I business traveller sono sempre più tecnologici. La prova è arrivata, lo scorso luglio, dalla pubblicazione di The Business Traveler Market Segmentation Study, ricerca condotta dalla Gbta, Global Business TravelAssociation Foundation. Secondo la survey, infatti, i due terzi di chi viaggia per lavoro lo fa con dotazioni tecnologiche di ultima generazione come portatili, tablet e smartphone e desidera essere sempre connesso non solo per aumentare maggiormente la produttività, ma anche per rimanere in contatto diretto con familiari e amici. Ma quali sono gli strumenti e le modalità con cui chi viaggia riesce a rimanere sempre e comunque in relazione con il proprio mondo di riferimento? Lo studio individua cinque identikit di business traveller sulla base di dati demografici, obiettivi di viaggio e, appunto, utilizzo della tecnologia. Ecco, allora, “i veterani”, categoria che rappresenta un terzo dei viaggiatori. Per loro, che compiono mediamente 12 viaggi di lavoro all’anno e che nell’88% dei casi hanno più di 35 anni, il laptop è indispensabile, quasi una parte di sé. Per “gli stanchi”, un quarto del totale con 15 viaggi annuali e un’età che, per il 74%, supera i 35 anni, l’accessorio fondamentale è il navigatore Gps. Seguono poi “gli ansiosi” (11 viaggi in media), “gli entusiasti” (media di 13 viaggi) che adorano le nuove tecnologie come i tablet e le “nuove reclute” che, compiendo 14 viaggi all’anno, hanno nel 98% dei casi meno di 55 anni e si tengono in contatto attraverso i social media. Le leve più giovani, dunque, pensano e vivono social, anche professionalmente. E il processo ha tutta l’aria di essere di quelli storici e senza ritorno, capaci di mutare regole e abitudini. LinkedIn, Facebook, Twitter… l’universo social è infatti in continua espansione ed evoluzione con risvolti sempre più interessanti anche per il settore del business travel e della meeting industry.
Futuro in crescita
Secondo i dati forniti da American Express Business Travel eXpert insights Research 2010, ottenuti analizzando le risposte di circa 100 travel manager, il 50 % delle aziende statunitensi utilizza i social media per la gestione dei viaggi, una percentuale che cresce di nove punti se si considerano le aziende di medie dimensioni. Nel dettaglio, vediamo che il 42% degli intervistati utilizza i nuovi strumenti per individuare e scegliere fornitori e servizi e che il 63% di coloro che si servono dei social media si è spinto oltre tanto da aver istituito un sito interno e realizzato una community per supportare il miglioramento della gestione dei viaggi, mentre il 41% monitora i siti social per assicurare la conformità alle travel policy e il 41% pubblica informazioni sui viaggi. Quali sono, però, i social media più utilizzati? Le aziende con una spesa in air travel compresa tra 10 e 20 milioni di dollari mettono in cima alla classifica LinkedIn e Facebook, mentre quelle che spendono 20 o più milioni di dollari prediligono Twitter e TripAdvisor. Spostando poi lo sguardo sul vicino mondo dei meeting planner, ecco che Facebook e Twitter sono i social network più utilizzati, guadagnandosi rispettivamente l’84 e il 61% delle preferenze, numeri che emergono dalla ricerca Social Media and Event Report 2011 pubblicata a fine estate da Amiando, fornitore internazionale di software per la gestione delle registrazioni e del ticketing per eventi sui social media. La survey, basata su interviste a un campione di mille professionisti di lingua tedesca e inglese, mette in evidenza come questi canali non solo siano diffusi in maniera capillare (solo il 5% degli intervistati non li utilizza) ma siano anche visti e percepiti come strumenti in crescita: l’82% del panel, infatti, dichiara che in futuro la sua attività sui social media sarà sempre più intensa.
Questioni aperte
In un bell’articolo pubblicato dalla testata statunitense Inc. magazine si analizza come i social network abbiano cambiato la vita di tutti, business traveller compresi, partendo dal fatto che il 18% dei consumatori utilizza siti di social network ancora prima di essersi alzato dal letto, complici gli smartphone (fonte studio Ericsson Cosumerlab, maggio 2011). E, in effetti, attraverso i social è possibile non solo stabilire contatti con colleghi per scambi di strategie e consigli, ma anche essere aggiornati sulle proposte commerciali di fornitori, godendo di agevolazioni economiche grazie a tariffe competitive proposte, per esempio, da compagnie aeree, hotel e catene alberghiere attraverso le loro attività di comunicazione e marketing sui social di riferimento. Non solo: non mancano iniziative ad hoc, come quella recentemente proposta da Four Points di Sheraton. Il marchio del gruppo Starwood aveva infatti indetto un concorso attraverso la propria pagina ufficiale su Facebook che permetteva ai business traveller canadesi e statunitensi di vincere un premio finale 25mila dollari oltre a soggiorni in hotel. La competizione, terminata il 10 agosto, consisteva nell’inviare un racconto che, attraverso 500 parole, descrivesse l’aneddoto di lavoro più divertente accaduto durante un viaggio d’affari. Una sfida letteraria il cui vincitore è stato decretato dai fan della pagina di Facebook attraverso l’opzione “Like”.
Un’idea sicuramente nuova e simpatica non indenne, però, da rischi, come quelli evidenziati in un articolo dedicato all’iniziativa pubblicato a luglio da The Economist. I dubbi espressi nell’articolo ruotano fondamentalmente intorno al concetto di privacy e di reputazione: chi ha pubblicato un racconto salace sulla pagina Facebook del concorso si è esposto pubblicamente anche a datori di lavoro attuali o potenziali, senza trascurare colleghi e competitor… Se la tutela della vita privata rende alcuni refrattari all’utilizzo dei social media, vediamo che AmEx Survey ha messo in luce quelli che sono gli ostacoli alla diffusione dei nuovi strumenti di comunicazione in azienda. Il 22% degli intervistati, per esempio, ha dichiarato che l’accesso ai social media è impedito per policy aziendale; il 15% sostiene di non avere fiducia nelle informazioni trovate con questi strumenti, mentre il 13% attribuisce al “fenomeno social” la perdita di produttività.
Frontiera mobilità
Per i social network, dunque, vale la regola secondo la quale nulla è positivo o negativo in senso assoluto: dipende dall’uso che se ne fa. E che Facebook & C. possano riservare sorprese piacevoli per i business traveller è confermato anche dalla ricerca dedicata alla mobilità integrata condotta da diciottofebbraio, società di consulenza di direzione per il settore aviation, per Carlson Wagonlit Travel. Lo studio, presentato a Milano lo scorso maggio, ha coinvolto 80 travel manager con lo scopo di esplorare il sentimento e la valutazione delle soluzioni di mobilità integrata offerte dagli operatori italiani alla clientela domestica. E anche i social network giocano il loro ruolo, amplificando la possibilità di crescita della domanda di mobilità integrata grazie al passaparola virtuale possibile tra i manager delle aziende. Non solo: sempre i social network possono svolgere un importante servizio informativo in tempo reale, segnalando al manager eventi in corso (scioperi, disagi meteo) e suggerendo modalità di viaggio differenti. «Al momento sembra emergere dagli intervistati un apprezzamento in via di principio per le potenzialità di supporto al tema della mobilità integrata estesa che i social network possono produrre, piuttosto che un’efficacia puntuale già implementata e misurata», precisa Elena Carbone, senior manager di diciottofebbraio e responsabile del progetto. Quali sono, in quest’ottica, i social network più utili per il campione preso in esame? «Il 90% degli intervistati converge su Facebook (37,11%), LinkedIn (31,96%) e Twitter (20,62%), in funzione chiaramente della maggiore copertura di mercato da questi raggiunta. Il restante 10% è invece polverizzato in nomi meno noti. Soprattutto nel caso di Facebook, tuttavia, la menzione da parte degli intervistati potrebbe essere influenzata anche dall’utilizzo per motivi personali e non solo professionali».
Le aziende italiane sono consapevoli del valore dei social network come strumenti di conoscenza/scambio? «Il problema non risiede tanto nel grado di consapevolezza, quanto nelle policy delle imprese che non autorizzano i loro collaboratori all’utilizzo in senso lato dei social network nell’ambito dell’attività lavorativa: un fenomeno che abbiamo misurato in termini di circa il 10% del totale del campione intervistato. Alcune imprese, peraltro, stanno dando vita a progettualità verso “social network interni”, sviluppati per permettere il dialogo alla sola platea dei propri collaboratori e chiusi a terzi interventi».
Vocazione business
È online dalla scorsa primavera ed è la nuova sfida del mondo del business travel ai social network. È www.whenthemeetingsover.com, fondato da Stuart Dawson secondo il quale. «LinkedIn è sorprendente per la costruzione di una rete professionale e la creazione di business ma manca dell’elemento umano; al contrario, Facebook è stupefacente sul fronte del tocco umano ma non si presta al business». Dawson è convinto che la sua creatura possa diventare il punto di riferimento di un target adulto e professionale e che abbia le potenzialità per essere visto di buon occhio anche dalle aziende che non vogliono vedere schermate bianche e blu (i colori di Facebook) sui computer dei propri dipendenti. Il nuovo sito, che sta registrando un buon interesse soprattutto in Australia e negli Stati Uniti, permette lo scambio di idee e consigli tra viaggiatori d’affari e prevede azioni di co-marketing con brand dei settori dell’ospitalità e dell’aviazione.
Accade in Italia
• Gli utenti italiani che utilizzano i social network sono membri di almeno due network.
• Tre quarti degli utilizzatori visitano il proprio network giornalmente.
• Il 29% degli utilizzatori dei social network è un fan/follower di un’azienda o di un brand.
• Il 50% degli utilizzatori di Twitter e l’80% degli utenti di Facebook usa i social media per informarsi su brand e aziende.
• Gli utilizzatori di Twitter condividono i contenuti più frequentemente (21%) rispetto agli utilizzatori degli altri social network.
(fonte: European Social Media and Email Monitoring 2010- eCircle)
Testo di Simona Parini, Mission n. 6, ottobre 2011