La relazione di Fabio Corno, professore di economia aziendale presso l’Università Liuc di Castellanza e dottore commercialista, aveva un duplice obiettivo: da un lato, offrire un quadro chiaro ed esauriente dell’attuale normativa fiscale in materia di trasferte e note spese; dall’altro, ipotizzare una soluzione tecnica da sottoporre al ministero delle Finanze per conferire piena validità all’estratto conto della carta di credito. Dopo aver chiarito il concetto di “trasferta”, Corno ha approfondito il trattamento dei rimborsi spese: «Due sono i capisaldi della normativa fiscale in materia – ha spiegato – a seconda che parliamo di tassazione in capo al lavoratore o di deducibilità dei costi per l’azienda: il primo aspetto è disciplinato dall’articolo 51 del Tuir (Dpr 917/86), il secondo dal successivo articolo 95. Secondo l’art. 51, le indennità o i rimborsi spese per missioni nell’ambito del territorio comunale concorrono a formare il reddito del dipendente/collaboratore, ad eccezione dei rimborsi per spese di trasporto comprovate da documenti provenienti direttamente dal vettore (biglietti tram, ricevuta taxi ecc.). Per quanto riguarda invece le trasferte fuori dal territorio comunale, il legislatore prevede tre modalità di rimborso (indennità forfetaria, rimborso analitico e rimborso misto) e diversi limiti entro i quali gli importi non concorrono alla formazione dell’imponibile Irpef del percipiente».
Per quanto riguarda la deducibilità dei rimborsi in capo alle aziende, «L’articolo 95 del Tuir – ha sottolineato Corno – prevede un tetto per la deducibilità delle spese di vitto e alloggio sostenute nel corso di trasferte effettuate fuori dal territorio comunale. Qualora quindi vengano corrisposti importi superiori a tali limiti, il datore di lavoro non potrà dedurre fiscalmente la quota eccedente. Con riferimento invece alle spese di trasporto, esse sono sempre deducibili (con precisi limiti in caso di autorizzazione all’utilizzo di un veicolo di proprietà o noleggiato appositamente per la trasferta)».
Ma come debbono essere documentate le spese? «Il Ministero – ha affermato Corno – ha più volte ribadito che la dichiarazione del dipendente in merito ai costi sostenuti deve essere ritenuta, in generale, veritiera e quindi idonea a comprovare le spese. Ma, ai fini della deducibilità del costo da parte del datore di lavoro, la nota spese deve essere accompagnata da una serie di documenti (fatture, scontrini, ricevute)». Eccoci dunque al cuore del problema: l’attuale necessità di raccogliere, controllare, spuntare, registrare e archiviare le famose “pezze giustificative”. Adempimenti che richiedono e “sprecano” tempo e danaro e che potrebbero essere eliminati, o comunque alleggeriti, grazie al pagamento con carta di credito e alla trasmissione elettronica dei dati. «Oggi però, – ha spiegato Corno – nonostante l’utilizzo delle carte di credito aziendali da parte dei dipendenti in trasferta sia stato ritenuto ammissibile ai fini fiscali, sia in termini di imposte dirette sia di Iva (vedi le Risoluzioni Ministeriali 27 febbraio 1973 prot. 526929 e 5 ottobre 1985 prot. 727), l’estratto conto della carta di credito non è ritenuto sufficiente in caso di verifica». Come fare allora perché questo documento acquisisca piena validità fiscale? «Qualunque ipotesi – ha sottolineato Corno – deve rispettare due principi chiave sanciti dall’art. 109 del Tuir: da un lato, l’inerenza, ossia il riferimento ad attività da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa imponibile. Dall’altro, la certezza e determinabilità dei costi e delle spese, e quindi l’obbligo di fornire documentazione “idonea” per provare in modo inequivocabile che la spesa è stata sostenuta nell’espletamento dell’attività richiesta dal datore di lavoro.
«Tenendo ben presenti questi capisaldi – ha continuato Corno – abbiamo ipotizzato una soluzione tecnica da proporre all’Amministrazione Finanziaria per far sì che l’estratto conto abbia validità fiscale. Tale ipotesi prevede in primo luogo che la carta di credito sia intestata alla società e contraddistinta da un codice identificativo del dipendente cui è assegnata; secondariamente, che ad ogni acquisto il sistema informativo sia in grado di registrare tutti i dati richiesti dalla normativa per la predisposizione delle fatture o degli adeguati documenti sostitutivi; ancora, che la società emittente la carta di credito predisponga e invii all’azienda cliente oltre all’attuale estratto conto “sintetico”, anche un estratto conto dettagliato in formato elettronico che rimandi alle singole fatture con tutti i dati di dettaglio richiesti dalla legislazione tributaria vigente; infine, che la società cliente, pur continuando a registrare le operazioni dal documento sintetico – senza modificare quindi l’attuale prassi amministrativa -, mantenga un archivio elettronico permanente da cui sia possibile estrarre in qualunque momento e in modo univoco i dati di dettaglio». Basterà al Ministero?