La recente sentenza della Corte di Cassazione, del 17 febbraio 2016, n. 3066 conferma la prassi consolidata che definisce la differenza tra trasferta e trasfertismo. La trasferta si ha quando il datore di lavoro destina il proprio dipendente a svolgere la prestazione di lavoro in un luogo temporaneamente diverso rispetto a quello ordinario e quindi il trattamento fiscale è determinato dal tuir art. 51 comma 5
Il trasfertismo si verifica quando la trasferta è abituale e strutturalmente connessa alla prestazione di lavoro, il lavoratore non ha una sede di lavoro fissa e predeterminata, in quanto è obbligato a continui spostamenti all’interno dell’area di lavoro individuata contrattualmente.
Rispetto alla trasferta, al trasfertista si applica, per quanto riguarda la disciplina fiscale, l’art. 51 comma 6 del Tuir, che prevede una parziale imponibilità delle indennità da trasfertista per cui gli emolumenti rappresentati da specifica indennità erogati ai trasfertisti concorrono a formare reddito, assoggettabile a contribuzione previdenziale, nella misura del 50% del loro ammontare (come previsto dall’art. 51, co. 6, Tuir).
Un caso tipico sono i piloti, i militari, gli installatori del settore metalmeccanico e gli operai edili addetti a cantieri vari.
Pertanto, ai trasfertisti non possono essere riconosciuti, né indennità di trasferte (es. indennità fino a 46,48 euro) né rimborsi spese esenti (es. rimborsi vitto/alloggio/spese di viaggio), in quanto, come detto, opera l’imponibilità al 50% prevista dall’art. 51, co. 6, Tuir.