L’aumento delle tariffe aeroportuali, scattato in Italia dal 1° gennaio (leggi l’articolo pubblicato su Missionline), non piace alla Iata, il massimo organismo internazionale che sovrintende al trasporto aereo e alle politiche ad esso correlate. L’incremento di 2,5 euro a passeggero in transito rappresenta fino a un +38% rispetto a quanto si pagava prima o – numericamente parlando – significa che ogni volta che un viaggiatore transita da un aeroporto italiano, nel suo biglietto saranno inclusi 9 euro di tasse di “Addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aerei” o 10 se lo scalo sono quelli romani di Fiumicino o di Ciampino.
Per questo motivo, un calcolo reso noto dalla Iata e dal suo amministratore delegato e direttore generale Tony Tyler mostra che questo incremento porterà a una perdita secca di 2.300 posti di lavoro ogni anno danneggiando la competitività del sistema Italia, anche a causa delle numerose voci che vanno a comporre il prezzo finale di un biglietto che fa sì che ogni 100 euro spesi, quasi 70 vadano in balzelli.
“Senza alcuna consultazione preventiva – recita una nota Iata – le autorità italiane hanno annunciato l’aumento. Ma nemmeno un centesimo degli introiti extra sarà reinvestito per migliorare i servizi alle compagnie ma sarà dirottato su propositi più generali. Ma quello che è peggio è che tale incremento provocherà danni agli italiani e all’economia del loro paese, con una riduzione del numero di viaggiatori stimato nell’ordine di 755.000 unità e una pedita di 146 milioni di euro all’anno”.
Invece di aumentare le tasse aeroportuali – che vanno direttamente nelle casse dei comuni sui quali si trovano gli scali – la Iata suggerisce al governo italiano di pensare a politiche che incoraggino la crescita di collegamenti aerei che – è provato – concorrono fortemente all’aumento dell’innovazione, delle attività culturali e dell’occupazione con una percentuale stabilita internazionalmente in “un posto di lavoro ogni 1.000 passeggeri”.
Tony Tyler rimarca anche che il governo italiano dovrebbe iniziare una politica di “revisione della motivazione che sta alla base delle tasse aeroportuali“, fino ad arrivare a una sua totale cancellazione. “I vettori e i passeggeri non dovrebbero rappresentare una forma di introito per nessuno Stato” gli ha fatto eco Rafael Schvartzman, vicepresidente Europa di Iata.
L’organismo porta poi a esempio altri paesi della Ue come Olanda e Irlanda, dove la rimozione delle tasse ha incrementato il traffico aereo e ha avuto ricadute positive sull’economia di quei paesi. Iata ha concluso dicendo che l’Italia ha altre questioni relative alla normativa e alle tasse aeroportuali che dovrebbero essere discusse tra gli addetti ai lavori, allo scopo di aumentare la competitività di un settore che – dal 1995 a oggi – ha visto le tariffe aeree diminuire del 61% a livello globale soprattutto per le politiche intelligenti di vettori, alcuni dei quali avrebbero già chiesto a Bruxelles di rivedere (al ribasso) le addizionali.