Ad Alixpartners sanno bene come vanno molti settori industriali a livello globale e il punto sull’automotive, quest’anno, non a caso viene fatto con un rapporto a margine del Salone dell’auto più importante al mondo che oggi è quello di Shangai, Cina. Si parla di Cina, insomma e cinesi dell’auto.
Noi di MissionFleet abbiamo già argomentato molto la questione, anche con Alixpartners lo scorso anno e poi per relazione diretta con alcuni costruttori che sono presenti con modelli in Italia, papabili di flotta, non solo Byd e Omoda, ovviamente, ma occorre differenziare se si alza l’orizzonte.
Costruttore nativo cinese, brand di fatto cinese, soprattutto: mercato europeo, asiatico o altro? Andiamo per gradi, capendo come è messo oggi globalmente il settore automotive, nel 2025 dove per tutti pare un po’, un po’ troppo cino-centrico.
30 milioni di veicoli l’anno: 75% di brand cinesi
Il mercato cinese, quello maggiore, ormai è tutto dei cinesi, aziende native cinesi che hanno il 65% del proprio mercato, mentre nel pre-pandemia era circa metà, tale quota, per via della forza di molte Case estere nei decenni “conquistatrici” (Fiat a parte, purtroppo per noi italiani). Un trend che questo che, dalle analisi Alixpartners, potrebbe garantire ai locali il 75% di un mercato da 30 milioni di veicoli l’anno, nel 2030.
L’auto che piace in Cina ha 4 cilindri mentre a noi ne tolgono uno
Semplice in sintesi il perché: sono cinesi che fanno prodotti per il proprio mercato interno, pienamente coerenti al gusto ed evoluti rapidamente secondo le mode. Per noi nemmeno troppo ispiratici, oltre che impossibili da inseguire a pari passo e costo dall’Europa o dagli USA, parlando di volanti grandi e almeno tre schermi in vettura, di cui uno sempre “esagerato” con assenza o quasi di tasti fisici: per “fare cose in auto” con tanto spazio e comfort, soprattutto dietro, dove siete il “boss” che non è il diretto conducente. Ci sono però dettagli interessanti, tra le novità auto esposte al Salone di Shangai 2025.
Vero è che sembrano sempre più “telefonini con ruote e motori” ma questi ultimi, spesso, non sono puramente elettrici ma plugin, o range-extender. Anche la Cina riscopre il valore dei termici 4 cilindri, magari economici e di ridotta cubatura (vibrano meno di certi 3 cilindri eco-spinti da noi a pensionare i 4!) ma utili: lasciano il feeling guida Bev, che piace ai cinesi, ricaricando energia elettrica per la trazione e compensando la batteria. Nulla di non visto anche da noi e già argomentato su MissionFleet parlando di MX-30 Mazda, Nissan o nuove Leapmotor (appunto, cinesi).
Europei in Cina, si adattano al mercato automotive
Ad un salone dove svettano i segmenti medio-grandi e i grandi numeri in genere, per prima volta si contano più abbandoni che new-entry tra i costruttori con stand. Piccole, piccole percentuali ma da capire come potranno evolvere. Anche perché, in Cina la capacità oggi è ancora usata al solo 50% di quanto si potrebbe (con tutte le convenienze ad esportare). I costruttori europei presenti al Salone, soprattutto tedeschi con Audi, BMW e Mercedes, ma anche VW cominciano a fare auto non solo in Cina e per la Cina ma unicamente per la Cina, che è meno conveniente rispetto al passato dove qualcosa si mutuava.
È il caso di cui abbiam scritto per Audi con SAIC: nuovo logo nuovo pianale, su misura per i cinesi. Idem fa VW dove sono solo piccoli loghi a ricordare che le ID lovali hanno un design made in Germany, tutto il resto è Cina.
Insomma: gli esteri devono guadagnare meno e adattarsi, competendo con auto native cinesi che girano ruote a 360°, ballano, fanno proiezioni grazie a sistemi un tempo meccanici divenuti “by wire”. Ma, soprattutto, guardando ai rivolti per noi: ora i cinesi sanno fare e non male anche le auto sportive, da vendere potenzialmente all’estero.
“I costruttori tradizionali sono costretti a mettere in pratica leve drastiche per mantenere (o recuperare) competitività in un mercato che è il primo per volumi e innovazione, ed era fonte di profitti che sono venuti a mancare” commenta Dario Duse, EMEA leader Automotive & Industrial e Country Head Italia di AlixPartners.
Cinesi nel resto del mondo, sono già pronti con Adas e Range extender
Con la cara Europa che è stimata a 18 / 20 milioni massimo di volume annuo, per l’auto, mentre la Cina punta ai 30 con medesimo differenziale crescente, c’è da capire quanto interessi e quanto possano, secondo lotte politiche commerciali, mettersi a fare i fornitori cinesi per il settore estero.
Due gli elementi forti che abbiamo appreso da chi è stato al Salone di Shangai 2025, che possono approdare da noi:
sistemi plugin o range extender da usare su pianali pensati a tutto Bev, come si pensava in Europa fino a ieri;
Adas a volontà, per guida autonoma di un mercato apripista, per ora, anche se non del tutto complementari secondo alcuni.
Il tutto contando che cambiamenti o rivoluzioni, alla fine il prezzo del prodotto auto in Cina è calato: -15% negli ultimi 2 anni, al contrario che da noi. In questo mondo è facile capire chi abbia vantaggi di approccio al mercato dell’altro, politica a parte.
“Dopo l’annuncio di BYD su God’s Eye il 70% dei costruttori occidentali esprime interesse a sviluppare ADAS in collaborazione con fornitori cinesi” commenta Emanuele Cordone, Director della practice Automotive di AlixPartners.
La Cina è primo esportatore mondiale (con 6,4 milioni di veicoli annui) servendo anche metà del mercato russo ormai. I marchi cinesi sempre più importanti in casa loro lo cominciano a essere anche altrove.
Previsioni? Secondo Alixpartners anche un 30% di mercato, potrebbe essere raggiunto in zone come Sud America, Asia e Africa, meno in Europa e molto poco negli Usa. La cosa buona per la filiera è che a tendere, produrranno anche in mercati di approdo e già oggi si vedono molte attività in est Europa, non ancora Italia.
Dazi, motori e multe EU all’automotive
Il tutto si deve combinare ai dazi o gli accordi che ne scaturiranno, a oggi indefinibili e ammortizzati dallo stock. Mentre per i motori, i dati esposti da Alixpartners mostrano come Bev e Phev in EU siano allo stallo, circa 18%, con solo UK e Scandinavia che crescono sempre, mentre l’Italia tende a 5% in coda.
In questi anni si sta anche giocando la partita di bonus e multe per mancato target emissioni, rispetto a quanto previsto dalla UE: i costruttori potrebbero trovarsi a pagare tra 6 e 11 miliardi, secondo la gestione dei crediti (utile a chi come Tesla può cederli) e la dilazione, con se multe si misurano nei tre anni e non ogni anno.