Chi legge da tempo la “bibbia” degli automobilisti italiani come Quattroruote (o le varie riviste di riferimento nei diversi paesi del mondo) già lo sa; le emissioni e i consumi certificati non sono come quelli reali. E lo sottolinea anche lo studio Mind the Gap 2016 (scaricalo qui) di Transport&Environment che mostra come la differenza media dei consumi certificati e di quelli reali siano arrivati a un più 42% nel 2015. Ma un conto è “frodare” come è stato appurato nel caso del dieselgate targato Volkswagen, un non aver denunciato la presenza di un software di controllo del motore diesel come pare nel caso appena scoppiato su Fca.
Tanto rumore per nulla per Fca e dieselgate?
Da Fca infatti si sprecano i dinieghi “non abbiamo fatto niente di illegale. Tutto questo non ha alcun senso. Non c’è mai stata alcuna intenzione di creare condizioni per falsare i test sulle emissioni” lo ha detto l’ad del Gruppo Sergio Marchionne durante una conferenza stampa dopo le accuse mosse dall’Epa sui Jeep Grand Cherokee e i camion Dodge Ram 1500 dal 2014 al 2016, “non siamo quel tipo di criminali” ha sibillinamente sottolineato.
E i sospetti arrivano anche sul tavolo Renault
Parlando di crolli in Borsa a seguto del caso Fca e dieselgate, ecco che la notizia di una indagine della procura di Parigi sui motori diesel di Renault, che ha fatto pian piano perdere il titolo della Regie di circa il 4%. Un anno fa il Ministero dell’Ambiente aveva costituito un panel di esperti indipendenti per procedere ad alcune verifiche sui veicoli diesel commercializzati in Francia dopo il dieselgate. La commissione ha poi pubblicato lo scorso luglio un report da cui sono emerse sostanziali discrepanze nelle emissioni di alcuni produttori, tra cui anche Renault. Che, però, ha ribadito più volte di “continuare a rispettare le norme francesi ed europee, i nostri veicoli sono omologati conformemente alla leggi vigenti e non sono equipaggiati di dispositivi per frodare la rilevazione delle emissioni”.