L’Iva diventa detraibile

Durante l’estate il governo ha rivisto la disciplina in tema di detrazione dell’Iva sulle fatture di alberghi e ristoranti. Il provvedimento, che adegua la normativa italiana alle direttive comunitarie, è entrato ufficialmente in vigore il primo settembre (DL 112/2008) e sancisce la piena detraibilità dell’Iva (che ammonta al 10%) sulle spese di vitto e alloggio inerenti all’attività d’impresa o di lavoro autonomo. Si tratta di una svolta considerevole rispetto alla precedente normativa (DPR 633/1972),che consentiva la detrazione solo in caso di spese “inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi” e di “somministrazioni effettuate nei confronti dei datori di lavoro nei locali dell’impresa o in locali adibiti a mensa scolastica, aziendale o interaziendale e delle somministrazioni commesse da imprese che forniscono servizi sostituitivi di mense aziendali” (articolo 19 bis1 del DPR 633/1972). Oggi dunque risulta detraibile l’Iva applicata ai pernottamenti in hotel, alle somministrazioni di cibi e bevande presso bar, ristoranti, pizzerie e altri locali pubblici.
Quali sono le conseguenze pratiche del provvedimento? Affinché le aziende possano usufruire della detrazione, i dipendenti in trasferta dovranno richiedere a ristoratori e albergatori la fattura, al posto della ricevuta fiscale o scontrino. Consentono la detrazione dell’imposta tutte le fatture emesse dal primo settembre, incluse quelle relative ai cosiddetti “contratti di somministrazione”. La normativa, infatti, tiene conto dei casi in cui aziende e fornitori pattuiscono un pagamento periodico delle prestazioni (ad esempio mensile o semestrale) e la ricevuta fiscale con l’indicazione “importo non pagato” emessa serve soltanto a certificare l’avvenuta erogazione del servizio, mentre l’esigibilità e detraibilità dell’imposta sono applicate alla fattura riepilogativa (circolare 97/E del 4 aprile 1997). È considerata detraibile, dunque, l’Iva delle fatture emesse a partire dal primo settembre con riferimento a ricevute fiscali emesse in un periodo precedente, purché riportanti la dicitura “corrispettivo non pagato”.
Per accedere alla detrazione è indispensabile comprovare l’inerenza della spesa con l’attività lavorativa. A questo scopo è bene annotare sul retro della fattura la motivazione della spesa, scrivendo, ad esempio, “trasferta presso la sede del cliente (nome)”. In alternativa, è possibile allegare alla fattura eventuali altri documenti “d’appoggio”, quali ad esempio il biglietto di ingresso a una manifestazione fieristica.
Sono ancora da chiarire, invece, le modalità di intestazione delle fatture. I primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate (circolare 53/E) indicavano come condizione imprescindibile per usufruire della detrazione che la fattura riportasse una doppia intestazione: quella dell’azienda, ma anche quella del soggetto che materialmente aveva usufruito del servizio (il dipendente). Nel prendere atto della posizione dell’Agenzia delle Entrate, si deve rilevare che la doppia intestazione non è mai stata richiesta prima ai fini della imposte dirette. In questo senso, una soluzione alla contestazione potrebbe essere intestare la fattura al beneficiario della detrazione (l’azienda), riportando però i dati del dipendente in una nota allegata.

Documenti riepilogativi e spese di rappresentanza
La legge Iva stabilisce che in caso di importi inferiori a 154,94 euro è possibile, in alternativa alla registrazione di ogni singola fattura, stilare un documento riepilogativo che deve riportare, oltre ai numeri attribuiti alle fatture dal destinatario, anche l’ammontare imponibile complessivo delle operazioni e dell’imposta, distinti secondo l’aliquota. Attenzione, infine, alle cosiddette “spese di rappresentanza” superiori a 25,82 euro, che rimangono indetraibili: nei casi di pranzi o cene di lavoro o di soggiorni di clienti e fornitori in occasioni di visite aziendali o per eventi particolari, come fiere inaugurazioni di punti vendita o show room o presentazione di nuovi prodotti, occorrerà verificare di volta in volta se tali spese sono classificabili come spese di rappresentanza.
Occorre segnalare che i vantaggi derivanti dalla detrazione sono in parte vanificati da una modifica alla disciplina in merito alla deducibilità delle imposte sui redditi. La normativa stabilisce infatti che a partire dal primo gennaio 2009 le spese di vitto e alloggio siano deducibili senza limiti solo se sostenute dai dipendenti in trasferta. In caso di trasferte dei soci di Snc, che non sono annoverabili né tra i dipendenti né tra i collaboratori, la deducibilità del costo scenderà al 75%.

E i dipendenti “barano” sulle note spese
L’abitudine di gonfiare le note spese? È molto più diffusa di quanto si possa pensare. A rivelarlo è un’indagine realizzata dalla società informatica Kds interpellando un campione di aziende con sede in Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. I risultati, pur non riferendosi direttamente al nostro Paese, sono comunque interessanti perché ci consentono di azzardare una stima approssimativa di questo fenomeno anche presso le imprese italiane. Ben il 13% degli intervistati confessa di aver gonfiato le note spese. In particolare, si dedicano a questa pratica il 10% dei nostri “cugini” francesi, il 9% dei business traveller britannici e addirittura un sesto (16%) degli americani. Gli importi in gioco, fortunatamente, sono modesti: nella maggior parte dei casi, infatti, sono inferiori a 50 euro, mentre nel 27% non superano i 10 euro. Osservando i dati relativi alle singole nazioni, però, emergono anche casi di trasgressione più eclatanti: il 7% dei business traveller francesi e il 17% dei britannici, ad esempio, dichiara di aver gonfiato le proprie note spese per importi tra i 50 e i 100 euro. Inoltre, il 17% dei britannici e il 13% degli americani sostengono di aver “arrotondato” le note spese di oltre 500 euro.

Ma qual è l’identikit dei trasgressori? Il 29% appartiene all’Ufficio commerciale/vendite, il 22% alla Direzione generale, il 15% all’area dell’Information Technology e un ulteriore 15% al Marketing. Più ligi al dovere i responsabili degli Acquisti (3%), dell’Amministrazione e Finanza (3%) e delle divisioni R&D, Ricerca e Sviluppo (3%). Quanto ai settori merceologici delle imprese campione, i trasgressori appaiono uniformemente distribuiti in tutte le categorie (agroalimentare, commercio, comunicazioni, servizi pubblici, trasporti, industria pesante): spicca, però, una percentuale del 24% tra i dipendenti delle imprese di information technology.

Il metodo più gettonato per gonfiare le note spese è barare sulle ricevute dei taxi (17%) e sulle percorrenze chilometriche degli autoveicoli di proprietà (19%). Seguono i “ritocchi” alle ricevute dei ristoranti (14%), le dichiarazioni false sugli extra, come i giornali e le bevande(16%), le mance (14%), ma anche il tasso di cambio delle valute (8%) e le spese di connessione a Internet (6%). In particolare, i francesi dimostrano una predilezione per le ricevute dei ristoranti false (20%), mentre gli americani (28%) e i britannici (26%) preferiscono barare sul costo dei taxi.

 

Testo di Valentina Rosselli, Mission n. 8, novembre-dicembre 2008

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