Governare la flotta in 6 mosse

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Succede frequentemente: il responsabile di una funzione aziendale affine alla gestione della flotta, come per esempio il travel manager, il direttore acquisti, il manager delle risorse umane o di una funzione amministrativa, viene investito ufficialmente del nuovo ruolo di fleet manager aziendale, in aggiunta alle sue responsabilità. Il motivo è da individuare negli organici sempre più “tirati”, nella riluttanza delle aziende a investire su una figura totalmente dedicata al fleet management, ma anche nella necessità di integrare la gestione della flotta all’interno di logiche generali che riguardano la mobilità, la politica dei benefit o il controllo dei costi, prevalendo di volta in volta la priorità più importante per l’organizzazione. Spesso si tratta di una decisione “obbligata”, perché l’azienda non si può permettere una figura dedicata, oppure di una scelta legata a motivi contingenti di difficoltà, perché per esempio si sta spendendo troppo (in tal caso si chiede al manager della funzione finance di riequilibrare la gestione economica), o vi sono delle preoccupazioni legate alla gestione del “benefit” auto (coinvolgimento della direzione del personale) e così via. Talvolta l’ottimizzazione della mobilità aziendale suggerisce un’integrazione della policy di business travel e della car policy sotto la stessa figura aziendale.
Comunque si realizzi questa circostanza, la sfida che il nuovo fleet manager si trova a fronteggiare è sempre la stessa: apprendere rapidamente i processi di gestione, individuando un quadro aggiornato delle procedure operative e delle funzioni coinvolte.
La metodologia che il fleet manager deve usare in questo caso è molto simile a quella del consulente esterno che ha bisogno di identificare interlocutori, attori e caratteristiche delle diverse fasi di ciascun processo gestionale, con la differenza di ritrovarsi fin da subito sotto una forte pressione interna da parte della direzione aziendale, delle altre funzioni e dei driver.
Quella che segue è una guida pratica in poche, ma significative mosse, per affrontare razionalmente questa fase di start-up, identificando in maniera esaustiva tutti i processi da mappare e le priorità più importanti.

Verificare la conformità alla legge
Ogni responsabile aziendale è tenuto a verificare gli aspetti legali dei processi che ricadono sotto la propria responsabilità per mantenere indenne il legale rappresentante della società da possibili conseguenze civili e penali. Definire un quadro di chiarezza dal punto di vista legale e fiscale, implementando nuove policy se è il caso, è un dovere primario anche per il fleet manager. Ma prima di fare ciò, il fleet manager appena insediato dovrà provvedere a effettuare un’accurata mappatura di tutti i veicoli: se la flotta appartiene a un gruppo societario, dovrà provvedere a compilare un elenco di tutte le società del gruppo alle quali risultano assegnati i veicoli aziendali (sia di proprietà che a noleggio, in leasing e così via). La lista dovrà comprendere il nome di ciascuna società, le relative sedi, gli uffici e gli stabilimenti, il numero di auto, suddivise per tipologia, sede di assegnazione, assegnatario e uso (aziendale o promiscuo).
Una volta mappata la situazione, è consigliabile che il fleet manager richieda un colloquio con il responsabile dell’ufficio legale per affrontare i due aspetti più importanti relativi alla flotta: il trattamento delle infrazioni al Codice della strada e la gestione degli incidenti. A supporto della discussione con il legale, che valuterà il grado di conformità alla legge delle procedure in uso, il nuovo fleet manager si dovrà procurare la policy di trattamento delle multe attualmente utilizzata dall’azienda, ma è consigliabile anche predisporre un diagramma di flusso del relativo processo di gestione. Per quanto riguarda gli incidenti, il fleet manager si presenterà all’ufficio legale con la copia dei documenti interni e di quelli contrattuali che definiscono come gestire gli incidenti (anche nel caso in cui tale compito sia delegato ad un fornitore, tipicamente il noleggiatore). Una volta rassicurato dall’ufficio legale (o viceversa evidenziate le problematiche urgenti da regolarizzare), il fleet manager si recherà dal responsabile fiscale, per definire i flussi informativi di sua responsabilità connessi con la tassazione dell’auto aziendale, sia in capo all’azienda, sia a carico dell’utilizzatore: chi calcola gli importi per utilizzo privato, la quota di benefit da indicare nello stipendio mensile, gli accessori a carico del dipendente e così via.
Un terzo aspetto molto importante per ciò che concerne le responsabilità verso la legge è la corretta tenuta dell’archivio cartaceo, che deve essere aggiornato ed allineato con il database generale delle auto e degli utilizzatori: un audit approfondito sul primo e un accurato controllo dei report disponibili dal secondo sono vivamente consigliati.

Testare la macchina operativa
Uno degli elementi di successo dell’attività di fleet management è la gestione efficace, ma soprattutto efficiente, dell’attività operativa a forte contenuto transazionale, ovvero basata su tante transazioni d’importo relativamente modesto, ma che sommate determinano un insieme di costi piuttosto rilevante. Per orientarsi in tale complessità, il fleet manager partirà dalla car policy, che dovrà “rileggere” separando criticamente la parte delle regole da quella delle procedure organizzative e gestionali. In relazione a quest’ultima, il fleet manager dovrà scoprire, intervistando i vari interlocutori coinvolti nel processo di gestione della flotta, chi fa che cosa e con quali risultati. Le funzioni aziendali a cui chiedere le relative informazioni sono: finanza e amministrazione, responsabile fiscale, risorse umane, amministrazione del personale, servizi generali, noleggiatori, altre società coinvolte nei processi (fuel card, multe, ecc.). Entrando poi nel vivo delle procedure di assistenza dei veicoli, bisognerà definire come ci si comporta in caso d’incidente, di richiesta di soccorso, di necessità di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per quanto concerne la parte amministrativa, oltre a predisporre un set completo di tutta la modulistica utilizzata (moduli d’ordine, autorizzazione di upgrade a un’auto di categoria superiore, lettere di assegnazione e di sospensione e così via), il fleet manager dovrà approfondire l’intero processo di ricezione dei dati di fatturazione e della loro elaborazione, anche con il supporto della reportistica e di tool che consentono lo scambio di queste informazioni via web con i noleggiatori.
Al termine di questa fase il fleet manager sarà in grado di fare una prima valutazione critica sull’efficienza dell’operatività e di ipotizzare l’introduzione di eventuali soluzioni di outsourcing che consentano all’azienda di ottenere risultati più affidabili, grazie all’utilizzo di software specializzati e di personale esperto.

Stabilire i livelli di delega
Strettamente connesse con le decisioni legate alla terziarizzazione delle attività operative ci sono quelle connesse con l’identificazione del corretto livello di delega, che consente al fleet manager di liberarsi del day-by-day e di dedicare, finalmente, la parte maggiore del suo impegno alla strategia di valorizzazione della flotta come elemento competitivo nei confronti dei concorrenti (soprattutto in relazione alla gestione del benefit). Per ottenere questo apprezzabile risultato, il fleet manager dovrà chiaramente individuare un responsabile (interno o esterno all’azienda) per ogni fase operativa e dotarlo di adeguata delega, specificando le condizioni e le modalità di attivazione di un eventuale processi di escalation nei suoi confronti: per fare un esempio, si può stabilire entro quali ambiti il noleggiatore può prendere decisioni autonome nei confronti di particolari richieste del driver (per esempio all’interno dei confini della car policy) e quando invece deve chiedere al driver di contattare direttamente il fleet manager (quando il driver insiste per ottenere qualcosa non previsto dalla car policy).
Attribuendo responsabilità precise a ciascun attore del processo e rappresentando tutte le attività in un diagramma di flusso, il fleet manager compirà il primo passo per la creazione di un apparato gestionale funzionante.

Scoprire il reale livello di soddisfazione dei driver
In questa fase gran parte delle informazioni verranno richieste alla direzione del personale, che guida i criteri di assegnazione per posizione e mansione. Sarà di estrema utilità condividere con il responsabile delle risorse umane alcune considerazioni sul livello di soddisfazione degli utilizzatori e sulla coerenza effettiva dell’attuale car policy nei confronti del resto del mercato e degli obiettivi che l’azienda si è data, nel momento in cui ha deciso di concedere l’auto ad uso lavorativo e personale da un certo numero di dipendenti.
Il livello di soddisfazione effettivo andrà verificato anche analizzando i risultati delle ultime survey, se sono state fatte, o prendendo in considerazione l’idea di effettuarne una, per poter fissare, in tal modo, un livello di partenza.

Analizzare la supply chain
A questo punto bisogna cominciare a mettere mano alla parte riguardante i fornitori: sapere quanti sono e chi sono, suddivisi per servizio, scoprire quali sono attualmente usati e quali sono “inattivi” (per esempio noleggiatori con i quali è stato sottoscritto un accordo quadro, ma che non ricevono da tempo ordini per nuove auto).
È fondamentale, durante questa fase, effettuare alcuni controlli incrociati, confrontando i diagrammi di flusso, precedentemente predisposti per descrivere ogni singolo processo e sottoprocesso, con la car policy (e le sue procedure) e con quanto sottoscritto nei contratti, per individuare eventuali incongruenze o incertezze su chi realmente faccia che cosa.
Si procederà, quindi, a predisporre una scheda finale descrittiva di ogni fase di servizio, evidenziando le responsabilità interne all’azienda e quelle in capo ai fornitori.
Infine, sarà utile anche effettuare un controllo a campione degli ordini emessi recentemente, per confrontare quanto descritto nella teoria, fin qui approfondita, con quanto succede nella pratica, annotando, anche in questo caso, eventuali “aree grigie” non ben definite, incongruenze, violazioni delle policy o non conformità da parte del fornitore.

Quantificare il Tco della flotta
L’ultima fase d’analisi riguarda agli aspetti quantitativi, il cui governo costituisce la mossa vincente per ridurre i costi della flotta, permettendo d’investire i risparmi in progetti di miglioramento dei servizi resi ai driver oppure in un rafforzamento dei margini aziendali.
La base di partenza è la costruzione di un cruscotto di controllo che includa tutti i principali indicatori quantitativi di performance (Kpi), quali, per esempio, i tempi di consegna, il numero di errori nelle fatture, i contratti scaduti e non ancora rimpiazzati, i tempi medi di risposta e così via. Se tali metriche sono assenti, o non facilmente ricavabili, il fleet manager avrà già individuato un’area importante sulla quale investire, per identificare quale percentuale del Tco (total cost of ownership) è generata da inefficienze.
Per calcolare il Tco sappiamo che il gestore di flotta, dopo aver identificato i costi dei veicoli tramite le fatture dei fornitori, dovrà sommare i costi della struttura: quindi risulterà prezioso il lavoro già predisposto con la “seconda mossa”, precedentemente illustrata. Sarà inoltre necessario, in questa fase, procedere ad accurate analisi di tipo contabile, estraendo i dati sia dalla contabilità generale sia da quella analitica.
A questo punto, il fleet manager sarà in possesso di tutto l’occorrente per iniziare a gestire con successo la sua flotta. Chiaramente, una volta fatte le sei mosse suggerite il suo lavoro sarà solo all’inizio. A partire da quel momento, dovrà cominciare a correggere gli errori del passato, ottimizzare i processi e, soprattutto, impostare la strategia. Ma dopo aver effettuato una simile analisi preparatoria, avrà tutte le carte in regola per realizzare nuove iniziative di successo.

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