Quale la normativa fiscale in materia di trasferte e note spese? La relazione di Alessandra Di Nasso dello Studio Corno.
«Prima di tutto – afferma Alessandra Di Nasso, dello Studio Corno – occorre definire il termine trasferta, che secondo il legislatore indica una prestazione di lavoro compiuta temporaneamente in un luogo diverso da quello in cui abitualmente il lavoratore è chiamato a svolgere la propria prestazione professionale. Solitamente, il luogo di lavoro del dipendente coincide con il territorio comunale nel quale si trova l’azienda ed è specificato sulla lettera di assunzione, oppure, nel caso il lavoratore sia un amministratore, è definito in sede di assemblea. Infine, se il lavoratore ha un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, la sede di lavoro è stabilita dalla lettera di incarico, o da una convenzione, o da un contratto. Talvolta può accadere che non sia possibile stabilire precisamente il luogo di lavoro: in questo caso esso coinciderà con il domicilio fiscale del collaboratore.
Il rimborso spese
Connesso al concetto di trasferta è il tema del rimborso spese, ampiamente disciplinato dagli articoli 48 e 62 del Tuir (Dpr 917/86) dedicati, rispettivamente, alla formazione del reddito di lavoro dipendente (ovvero, il reddito imponibile ai fini Irpef) e a quella del reddito di impresa (in altre parole, l’insieme dei “paletti” che l’azienda ha per la deducibilità dei costi connessi alle trasferte).
Vediamo dunque in dettaglio le modalità di rimborso previste nell’articolo 48. «Prima di tutto, va chiarito che l’indennità di trasferta ha una duplice natura. E’ “risarcitoria”, qualora abbia lo scopo di risarcire il dipendente del disagio causato dalla missione, e “retributiva” per la parte che eccede i limiti giornalieri stabiliti dalla norma.
Tre modalità di rimborso
«Detto ciò – prosegue Di Nasso -, vi sono tre modalità di rimborso delle spese di viaggio: l’indennità forfetaria, il rimborso analitico e il rimborso misto. L’indennità forfetaria è un’indennità fissa riconosciuta al dipendente per il disagio che la trasferta gli ha arrecato. In questo caso, il lavoratore non è tenuto a comunicare al datore di lavoro le spese sostenute durante la missione. Tale indennità non concorre alla formazione della base imponibile ai fini Irpef se non supera l’importo di 46,48 euro al giorno per le trasferte in Italia e 77,47 euro per quelle all’estero. In caso sia previsto un rimborso delle spese di vitto o alloggio, o in caso di vitto e alloggio gratuiti, questo tetto è ridotto di un terzo. La riduzione è invece di due terzi qualora vengano rimborsate sia le spese di alloggio sia quelle di vitto.
«Il rimborso analitico, altrimenti detto “a piè di lista” – afferma la Di Nasso – prevede, invece, che il dipendente fornisca al datore di lavoro un resoconto dettagliato delle spese affrontate durante il viaggio. Ma in che modo debbono essere documentate le spese? Il ministero ha più volte affermato che la dichiarazione del dipendente in merito ai costi sostenuti deve essere ritenuta, in generale, veritiera e quindi idonea a comprovare le spese. Premesso questo, va detto che tale dichiarazione deve essere sostenuta da una serie di documenti che andranno debitamente allegati alla nota spese: fatture, scontrini, ricevute fiscali. Questi documenti, per essere considerati validi ai fini della deducibilità, dovranno essere intestati al dipendente e riportare il codice fiscale. Infine, il comma 5 dell’articolo 48 stabilisce che, in caso di rimborso analitico, non concorre a formare reddito il rimborso di altre spese – anche se non documentabili – fino a un importo massimo di 15,49 euro al giorno (25,82 euro per trasferte all’estero). Queste spese dovranno essere analiticamente attestate dal dipendente.
«Infine, il rimborso misto prevede un’indennità fissa più un rimborso analitico. In questo caso l’indennità forfetaria non concorre alla formazione dell’imponibile Irpef purché non superi i 30,99 euro al giorno (51,65 per trasferte all’estero) se è previsto un rimborso analitico delle spese di vitto o di alloggio, e i 15,49 euro al giorno (25,82 euro per trasferte all’estero) in caso vengano rimborsate sia le spese di vitto sia quelle di alloggio».
L’articolo 62 del Tuir
Ed eccoci all’articolo 62 del Tuir (Dpr 917/86), dedicato alla deducibilità delle spese in capo alle aziende. «Occorre premettere – dichiara Di Nasso – che per il datore di lavoro le spese di viaggio sono sempre deducibili, purché adeguatamente documentate, eccezion fatta per le limitazioni poste dall’articolo 62. Che prevede una deducibilità massima per spese di vitto e alloggio sostenute nel corso di trasferte da parte di lavoratori dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi pari a 180,76 euro (258,23 euro in caso di viaggi all’estero).
Casi specifici
«E veniamo ad alcuni casi specifici – prosegue la Di Nasso -, quali, ad esempio, il rimborso per l’utilizzo in caso di trasferta di un veicolo di proprietà del dipendente oppure noleggiato appositamente. In questo caso la spesa deducibile è limitata al costo di percorrenza (calcolato in base alle tabelle Aci o concordato preventivamente con il datore di lavoro) o alle tariffe di noleggio (per autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, 20 con motore diesel). Un altro caso particolare è quello delle spese di viaggio sostenute per raggiungere il posto di lavoro da casa. Qualora sia previsto un rimborso, esso assumerà natura retributiva e sarà quindi assoggettato ai fini Irpef».
I liberi professionisti
L’ultima parte della relazione riguarda la categoria dei liberi professionisti, per i quali è previsto un doppio tipo di rimborso. Nel caso di spese anticipate in nome e per conto del cliente – che devono trovare specifico riscontro documentale – i rimborsi non concorrono a formare la base imponibile né ai fini Iva né ai fini Irpef; nel caso, invece, si tratti di spese maturate nell’ambito dello svolgimento dell’attività professionale (es. alberghi, ristoranti ecc.) vengono considerate spese inerenti la produzione del reddito di lavoro autonomo e concorrono, quindi, a formare la base imponibile sia ai fini dell’Iva sia delle imposte dirette».
Gli interventi in sala
L’intervento suscita la viva curiosità dei presenti in sala. Apre il dibattito Matteo Arpini, dell’Ufficio contabilità di Microsoft. «Vorrei sapere se anche all’interno del comune sono ammessi rimborsi chilometrici». «No – risponde Di Nasso -, essi vengono sempre considerati come retribuzione vera e propria sia ai fini Irpef sia previdenziali».
Interviene Massimo Gemelli, dell’agenzia di viaggi Bopa: «la mia domanda riguarda gli e-ticket. Il dipendente deve esibire come ricevuta fiscalmente valida il foglio che gli viene consegnato dall’agenzia o quello che gli viene rilasciato in aeroporto dalla compagnia aerea?». «Ritengo – risponde Di Nasso – che debba ritenersi valido il documento rilasciato dalla compagnia aerea. Per sicurezza, è bene allegare entrambi alla nota spese».
«E lo scontrino della carta di credito? Può essere ritenuto una ricevuta fiscalmente valida?» domanda Francesco Sottosanti di The Knowledge Team. «Lo scontrino della carta di credito – spiega Di Nasso – può essere considerato un documento alternativo allo scontrino fiscale solo se è “parlante”, ovvero se riporta indicazioni riguardo alle categorie merceologiche acquistate dal lavoratore».