In questa ulteriore tappa sulle flotte auto dei  vari settori merceologici, abbiamo concentrato  la nostra attenzione sull’industria alimentare,  che in Italia rappresenta una tra le prime filiere  economiche del Paese: oltre 400.000 addetti e un  fatturato che nel 2008 ha raggiunto i 119 miliardi  di euro, secondo l’ultima stima di Federalimentare.  Un comparto importante quindi non solo per  l’economia, ma anche per il prestigio e l’immagine  dell’italianità nel mondo. Dopo varie fasi di sviluppo,  oggi il settore è formato da circa 6500 tra  piccole e grandi aziende: dalle minuscole attività  a carattere prevalentemente locale alle grandi  imprese multinazionali. Tra tutte le aziende di  produzione alimentare contattate, soltanto alcune  hanno accettato di aprire la porta e di lasciarsi  coinvolgere nella nostra indagine. A queste, che  riportiamo di seguito, va il nostro personale ringraziamento  per la disponibilità dimostrata: Cameo, Fiorucci, Gruppo Amadori, Kellogg’s Italia,  Orogel, Veronesi Verona e Zuegg.

Tutto noleggio per Cameo, Fiorucci e il Gruppo Veronesi
Partiamo dal noleggio. Tre le aziende che hanno  risposto alla nostra indagine e che hanno scelto
un parco auto composto esclusivamente da autovetture  in noleggio: Cameo, Fiorucci e Gruppo Veronesi.
La prima, con una storia di oltre 110 anni  e che conta allo stato attuale 338 dipendenti,  possiede un autoparco di 104 vetture e si serve di  un unico fornitore, con il quale ha stabilito una  durata contrattuale del canone di noleggio che va  dai 24 ai 60 mesi. Dal punto di vista specifico della  car policy, nell’azienda lombarda le auto vengono  date in assegnazione a dirigenti e forza vendita  e il range di marchi a disposizione è molto  ampio (Mercedes, Volkswagen, Audi, BMW, Fiat,  Ford e Renault). In ultima analisi, l’upgrading non  è contemplato, mentre l’area aziendale deputata  alla gestione della flotta è quella dell’ufficio acquisti.
Sempre l’ufficio acquisti è l’area che nella Fiorucci  garantisce la gestione e amministrazione delle 50  auto aziendali e che mantiene i rapporti con i 4  fornitori di noleggio di cui si serve l’azienda. Fiorucci,  marchio leader nel settore dei salumi italiani  nel mondo e presente attraverso 6 stabilimenti  in totale (5 in Italia e uno all’estero, negli Stati  Uniti), conta circa 600 dipendenti e ha la peculiarità  di non possedere una car policy comunemente  intesa, ovvero una linea di indirizzo ben identificabile  in materia di flotta aziendale. Le auto comunque  vengono date in assegnazione a dirigenti,  forza vendita e ad alcuni quadri in base a specifiche  funzioni svolte. Questo determina anche  una diversificazione nella durata del canone di  noleggio, che va dai 36 mesi per la forza vendita  ai 48 mesi dei dirigenti, che normalmente utilizzano  l’auto aziendale in misura minore rispetto ai  venditori.  Anche in casa Fiorucci non è contemplato l’upgrading,  mentre come brand le scelte sono state  indirizzate prevalentemente verso autovetture  Volkswagen, con qualche variante sui marchi Fiat  e Ford.
Veniamo infine al Gruppo Veronesi: dalla sua fondazione,  nel 1958, all’acquisizione del marchio  Negroni nel 2002, il Gruppo è diventata una realtà  in continua crescita che comprende nomi importanti  dell’industria agroalimentare italiana. Tra  i suoi marchi anche Aia, Montorsi e Fini (appartenenti  al brand Negroni), più un settore specifico destinato alla produzione di alimenti zootecnici.  Un Gruppo importante e diversificato quindi, che  conta 6800 dipendenti e 210 autovetture tutte  noleggiate per il lungo periodo. I fornitori di cui si serve Veronesi sono 3, la durata dei contratti è  variabile: 24, 30, 36 e 48 mesi a seconda delle diverse  esigenze; il tutto viene gestito dalla direzione  delle risorse umane. Per quanto riguarda la car  policy, Giuliano Allegri, responsabile della flotta  auto, ci racconta che «è rivolta a diversi incarichi:  troviamo quindi sia i dirigenti e i quadri, ma anche la forza vendita e gli impiegati». Dal lato dei  brand in utilizzo, «trattandosi di autovetture a  noleggio, non esistono dei marchi che privilegiamo,  ma la scelta è demandata direttamente all’utilizzatore  che sceglie però all’interno delle fasce  di costo già previste. L’upgrading infine è previsto  a patto che la differenza di costo nel canone  di noleggio venga coperta dal dipendente. Naturalmente,  anche in questo caso, l’upgrading è  concesso solo all’interno di determinati limiti:  parliamo quindi al massimo del 15-20% di differenza  rispetto al canone di spesa a budget».

Zuegg: unica ad adottare una  formula «mista»
In Zuegg le scelte in materia di car policy si rivolgono  verso dirigenti, quadri e forza vendita, ed è  quindi suddivisa per grado e funzione. Oltre 200 i  dipendenti per l’azienda veronese nata come piccola  attività familiare, e che oggi è presente con 5  stabilimenti a livello europeo. Tre le aree in cui  Zuegg concentra il proprio core business: la lavorazione  delle materie prime, la preparazione di semilavorati  per l’industria e la produzione di prodotti  finiti, succhi di frutta e confetture. Dal punto  di vista del parco auto, in Italia l’azienda dispone  di 27 auto in noleggio e 2 in proprietà. Due  anche i fornitori dei servizi di noleggio; la flotta  viene gestita all’interno dell’azienda dagli uffici e  collaboratori del direttore generale, mentre la durata  dei contratti è «personalizzata in funzione  dei km di percorrenza previsti».

Solo proprietà per Amadori, Kellogg’s e Orogel
Veniamo alle aziende che hanno scelto invece di  dotarsi esclusivamente di auto in proprietà, prevalentemente con la formula del leasing. Tra queste  troviamo innanzitutto il Gruppo Amadori, realtà  emiliana nata nel 1930 da una piccola attività  familiare e cresciuta nel tempo in impianti di  produzione e specializzazione; oggi conta circa  6.000 tra dipendenti e collaboratori. L’azienda dispone  di un parco auto formato da 250 autovetture  di proprietà gestite internamente al gruppo  dal responsabile della flotta auto insieme a 7 collaboratori.  La car policy del Gruppo non prevede l’upgrading,  e assegna il benefit auto a dei ruoli ben precisi, rispondenti  a diversi profili lavorativi: tecnici di allevamento,  funzionari commerciali e responsabili  di funzione. Fiat, Opel e Audi, infine, i marchi automobilistici  utilizzati più frequentemente.
Secondo caso: quello di Kellogg’s Italia che, per i  propri dirigenti e la propria forza vendita, si serve  di circa 40 auto in proprietà. L’azienda oggi è presente  in 180 paesi con 45 unità produttive:  con i suoi oltre 12 miliardi di dollari di fatturato  annuo, Kellogg’s è il produttore leader  mondiale di cereali con oltre 30.000  persone. In Italia i primi prodotti Kellogg’s  sono stati commercializzati nel 1956, ma  la sede italiana dell’azienda è stata costituita  solamente nel 1989. Se il parco auto  viene gestito grazie all’ausilio di una società  esterna di fleet management – unico  caso in questa indagine – l’ufficio acquisti  è l’area interna che segue tutte le pratiche  necessarie. La car policy aziendale infine  contempla l’upgrading solo per i dirigenti,  mentre le auto scelte appartengono al  Gruppo Volkswagen.
L’ultimo caso di auto in proprietà è quello del Gruppo Orogel, unica organizzazione di  produttori che opera a 360° nel settore agro-alimentare,  dall’ortofrutta fresca, ai prodotti surgelati,  alle confetture. Per dimensione, giro d’affari  e con 219.000 tonnellate di prodotto commercializzato,  rappresenta la prima azienda totalmente  italiana all’interno del comparto del sottozero nazionale.
La flotta aziendale del gruppo è composta  da 50 autovetture tutte in proprietà e destinate  ai dirigenti, quadri e forza vendita dei 100  dipendenti circa posseduti dal gruppo. La gestione  dell’intero parco auto avviene all’interno dell’azienda,  nell’area dell’amministrazione. Le autovetture  in dotazione sono prevalentemente Fiat e,  nella car policy, generalmente non è contemplata  la possibilità di upgrading da parte degli utenti;  laddove è concessa, è solo a fronte di casi ed esigenze  particolari. Viene comunque lasciata l’opportunità  di scegliere colore e optional delle auto.
Questa piccola indagine ci ha dato la possibilità  quindi di conoscere l’orientamento in materia di  parco auto di una significativa rappresentanza  dell’industria alimentare italiana, all’interno della  quale prevale un modello di business di flotta abbastanza  tradizionale, senza cioè grosse innovazioni  o sperimentazioni. Tranne che per l’azienda  Nestlé, che fa caso a sé e ne parliamo a parte. Il  settore infatti, appare caratterizzato da una certa  omogeneità e linearità di scelta: sia il noleggio sia  la proprietà si suddividono il comparto praticamente  a metà, con tre aziende indirizzate verso il  noleggio, tre verso la proprietà e una che sceglie  prevalentemente il noleggio, ma non abbandona  del tutto la proprietà. Altri tratti comuni: la tendenza
a gestire il parco auto all’interno delle  «proprie mura» e a disporre di una car policy in  cui l’upgrading viene contemplato solo in pochi  casi.

Il caso Nestlé
Il Gruppo Nestlé, leader mondiale nel food & beverage, è attivo  in Italia dal 1875 ed è presente nel nostro Paese con diverse  realtà operative (Nestlé Italiana, Sanpellegrino, Purina,  Nespresso e Alcon). L’Italia rappresenta oggi il sesto mercato  mondiale per il Gruppo in termini di percentuale di fatturato,  e con le diverse realtà operanti sul territorio, garantisce  il lavoro a quasi 6.000 dipendenti dislocati in 18 stabilimenti  (oltre alla sede centrale di Milano), raggiungendo un fatturato  complessivo di circa 3 miliardi di euro.  Nell’ambito della propria car policy e dei propri principi  aziendali, Nestlé ha avviato per il proprio parco auto – composto  da oltre 900 veicoli (secondo le stime del 2008) – il  progetto Green Fleet, che prevede la riduzione della cilindrata  media della flotta aziendale e il taglio netto delle emissioni  di CO2 entro il triennio 2010-2012: l’obiettivo è di passare  in modo graduale dagli attuali 160 gr di CO2/km ai 140 del  2010 e ai 120 del 2012.
All’interno di un programma di politica ambientale più ampio  e mirato quindi, Nestlé ha intrapreso in tal senso una serie  di azioni ben precise:
• uso di fuel card per il monitoraggio dei consumi dei veicoli  e il controllo della coerenza tra consumi e chilometraggio  percorso;
• valutazione del coinvolgimento dei dipendenti in corsi di  guida ecocompatibile;
• valutazione della possibilità di adottare pneumatici energy  saving per alcune vetture della flotta.

Anche in campo di logistica sostenibile, la strategia attuata
da Nestlè si basa sullo sviluppo di:
• produzioni più vicine ai consumatori (es: progetto Multisource  realizzato nello stabilimento di Santa Rosalia in Sicilia  per l’imbottigliamento di Nestlé Vera; questo progetto  consente una riduzione delle emissioni di CO2 dai tubi di  scappamento della flotta di circa 10.000 tonnellate/anno);
• trasporto multimodale, che promuove un maggiore utilizzo  della ferrovia;
• impiego di nuove tecnologie: grazie al progetto Koiné Lab  il 70% della flotta veicoli industriali è Euro 5 con un ridimensionamento  delle emissioni dell’80-90%; si sta valutando  anche la possibilità di usare motori ibridi;
• progetto Heavy Load per un utilizzo sempre più efficiente  dei mezzi di trasporto;
• attività di formazione dedicata agli autisti per l’educazione  a una guida sicura e meno inquinante.

Nestlé ha attivato inoltre una convenzione con l’azienda di  trasporti pubblici milanesi ATM per il rilascio di abbonamenti  scontati per i dipendenti e ha predisposto dei parcheggi  riservati a chi raggiunge il posto di lavoro in bicicletta  o in motociclo, con l’intento di favorire l’utilizzo di mezzi  di trasporto alternativi all’automobile. Infine, ha avviato anche  un processo di ottimizzazione delle aree geografiche  della forza vendita per limitare gli spostamenti particolarmente  decentrati rispetto all’area di maggiore frequenza di  attività.

 

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