Il caro carburante nuoce alle tasche degli automobilisti, ma fa bene ai conti dello Stato. I dati dell’ufficio studi della Cgia, infatti, mostra che a fine anno il Tesoro avrà incassato 1 miliardo di euro in più rispetto allo scorso anno.
Questo sia in seguito alla ripresa degli spostamenti e dell’impennata del prezzo alla pompa della benzina, del gasolio e del Gpl per autotrazione. Un binomio spiegato dalla situazione che andiamo a spiegarvi.
I numeri: a fronte dell’escalation dell’aumento dei prezzi del greggio registrato a partire da inizio anno, per lo Stato che applica sulla base imponibile dei carburanti l’Iva al 22%, il gettito è aumentato. Se poi si tiene conto che questa base imponibile contiene anche le accise, la tassazione è doppia. In pratica: una tassa sulle tasse.
Fatto sta che per gli automobilisti rifornirsi di benzina, gasolio o Gpl risulta sempre più oneroso. Oneroso anche se, vale la pena sottolinearlo, non è colpa dello Stato, che ha mantenuto la stessa imposizione.
All’aumento del prezzo del greggio incrementa dunque l’importo totale che entra nelle tasche del fisco.
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Caro carburante, “restituire i soldi alle imprese”
Per questo motivo la Cgia – associazione di artigiani e di piccole imprese – chiede al Governo di restituire agli italiani, in particolar modo agli autotrasportatori e a chi utilizza quotidianamente un autoveicolo per ragioni di lavoro (taxisti, autonoleggiatori, agenti di commercio), il “tesoretto” da 1 miliardo di euro.
Come? Aumentando, ad esempio, il credito di imposta sui carburanti previsto ogni anno a queste categorie in sede di dichiarazione dei redditi.
Inoltre, il caro carburante è stato repentino nel 2021. A inizio anno, infatti, sia il prezzo industriale sia quello alla pompa di tutti i carburanti e i relativi consumi erano molto contenuti.
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Questo a seguito della crisi pandemica e delle conseguenti restrizioni alla mobilità applicate allora, che avevano fatto crollare domanda e prezzo. Pertanto, l’incremento gettito registrato fino a oggi “risente” della situazione di partenza e dei successivi aumenti registrati sia dai consumi sia dai prezzi alla pompa.
E gli aumenti valgono per tutti i tipi di carburanti per autotrazione: benzina, gasolio e gas.
I dati sono impietosi. La benzina, ad esempio è passata da un costo medio di 1,47 euro/litro registrato a gennaio fino a 1,72 euro/litro rilevato a ottobre. Con una variazione di +17%.
Aumento simile per il gasolio: se a inizio anno costava 1,34 euro/litro, oggi tocca 1,58 euro/litro pari a +17,9%. Peggio ha fatto il Gpl. Se a gennaio ammontava mediamente a 0,63 euro/litro, ora costa 0,79 euro/litro con una impennata del 25,4%.
Nel prezzo alla pompa pesa l’aumento dei consumi
Nel computo del caro carburante e per capire il guadagno per lo Stato bisogna osservare i dati sui consumi.
Nei primi 9 mesi dell’anno gli italiani hanno acquistato oltre 5 milioni di tonnellate di benzina, quasi 17 milioni di tonnellate di gasolio e poco più di 1 milione di tonnellate di Gpl.
Pertanto, moltiplicando i prezzi medi praticati dalle aree di servizio con i consumi, la Cgia è risalita al gettito Iva incassato dall’erario nel 2021. Si tratta di una stima, ma pur sempre vicina alla realtà.
Nella rilevazione eseguita dalla Cgia è stato ipotizzato che i consumi dei mesi di ottobre, novembre e dicembre rimarranno in linea con quelli registrati a settembre 2021.
Si è infine ipotizzato che anche negli ultimi due mesi di quest’anno i prezzi alla pompa dei tre carburanti presi in esame rimarranno uguali a quelli rilevati in questo mese di ottobre. La speranza è che non aumentino più.