Mai come in questo periodo la discussione attorno alla possibilità di utilizzarealternative agli idrocarburi, benzina e diesel, come carburanti per autotrazione è divenuta tanto accesa. Diversi fatti contribuiscono a renderla di estrema attualità: l’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio, recentemente “rientrato” in misura parziale, soprattutto a seguito della crisi profonda che tutti si aspettano a livello mondiale, la necessità di ridurre la dipendenza economica dai paesi produttori, nonchè la crescente coscienza ecologica che spinge i singoli individui e le aziende a raccogliere maggiori informazioni sul tema e a tentare di dare un contributo. Nel tentativo di pianificare una risposta efficace e convincente alla crescente dipendenza dal petrolio sta aumentando significativamente anche l’interesse dei governi verso fonti alternative e rinnovabili, purchè, però, ecosostenibili non solo dal punto di vista dell’inquinamento, ma anche della produzione su larga scala e dei suoi effetti sui mutamenti del territorio. A causa delle grandi differenze climatiche e geografiche, i paesi interessati a questi processi stanno rivolgendo l’attenzione a diversi procedimenti per la fermentazione delle biomasse e per l’ottenimento di olii combustibili: dalle sementi alla soia, dal ricino al girasole. È interessante notare come i paesi più “ricchi” in termini di idrocarburi siano anche quelli all’avanguardia in questo tipo di ricerca, forse perchè temono, in futuro, di non essere in grado di sostenere il peso energetico delle loro economie estraendo e utilizzando idrocarburi a costi sostenibili.
A questo punto viene naturale domandarsi: ma esiste un paese nel quale i carburanti alternativi al petrolio vengano utilizzati su larga scala, con efficienza di costo ed efficacia d’impiego, al punto di determinare una significativa riduzione della domanda interna di veicoli mossi a benzina o a diesel? A dire il vero, esistono diversi paesi nei quali tecnologie simili vengono utilizzate, quali la Svezia e gli Stati Uniti. Ma forse l’esempio più significativo si trova in Sudamerica e si tratta di uno dei paesi a maggior crescita economica, tanto da far parte di un ristretto gruppo denominato “Bric” (assieme a Russia, India e Cina) di possibili leader economici mondiali dei prossimi decenni: il Brasile. Ed è con un certo stupore che constatiamo come questo risultato sia stato ottenuto anche attraverso una politica lungimirante nell’utilizzo dei carburanti alternativi, in particolare dell’etanolo, da parte di un paese che ha immense risorse naturali e che è praticamente autonomo dal punto di vista energetico: una lungimiranza che si è rivelata straordinariamente efficace nel tempo.
Non solo samba e futebol…
La storia dell’etanolo brasiliano non è molto conosciuta al di fuori del paese ed è stata favorita anche da condizioni geografiche particolari, dall’abbondanza di terreni coltivabili, dall’ottenimento di vantaggi a volte non immaginati in fase di pianificazione; è una storia che vale la pena di conoscere se è vero che in questo paese si trova la città con l’aria più pulita di tutte le Americhe (titolo conferito dalla Nasa alla città di Natal, sulla costa nordest) e se perfino il presidente degli USA George W. Bush è dovuto “scendere a patti” con il presidente Luiz Inácio Lula da Silva, riconoscendo il modello di produzione di etanolo brasiliano come il più efficace al mondo, in alternativa all’utilizzo degli altri biocarburanti.
Le possibilità energetiche dell’alcool furono scoperte in Brasile solo agli inizi del novecento e il primo álcool-motor fu lanciato nel 1927 dalla Usina Serro Grande de Alagoas, nell’omonimo stato, e diffuso successivamente nelle regioni di San Paolo, Rio de Janeiro e in Pernambuco. Nel 1931 il decreto n° 19.717 stabilì che tutta le benzina importata doveva essere miscelata con 5% di alcool, misura estesa nel 1938 anche alla produzione nazionale.
Il primo shock petrolifero all’inizio degli anni settanta (e successivamente il secondo nel 1979, che triplicò il prezzo del barile di petrolio), unitamente alla caduta del prezzo dello zucchero che rendeva più conveniente per i coltivatori di canna produrre alcool, portò alla costituzione da parte del governo, il 14
novembre 1975, del programma “Proálcool” (Programa Nacional do Álcool)e allo sviluppo di una tecnologia totalmente brasiliana, basata su un settore saccarifero estremamente sviluppato, abbondanza di terre, clima adeguato, ampia disponibilità di manodopera ed esperienza nel settore: questo programma diede il definitivo impulso all’utilizzo delle auto totalmente a etanolo (le prime furono commercializzate nel 1978), dopo i tentativi dei suoi predecessori Estação Experimental de Combustíveis negli anni venti, e Institudo do Açúcar e do Álcool dal 1933, soprattutto grazie alla leadership e al coordinamento del settore privato da parte della Petrobras diretta da Shigeaki Ueki, futuro ministro per l’energia. In questo modo è stata evitata, nei quindici anni di esistenza del programma Proálcool e nei successivi dieci, dal 1975 al 2000, l’emissione di 110 milioni di tonnellate di carbonio derivante da CO2, che sarebbero state prodotte da dieci milioni di vetture a benzina la cui circolazione è stata evitata. Inoltre, il risparmio per l’economia brasiliana è stato
di oltre cento miliardi di dollariin importazioni di petrolio e interessi sul debito.
Per utilizzare l’etanolo fu necessario modificare i motori delle vetture: il materiale e il calibro dei tubi di scarico, il carburatore anticorrosione, l’installazione di un’iniezione ausiliaria per “partire a freddo” e la pompa di carburante al cadmio.
L’apice della diffusione di vetture a etanolo, che era pari allo 0,46% del totale nel 1979, si registrò nell’anno 1986 (76,1% del parco circolante) con il dominio del modello 147 della Fiat, in coincidenza con il picco di produzione di 12,3 miliardi di litri di etanolo all’anno. Successivamente i produttori decisero di ritornare alla produzione di zucchero, ora più conveniente per via di un’inversione del prezzo in rapporto all’alcool, nonostante la rottura dell’equivalenza di prezzo tra benzina ed alcool, regolamentata fino a quel momento dal governo, decisa a seguito del crollo del prezzo del petrolio. Questa decisione provocò una grave crisi di approvvigionamento di carburante (circoscritta parzialmente con la creazione di una miscela chiamata MEG a base di etanolo, metanolo e benzina) e una stagnazione delle vendite di auto ad etanolo, che avevano raggiunto il 95,8% del totale nel 1985, accompagnata da una brusca discesa del prezzo del petrolio da un massimo di $40 ad un minimo di $12. Nel 1990, Proálcool fu di fatto sciolto dal governo Collor de Mello e il finanziamento delle nuove fabbriche passò sotto la responsabilità del Bndes, la banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale.
La fase di ridefinizione del programma
A partire dal 1995, due fatti importantissimi determinarono un’inversione di tendenza: la liberalizzazione del mercato dell’alcool e l’introduzione delle auto “Flex”, in grado di bruciare indifferentemente benzina e alcool nello stesso serbatoio. Questo trend sembra duraturo: nel 2005 le vetture Flex hanno superato le vendite delle auto a benzina e nel 2007 il 43% delle auto circolanti in Brasile era alimentato ad alcool (incluse le vetture Flex); nello stesso anno, le vendite di vetture Flex sono state pari all’85%, un dato esplosivo se pensiamo che negli anni novanta la produzione di vetture ad alcool non ha superato l’1%, ma che può essere spiegato col fatto che grazie alla tecnologia Flex, finalmente l’automobilista non dipende più da un tipo di carburante e dalle sue variazioni di prezzo, ma può decidere come alimentare la sua vettura sulla base dei prezzi alle pompe (liberalizzate a tal punto che in Brasile esistono anche i distributori unbranded che non dipendono da nessun produttore petrolifero), della resa in relazione al prezzo (teoricamente l’alcool dovrebbe rendere circa 20% in meno in termini di percorrenza, ma nei percorsi urbani la prestazione è spesso quasi equivalente), del suo stile di guida e della sua “coscienza ecologica”. Secondo un’inchiesta realizzata dalla Detagro nel novembre 2005, il 52% degli automobilisti preferivano l’alcool, il 40% calcolava la relazione prezzo-percorrenza e solo l’8% continuava ad utilizzare la benzina.
Non mancò, comunque, il sostegno statale che ha sempre caratterizzato questo settore in Brasile, attraverso una ridefinizione dell’intervento legislativo (e la costituzione di un nuovo organismo chiamato Cima, Consiglio Interministeriale dello Zucchero e dell’Alcool), importanti contributi fiscali, nonché l’obbligo, a partire dal 1998, di vendere solo benzina addizionata con alcool etilico al 22% (poi aumentato al 24%).
I suoi risvolti sociali, come l’invasione di terre coltivabili a danno della produzione di alimenti, sono importanti, anche se va però detto che la resa per ettaro è stata raddoppiata da 3200 a 6600 litri in trent’anni. Restano tuttavia da valutare nel tempo gli impatti socio-demografici derivanti dall’introduzione di ampie zone di monocultura che comportano più di un milione di lavoratori stagionali (cortadores de cana), comunque generati grazie al programma, oltre ad alcuni milioni di posti di lavoro indiretti.
Tra i vantaggi del programma Proálcool possiamo annoverare il risparmio energetico derivante dal riutilizzo dei moltissimi sottoprodotti, la creazione di oltre trenta nuove professioni a livello universitario, ma soprattutto l’eliminazione del piombo cancerogeno e del monossido di carbonio dall’atmosfera, con l’abbattimento dell’inquinamento urbano e la riduzione dell’effetto serra.
Recentemente le preoccupazioni attorno all’aumento del prezzo dell’alcool, ancora ampiamente vantaggioso, ma più vicino a quello della gasolina, anche a causa dell’enorme successo del programma brasiliano per l’utilizzo dell’alcool e delle crescenti esportazioni, hanno risvegliato i dubbi e le polemiche sul futuro dell’etanolo in relazione alla concorrenza del biodiesel. Attualmente la produzione di alcool non è più regolamentata dal governo come in passato, ma frutto dell’iniziativa privata e delle decisioni dei singoli produttori, che sono comunque convinti che il ruolo dell’alcool in futuro sarà sempre crescente, anche grazie ad una tecnologia in dinamica evoluzione e alla scoperta del genoma della canna da zucchero. Inoltre, l’associazione nazionale dei fabbricanti di automobili (Anfavea) ha stimato una crescita del 500% delle vetture Flex in circolazione entro il 2013.
Il futuro dei biocarburanti rinnovabili
L’approvazione, il 17 dicembre scorso, da parte del Parlamento Europeo delle nuove norme sull’utilizzo di carburanti rinnovabili potrà senza dubbio favorire l’esportazione di etanolo brasiliano in Europa, anche se è ancora difficile stimare i tempi e la diffusione dei motori Flex. Comunque l’Europa è ora diventata il primo mercato al mondo a richiedere una certificazione socio-ambientale dei biocarburanti (a favore della biodiversità), che inoltre dovranno portare ad una riduzione dell’emissione di gas serra del 10% per quanto riguarda settori come il trasporto stradale e del 6% per i carburanti entro il 2020, grazie all’introduzione dei biocarburanti: l’etanolo brasiliano, secondo Marcos Jank, presidente dell’Unica (l’associazione
degli industriali della canna da zucchero) già è in grado di dimostrare riduzioni dell’effetto serra ben maggiori di questi parametri.
L’ambizione del Brasile è quella di proporsi come leader mondiale nella produzione di energia pulita anche per ciò che riguarda gli altri biocombustibili, secondo José Walter Bautista Vidal, creatore del programma brasiliano per l’utilizzo dell’alcool (assieme a Urbano Ernesto Stumpf, noto come il padre del motore ad alcool), in quanto “può evitare una guerra mondiale per il petrolio essendo l’unico a possedere dimensioni continentali, acqua, sole, terra e la migliore tecnologia per produrre energia sostenibile”.
L’etanolo: una storia antica
L’alcool etilico si ottiene a partire da biomasse per mezzo di un procedimento di fermentazione di zuccheri e amidi: canna da zucchero, uva, granoturco eccetera. È realizzabile anche tramite processi sintetici. L’etanolo possiede un’ampia varietà d’impieghi sia industriali che quotidiani, ma il suo utilizzo come carburante per autotrazione e come combustibile è quello che ha fatto concentrare su questo prodotto una crescente attenzione. Per la verità, l’idea di utilizzare etanolo al posto dei carburanti a base di idrocarburi è tutt’altro che recente, dato che è nata praticamente insieme all’automobile, essendo l’alcool meno infiammabile e meno tossico della benzina o del gasolio. Per molti anni si è lavorato sull’adattamento dei motori per consentirne il suo utilizzo in maniera affidabile, fino a giungere all’elaborazione del motore Flex(a benzina e ad alcool); inoltre, in Brasile, specifici programmi governativi, sia statali che federali, miranti alla sua adozione e al contenimento del prezzo, hanno portato alla decisione di fabbricare vetture Flex su larghissima scala. Negli Stati Uniti, dove il motore Flex è stato inventato, l’alcool viene prodotto dal mais, date le differenze di temperatura, di conformazione dei terreni e di diffusione delle coltivazioni, mentre in Europa deriva dalla fermentazione della barbabietola. L’alcool è un ottimo carburante per autotrazione poiché presenta un livello di ottani superiore alla benzina, ma brucia ad una pressione inferiore e non contiene zolfo, comportando, quindi, ridotte emissioni senza la necessità d’installare convertitori catalitici.
Il biodiesel: perfettamente compatibile
È un carburante per autotrazione di origine vegetale (può essere ricavato dal girasole, dal ricino, dalle arachidi e altre piante oleose, ma soprattutto dalla soia, spesso transgenica) o animale (ricavato dai grassi), che si ottiene eliminando la glicerina dagli olii: questo processo ha fatto nascere una discussione, innescata da José Walter Bautista Vidal, creatore del programma “Proálcool”, tra l’opportunità di puntare sul biodiesel (utilizzabile anche dai motori che operano a temperature più basse, ma più costoso in termini di processo produttivo) o sull’olio vegetale (più economico ma contenente glicerina e quindi non utilizzabile dai motori di alcune case automobilistiche che non sono in grado di bruciarla). Il biodiesel può sostituire il gasolio per motori diesel o essere miscelato con esso in qualsiasi percentuale, essendo perfettamente compatibile con questo tipo di motori, che non richiedono alcuna modifica per il suo utilizzo. Possiede però il grande vantaggio di essere ecologico ovvero biodegradabile, rinnovabile, non tossico e privo di zolfo e composti aromatici: secondo Ruy de Goes Leite de Barros, segretario del Ministero dell’Ambiente, dalla sostituzione di un chilo di petrolio con un chilo di biocombustibile si ottiene una riduzione di tre chili di gas carbonico nell’atmosfera. Inoltre, facilita la lubrificazione del motore, riducendone i consumi.
Il motore Flex, a percentuale variabile di etanolo
Il carro flexivel – o semplicemente Flex – ampiamente venduto in Brasile è nato, però, negli Stati Uniti all’inizio degli anni novanta, per ridurre la dipendenza dall’Opec e anche sotto la pressione di stati come la California, che miravano a ridurre il tasso di emissioni. La necessità del motore flessibile era determinata dalla carenza di distributori di etanolo E85 (meno dell’1% della rete distributiva) che portò all’invenzione di un’auto di fatto a benzina, ma che non impedisse di utilizzare carburanti alternativi a chi li trovasse disponibili: si tratta, in effetti, di un’auto a benzina modificata.
L’uso indifferente dei due carburanti è reso possibile dal controllo elettronico dell’iniettore (ECM) e da altri componenti (come la sonda lambda e un software apposito) atti a percepire il grado di conduttività elettrica dei due carburanti. La tecnologia è stata resa disponibile, tra gli altri, da Magneti Marelli in Brasile, che ha sviluppato persino un motore in grado di essere rifornito con benzina pura, alcool puro, miscela alcool-benzina e addirittura metano.