Come si evolverà nel prossimo futuro il mercato dell’auto e, in particolare, quello del noleggio? Pur non essendo questa la sede opportuna per un’analisi macroeconomica, MissionFleet vuole suggerire alcune riflessioni che partono dai cambiamenti del mercato dovuti alla congiuntura economica, per abituarci a fare i conti con quello che sta accadendo nel panorama mondiale e adottare le opportune contromisure anche nell’ambito dell’acquisizione e della gestione della flotta.
La prima considerazione da fare è che il mercato dell’auto è in crisi perché l’auto è un bene durevole e quindi, soggetto a forte rallentamento in fase di recessione. La differenza sostanziale tra il cibo e l’auto è che del primo non ne puoi fare a meno, della seconda invece sì. Se parliamo di vetture di nuova immatricolazione, il concetto si esaspera e si può arrivare ad affermare con ragionevole certezza che un’auto con qualche anno di vita può assicurare quasi lo stesso servizio di un’auto nuova. Chiaramente il concetto enunciato è volutamente estremizzato: le vetture nuove assicurano più comfort, sono più sicure, consumano e inquinano di meno.
Auto uguale bene superfluo?
Il problema sostanziale è che in questo periodo non ci sono molte persone che possono permettersi di valutare queste mancanze della loro vettura e allora si rimanda l’acquisto a data da destinarsi: magari fino a quando si rimane a piedi. Il mercato del lavoro, inoltre, sta producendo molti esuberi e il clima si sta inasprendo, fino a generare tensioni sociali: fino a pochi mesi fa le aziende erano solite retribuire un top manager fino a venti volte lo stipendio di un impiegato medio: oggi ciò è politicamente scorretto, perché mentre il dirigente continua a incassare bonus e benefit, all’interno della stessa azienda la forza lavoro subisce cassa integrazione, mobilità o addirittura il licenziamento. Con un’atmosfera così plumbea, pare logico considerare le scelte di sostituzione del parco auto quasi anacronistiche. Le priorità sono altre.
In passato nella car policy delle aziende venivano inseriti modelli di grande appeal a prezzi accessibili. La maggior parte degli aventi diritto percepivano la vettura, oltre che come strumento di lavoro, anche come benefit. Ora che le condizioni economiche sono cambiate anche la shopping list delle aziende sta subendo una forte variazione. Ciò che prima era difficilmente auspicabile adesso sembra molto più fattibile. Fino a poco tempo fa, molti driver storcevano il naso davanti a vetture che non ritenevano all’altezza del proprio compito e ruolo all’interno dell’azienda. Adesso, invece, dopo che molti hanno assistito a tagli selvaggi del personale, accolgono di buon grado un ridimensionamento dei loro benefit, pur di conservare il posto di lavoro. Quindi si assiste in pratica a una riduzione delle aspettative.
Formule conservative
Se focalizziamo l’attenzione sulle strategie delle aziende di noleggio a lungo termine nel primo quadrimestre del 2009, si notano alcuni sintomi di cambiamento, che hanno innescato le prime conseguenze su modalità, costo e durata dei servizi erogati:
• allungamento dei contratti standard che passano da 36 a 48 mesi;
• rinnovo dei contratti scaduti per un altro anno;
• aumento dei canoni di noleggio;
• scrematura più accurata dei clienti.
Con la prima soluzione si sta cercando di spalmare il deprezzamento del bene su un periodo di tempo più ampio; siccome le vetture si svalutano maggiormente nei primi anni, allungando il periodo di retention della stessa, si riesce ad abbassare il canone di noleggio. Con la seconda iniziativa le aziende di noleggio a lungo termine hanno procrastinato il problema della vendita dell’usato. In questo momento, come abbiamo già sottolineato in precedenza, il mercato è saturo e i valori residui stimati tre o quattro anni fa, ossia al momento della proposizione dei canoni delle vetture che oggi sono in scadenza, non sono neanche lontanamente realizzabili. Chiudere oggi il cerchio, quindi, significherebbe affrontare letteralmente un bagno di sangue nella profittabilità dell’intero ciclo di noleggio. Il terzo punto diventa fondamentale per quello che andremo ad analizzare in seguito. Infine i canoni di noleggio, che sono aumentati per due ordini di motivi: le stime dei valori residui si sono fatte più prudenti rispetto al passato e il costo del denaro, in particolare per le aziende molto esposte finanziariamente, è cresciuto notevolmente. Più volte abbiamo scritto che il noleggio a lungo termine non è soltanto l’erogazione di beni e servizi, ma anche e soprattutto un’operazione di finanziamento verso l’impresa cliente; è ovvio, quindi, che nei momenti di difficoltà economicofinanziaria i prestiti vengano fatti solo con tassi d’interesse più elevati, che hanno come diretta conseguenza un cospicuo aumento sui canoni. E la concessione del servizio avviene soltanto a quei clienti che vengono ritenuti solvibili senza alcun rischio.
Sofferenze in aumento
Negli ultimi mesi le imprese che non riescono a pagare i canoni di locazione sono in forte aumento. I noleggiatori, quindi, sono costretti a restringere la loro offerta solamente ad aziende meritevoli di fiducia. Analizzata per sommi capi la situazione economica mondiale e la reazione delle imprese di noleggio a lungo termine alla congiuntura, passiamo ora a osservare la reazione delle aziende-clienti. Le principali strategie adottate da fleet manager e uffici acquisti sono le seguenti:
• rinnovo dei contratti in corso con congelamento dei nuovi ordini;
• massimo restringimento della politica di benefit;
• downsizing del parco auto.
Per quanto riguarda il rinnovo, è esattamente la decisione speculare a quella compiuta dalle società di noleggio: le aziende utilizzatrici acconsentono ad allungare il periodo di locazione di una vettura, a fronte di uno sconto sul canone. Le offerte più competitive di cui abbiamo sentito, concedono in cambio del prolungamento di un anno della scadenza del contratto fino a tre canoni di noleggio gratuiti (due di sconto sul contratto in essere più uno sul contratto successivo, per aumentare la fidelizzazione del cliente).
Questa decisione ha una conseguenza negativa sul driver, che sicuramente non sarà molto contento di utilizzare una vettura che in molti casi ha traguardato da un pezzo la soglia dei 120 mila km ed è per giunta di un modello datato. Ma in molti casi parecchi dipendenti fanno buon viso a cattivo gioco.
Per quanto riguarda il secondo punto, dobbiamo distinguere tra le grandi aziende e le piccole. Sicuramente nelle piccole sarà più facile far capire all’utilizzatore che, se non strettamente necessaria alle attività d’impresa, la vettura gli verrà tolta. Nelle grandi aziende, invece, il processo è notevolmente più complicato: prima di tutto, i dipendenti non sono abituati a focalizzarsi personalmente sulle strategie di saving; in secondo luogo, potrebbero innescarsi reazioni sindacali, e una situazione di malcontento generalizzato potrebbe riverberarsi sulla produttività aziendale.
La terza strada, infine, è sicuramente quella più percorribile ed è quella che potrebbe portare a maggiori benefici tangibili.
Il mercato suddiviso in segmenti
Per comprendere in quali direzioni stia andando il mercato, occorre fare un’analisi suddivisa per segmenti. Nei primi tre mesi del 2009 il gradimento degli acquirenti si sta spostando verso i segmenti di mercato più bassi. Il comparto delle citycar è cresciuto del 3,5% (+33% nel solo mese di marzo), quello delle utilitarie è sceso di un quarto da gennaio a marzo; i segmenti C e D hanno fatto registrare contrazioni di circa il 20%; il comparto delle vetture di categoria superiore è arretrato di ben il 40%, mentre l’alto di gamma ha perso il 25%. Del tutto evidente, quindi, è che il mercato italiano dell’auto ha subito un forte rallentamento delle vendite e che quelle poche vetture che sono rimaste a galla sono le piccole e le utilitarie. Il fattore downsizing, è evidente. E lo è più ancora a partire dalla metà di febbraio, quando è entrata in vigore la nuova tornata di incentivi alla rottamazione, che favorisce l’acquisizione di vetture di piccole dimensioni e cilindrata. Il mercato delle aziende fa registrare una contrazione generalizzata in tutti i comparti (noleggio e intestazioni dirette a società). Analizzando più nel particolare le tipologie di vetture acquistate dalle imprese, si nota una generalizzata riduzione delle cilindrate, a parità di modello. Le berline a gasolio di cilindrata attorno ai tre litri sono state convertite in 2.0, anche in conseguenza alla capacità progettuale e tecnologica dei costruttori, che si stanno adoperando nella realizzazione di motori performanti di minore cilindrata. In questo caso possiamo parlare di «downengine».
Scendono le percorrenze medie
Un altro fattore importante è la riduzione dei chilometraggi del personale viaggiante. In passato si usava molto fare delle visite di cortesia e di routine ai clienti, alcuni argomenti che potevano essere discussi al telefono erano invece trattati di persona dai commerciali o dai consulenti. Oggi, grazie anche all’enorme sviluppo della tecnologia, è possibile sfruttare al meglio internet, telefono, conference call e altri mezzi, che possono in molti casi evitare un buon numero di trasferte. A questo fattore possiamo dare il nome di downtravelling.
Altro elemento importante e, da certi aspetti, mal digerito dal personale dipendente, è quello del monitoraggio degli spostamenti. Grazie alle scatole nere montate sulle vetture si può verificare in tempo reale il percorso dei driver. In questo modo si possono controllare con maggiore attenzione le trasferte, evitando percorrenze superflue. Ove il controllo non assuma proporzioni esagerate (che innescherebbero situazioni conflittuali), ha come contraltare un significativo miglioramento dei costi, seppure con una limitazione dell’autonomia del dipendente. In conseguenza dei fattori appena visti si innesca anche un circolo virtuoso positivo che è il risparmio di energia e di tempi morti. Le vetture più performanti permetteranno anche un notevole risparmio di CO2 così come di carburante, con notevole effetto positivo sulla politica di spending delle aziende.