L’hub che non c’è

Il “paese delle 100 piste e di nessun aeroporto”. Così la società di consulenza AT Kearney ha definito l’Italia nello studio “Sviluppo della viabilità e dei trasporti: infrastrutture”. A detta dell’autore, Salvatore Amato, attualmente il sistema aeroportuale del nostro Paese è fanalino di coda rispetto al resto d’Europa a causa dell’assenza di un vero e proprio hub, in grado di attrarre quel traffico passeggeri internazionale con forte propensione alla spesa e, dunque, più profittevole. Per questa ragione i ricavi medi per passeggero dei principali scali nazionali sono più bassi di quelli degli altri aeroporti: quelli di Roma (Fiumicino e Ciampino) si aggirano sui 20 euro, quelli di Milano (Malpensa e Linate) sui 19, contro i 43 euro di Amsterdam Schipol e i 34 delle aerostazioni londinesi (Luton, Stansted e Gatwick, vedi tabella 1 in formato pdf).

Le cause di questo gap sono molteplici: in primo luogo, l’assenza di una precisa politica industriale in tema di aeroporti ha fatto sì che l’Italia non replicasse quel binomio “hub-vettore di riferimento” che ha già decretato la fortuna di numerosi scali europei. Inoltre, le aerostazioni della penisola investono troppo poco: negli ultimi anni la media degli investimenti per passeggero a Milano Malpensa si è attestata a 3,4 euro, mentre quella di Roma Fiumicino(scalo che secondo le stime nel prossimo decennio passerà dagli attuali 30 milioni a circa 50 milioni di passeggeri) è di appena 1,4 euro. Una media davvero modesta, soprattutto se paragonata a quella europea di 7,7 euro.

Va detto, poi, che in Italia il processo di privatizzazione degli scali va a rilento: ad oggi sono parzialmente privatizzati solamente gli aeroporti di Roma, Venezia, Firenze e Napoli, mentre gli scali milanesi sono pubblici per il 99% (vedi grafico in formato pdf). La causa non è da ricercarsi in una scarsa redditività, dal momento che l’Ebitda margin del settore è di circa il 40%, quanto piuttosto nel mancato sviluppo del vettore di riferimento e nella difficoltà da parte degli investitori privati di rispondere alle richieste avanzate dagli Enti Locali – con cui vengono stipulati i contratti di concessione – in termini di sostenibilità politica, economica e sociale. Insomma, è urgente correre ai ripari, e il tempo stringe: secondo gli esperti di AT Kearney, infatti, a partire da 2020 il deficit del sistema aeroportuale italiano potrebbe diventare incolmabile.

La dimostrazione più evidente dei problemi del nostro paese è la tormentata vicenda dell’aeroporto di Malpensa, divenuto parzialmente orfano di Alitalia e costretto ad accantonare una volta per tutte le originarie ambizioni da hub internazionale. Prima di analizzarne i contorni, però, conviene fare un passo indietro e chiarire esattamente che cosa sono gli hub aeroportuali e come sono nati.
Nel 1978, a seguito della deregulation dell’aviazione commerciale introdotta negli Usa, le compagnie aeree statunitensi riprogettarono i propri network. Per ottimizzare la gestione delle rotte e diventare più competitive sostituirono ai tradizionali collegamenti “point-to-point” ilsistema “hub & spoke” (letteralmente “mozzo e raggio”, per analogia con la ruota di bicicletta), che prevedeva che i vettori convogliassero verso un aeroporto principale (l’hub, che in genere coincideva con la base operativa della compagnia) i collegamenti domestici e internazionali, per poi ridistribuirli su tutto il network. La conseguenza più immediata di questa strategia fu ladiminuzione del numero di voli diretti e l’introduzione di scali intermedi presso l’hub aeroportuale. Negli anni Novanta, poi, quando la liberalizzazione del trasporto aereo fu introdotta nel Vecchio continente, questo sistema fu adottato anche dai vettori europei.
Il modello “hub & spoke” consentiva alle compagnie di potenziare il numero delle frequenze, ma anche di ridurre i costi: la concentrazione del traffico e degli investimenti su un unico scalo, infatti, offriva loro l’opportunità di accrescere il proprio potere di acquisto sui servizi aeroportuali. Inoltre, i voli in partenza dagli hub potevano essere operati con aeromobili di maggiori dimensioni, riducendo il costo dei voli per posto-miglio.

Negli ultimi anni questo sistema è entrato in crisi, tanto da indurre gli esperti del settore a ipotizzarne in futuro la scomparsa. A minacciarlo è la rinascita dei voli point-to-point, operati dai low cost. Il modello di business di queste compagnie, infatti, prevede l’apertura di una base aeroportuale, lo sfruttamento intensivo di tutti i possibili collegamenti point-to-point e il passaggio ad altri bacini d’utenza. Ne è un chiaro esempio Ryanair, che lo scorso anno ha raggiunto quota 26 basi operative grazie all’avvio delle operazioni ad Alicante, Belfast, Bristol, Dusseldorf e Valencia. E, secondo i rumors, si appresterebbe a inaugurare a breve la sua seconda base scozzese a Edimburgo. Sempre riguardo all’avanzata dei voli point-to-point, una ricerca condotta dalla società di consulenza Boston Consulting prevedeva che entro il 2025  quasi la metà (43%) dei voli a lungo raggio tra l’Europa e il Nord America saranno point-to-point, mentre questa percentuale salirà addirittura al 73% sulle tratte dall’Asia al Nord America.

Alitalia punta su Fiumicino
Certamente la perdita di competitività del sistema “hub & spoke” è uno dei motivi della crisi dello scalo di Malpensa, ma non è l’unico. Inaugurata nel 1998 per essere il principale hub del Sud Europa, l’aerostazione ha scontato fin dall’inizio una collocazione geografica poco felice. Difficile da raggiungere via terra a causa dei poco efficienti collegamenti stradali e ferroviari, Malpensa non ha mai potuto contare su un proprio bacino d’utenza, visto che  nella Pianura Padana operano in totale ben sette scali aeroportuali, alcuni dei quali (ad esempio Milano Orio) in costante crescita. In più, negli intenti iniziali lo scalo avrebbe dovuto diventare l’hub di Alitalia, ma di fatto ciò non è mai avvenuto. Gli uffici della compagnia, così come anche la logistica, gli equipaggi e la manutenzione, sono sempre rimasti a Roma Fiumicino e Malpensa si è trasformata per il vettore in un onere gravoso, con perdite stimate intorno ai 200 milioni di euro all’anno.

Mentre scriviamo appare ancora incerto il destino di Alitalia: è al centro delle polemiche, infatti,l’offerta del gruppo Air France-Klm, che sembrava il candidato più probabile all’acquisto della compagnia, mentre sta prendendo corpo l’ipotesi di una cordata tutta italiana, che rimetta in giocoAirOne, supportato da un gruppo di banche nazionali. Al contrario, si conosce già in dettaglio il piano dell’ex compagnia di bandiera per ridimensionare l’attività sullo scalo. E puntare, invece, su Roma Fiumicino. “La nuova missione ufficiale di Alitalia – si legge in una nota ufficiale di presentazione del nuovo network per la stagione summer 2008 – si realizza scegliendo come hub di riferimento Roma Fiumicino, centrale rispetto al mercato italiano e bacino ‘naturale’ di traffico, per sfruttare al massimo le caratteristiche di Roma quale grande mercato di destinazione e punto di interconnessione naturale per il traffico italiano e le direttrici Nord Sud. Vengonosospesi i voli operanti sulle rotte non remunerative e, al contempo, si aumentano le connessioni e le frequenze”. In base al nuovo piano la compagnia opererà da Fiumicino 1601 frequenze settimanali, di cui 946 verso 23 destinazioni nazionali, 567 verso 40 mete internazionali e 88 per 14 destinazioni intercontinentali. A seguito dell’annunciato taglio di 180 voli, l’attività sullo scalo di Malpensa si riduce invece a 366 frequenze settimanali, di cui 133 domestiche, 220 internazionali e 13 intercontinentali: un numero inferiore a quello di Linate, da cui saranno operate 499 frequenze. Un duro colpo per Malpensa, anche se Alitalia tende a minimizzarne la portata. Il vettore, infatti, ha fatto sapere che lo scalo rimarrà “un aeroporto chiave della rete Alitalia nel trasporto passeggeri, con un disegno di network che per la prima volta è interamente rivolto alle esigenze del traffico da e per Milano. Malpensa diventa anche il polo di riferimento per il cargo”. Il vettore, inoltre, ha sottolineato che da Malpensa continueranno a essere operati i collegamenti della low cost del gruppo, Volareweb, che con la stagione estiva servirà 23 destinazioni dallo scalo.

Slot vacanti
Intanto, pare che solo 30 degli slot abbandonati da Alitalia abbiano ingolosito le altre compagnie aeree. Si sono candidate a occupare i posti rimasti vacanti circa 12 vettori, tra cui Scandinavian, Air Alps, easyJet, Air Berlin ed Air One.
Tra i vettori che negli ultimi mesi avevano annunciato l’intenzione di scommettere su Malpensa spicca Ryanair, che nel suo “Manifesto per Malpensa” aveva fatto sapere di voler investire 840 milioni di dollari nello scalo, basando nell’aeroporto 12 aeromobili (cinque nel corso di quest’anno, altri quattro nel 2009 e tre nel 2010) e aprendo 50 rotte internazionali e 10 nazionali. «Troppo a lungo le alte tariffe Alitalia hanno limitato la crescita di Malpensa e dell’area di Milano – aveva dichiarato Peter Sherrard, a capo della comunicazione di Ryanair -. Per permettere all’aeroporto e alla regione di prosperare, Malpensa ha necessità di attirare quelle compagnie che sono in grado di realizzare la crescita». L’accordo con Sea, però, non è andato in porto. La società di gestione di Malpensa e Linate ha fatto sapere che l’offerta del low cost irlandese era troppo bassa e quindi impossibile da accettare per non discriminare altri clienti importanti.
Nel frattempo, ha fatto scalpore la richiesta di risarcimento che Sea ha avanzato nei confronti di Alitalia per aver declassato Malpensa da hub a scalo point-to-point. Le perdite derivanti dall’abbandono di 180 slot sono state stimate in 1,2 miliardi di euro.

Malpensa in pillole
750 i voli che ogni giorno fanno rotta sull’aeroporto milanese
24 milioni i passeggeri stimati nel 2007 (+10% sul 2006)
69% la quota dei passeggeri sul totale degli aeroporti milanesi (nel 2006)
85 le compagnie aeree presenti
47% la quota di Alitalia sul totale del traffico
472.000 le tonnellate di merci atterrate e decollate nel 2007 (+17% sul 2006)
Fonte: Sea

Biografia di un scalo
Le tappe fondamentali della storia di Malpensa, dalla nascita agli inizi del secolo al 1998, anno dell’inaugurazione di Malpensa 2000.

1910 – L’area di Malpensa, nella zona di Gallarate, viene utilizzata dalle aziende Agusta e Caproni per far volare i prototipi
1937 – Nasce lo scalo Forlanini di Linate
Prima Guerra Mondiale – Il campo di Malpensa diventa un’apprezzata scuola di volo
1943 – Il campo di Malpensa cade nelle mani dell’esercito tedesco, che vi realizza la prima pista in calcestruzzo, successivamente bombardata
1948 – Viene costituita la società  “Aeroporto di Busto Arsizio S.p.a.- Aeroporto Intercontinentale della Malpensa”, che si assume l’onere di ricostruire la pista in cemento danneggiata dai bombardamenti. Lo scalo cresce, raggiungendo nel 1952 quasi 57mila passeggeri, contro i poco più di 1700 del 1949
1958 – La Sea ottiene dallo stato una concessione trentennale per la gestione di Malpensa e Linate. Vengono avviati lavori per l’ampliamento dello scalo
1985 – Nasce il progetto Malpensa 2000, in parte finanziato dallo Stato
1998 – Viene inaugurato l’aeroporto Malpensa 2000, che ha l’ambizione di diventare uno dei principali hub europei

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