Di odio e amore. Così si potrebbero definire i rapporti tra i vettori e i gestori degli scali. Se da un lato, infatti, il mercato aeroportuale negli ultimi anni è stato caratterizzato da fruttuose partnership stipulate tra le aerostazioni regionali e le compagnie aeree a basso costo (accordi commerciali e di marketing congiunto che, oltre a consentire alle low cost di promuovere meglio le proprie rotte e di “strappare” tariffe più convenienti sui servizi di handling, rappresentano una straordinaria opportunità di crescita per gli scali minori, che attraggono un maggior numero di passeggeri), dall’altro il settore è periodicamente scosso da polemiche sui costi eccessivi e sull’inadeguatezza dei servizi offerti dalle società di gestione. L’ultima querelle risale alla scorsa estate, quando i vettori British Airways e Ryanair sono insorti contro BAA, società di gestione di tre degli aeroporti londinesi (Heathrow, Gatwick e Stansted). A detta delle compagnie, BAA sarebbe colpevole di non aver saputo gestire in maniera efficiente le rigide procedure di sicurezza introdotte negli scali il 10 agosto, dopo il colossale attentato terroristico sventato dalla Polizia britannica. Per diversi giorni, infatti, i vettori sarebbero stati costretti a “stravolgere” gli orari delle partenze a causa dei drammatici ritardi provocati dai controlli, subendo danni economici rilevanti.
Anche Gianni Bisignani, ceo della Iata (International air transport association) si è schierato contro la società di gestione, sottolineando che essa avrebbe dovuto affrontare meglio l’emergenza, richiedendo se necessario l’assistenza delle autorità di sicurezza nazionale o dell’esercito. Al coro di critiche, inoltre, si è aggiunta la Fto, federazione dei tour operator britannica. «Siamo delusi dalle incongrue politiche aeroportuali, che hanno arrecato ai consumatori più disagio di quanto sarebbe stato necessario – ha dichiarato Ian Ailles, chairman della federazione -. Nelle prossime settimane richiederemo un’inchiesta indipendente sul modo in cui questa crisi è stata gestita da tutte le parti coinvolte».
Accuse di monopolio
A questo malumore, in realtà, se ne aggiunge un altro di più vecchia data. Già da tempo infatti, i vettori accusano BAA di monopolio. Attraverso il controllo degli scali di Heathrow, Gatwick e Stansted, infatti, attualmente la società (che di recente è stata acquistata dal gruppo spagnolo Ferrovial) gestisce il 92% del traffico nell’area di Londra, l’86% di quello scozzese e il 63% di quello della Gran Bretagna. Una situazione che ha indotto l’OFT (Office of fair trading), l’antitrust inglese, ad avviare un’inchiesta per appurare gli eventuali rischi per la libera concorrenza. «Siamo lieti dell’indagine di OFT sull’attuale proprietà di monopolio degli aeroporti di Heathrow, Gatwick e Stansted – ha dichiarato Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair -. I monopoli non funzionano e non vengono incontro alle necessità dei consumatori. Una concorrenza reale tra questi tre aeroporti comporterebbe una riduzione dei costi aeroportuali e un miglioramento dei servizi ai passeggeri. Ryanair continuerà a fare campagna per spezzare il monopolio di BAA, che per molti anni ha causato costi elevati per i passeggeri e pessimi servizi negli aeroporti di Londra».
«L’Antitrust giocherà un ruolo importante nel futuro degli aeroporti britannici – ha affermato inoltre Willie Walsh, chief executive di British Airways -. Due distinte proprietà per Heathrow e Gatwick renderebbero lo sviluppo delle infrastrutture di questi scali più rispondenti alle necessità dei vettori e dei consumatori, e la crescita di ogni singolo aeroporto non verrebbe frenata dalle esigenze commerciali della società che detiene il monopolio».
La querelle italiana
La “guerra” tra società di gestione aeroportuali e vettori non riguarda soltanto il mercato britannico. Anche nel nostro Paese, nei mesi scorsi, è scoppiata una polemica incentrata sul rispetto dellaLegge 248/2005 sui Requisiti di Sistema. La normativa, varata lo scorso anno, raccoglieva una critica mossa dall’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato), secondo la quale nella quasi totalità dei casi le tariffe dei servizi aeroportuali venivano stabilite dai gestori in maniera arbitraria e poco trasparente. Per riequilibrare il rapporto tra linee aeree e scali la legge prevedeva che le società di gestione smettessero di applicare una maggiorazione dei 50% sui diritti di approdo e decollo nelle ore notturne e non addebitassero più ai vettori le royalty sulle forniture di carburante e servizi di catering. Per agevolare la trasparenza, inoltre, la normativa prevedeva l’applicazione di penali nei confronti delle società di gestione che non adottassero un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisioni contabile, che permettesse di individuare esattamente i costi e ricavi relativi a ciascun servizio offerto. Infine, essa stabiliva che il canone di concessione pagato dai gestori aeroportuali venisse ridotto del75%: un risparmio di 42 milioni di euro volto a diminuire i diritti aeroportuali versati dalle compagnie aeree.
Lo scorso marzo, però, l’Ibar (Italian board airlines representatives), associazione che raggruppa 80 vettori stranieri operanti in Italia, ha reso nota la decisione di denunciare al Tar del Lazio la mancata applicazione di questa normativa da parte delle società di gestione. «La Legge 248/2005 ha dichiarato Massimo Giordano, consulente legale dell’Ibar – è una risposta forte delle istituzioni ai gravi problemi delle gestioni aeroportuali, da sempre caratterizzate da un vero e proprio strapotere dei gestori». A detta del legale, l’Ibar ha più volte denunciato presso le sedi istituzionali «il perdurare di corrispettivi aeroportuali illegittimi e non più accettabili alla luce dello sviluppo della normativa del settore, come anche il livello esorbitante delle tariffe e la tendenza dei gestori a puntare più sulle attività commerciali che su quelle aeroportuali per le quali sono istituzionalmente predisposte».
«Il vettore aereo è l’attore centrale del sistema del trasporto aereo – ha aggiunto Patrick Trancu, portavoce dell’Ibar -. Oggi le compagnie aeree si confrontano con un mercato sempre più complesso, dove i margini si comprimono di anno in anno e i costi, anche a causa del prezzo del carburante, lievitano. In queste condizioni non è possibile per le compagnie aeree sostenere oneri impropri e illegittimi per servizi non resi da parte di gestori che, di fatto, operano in condizioni di monopolio».
La risposta di Assaeroporti, Associazione italiana gestori aeroporti, non si è fatta attendere. In una nota ufficiale Giovanni Maniscalco, presidente dell’associazione, ha dichiarato che «è paradossale che un’associazione di categoria come l’Ibar, la quale rappresenta gli interessi dei vettori stranieri operanti in Italia, accusi i gestori aeroportuali di lobbysmo spregiudicato allorché è stato approvato un decreto legge certamente a favore dei vettori e non degli aeroporti. È Assaeroporti a dover porre in essere delle azioni contro coloro che attraverso misure lobbystiche sono riusciti a far approvare un decreto legge che sconvolge l’intero sistema aeroportuale». Il Consiglio Direttivo di Assaeroporti ha poi annunciato l’intenzione di avviare un’analisi approfondita del decreto, al fine di tutelare al meglio gli interessi delle società di gestione. Tra le ipotesi sul piatto, anche una richiesta al Presidente della Repubblica di sospensione del decreto legge, rivelatosi uno strumento inefficace per il riassetto del settore dell’Aviazione Civile.
La necessità di una regolamentazione efficiente del settore emerge da uno studio realizzato da Assaereo, Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo, in collaborazione con Certet, Centro di economia regionale, trasporti e turismo dell’Università Bocconi. Lo studio sottolinea che a livello europeo tutte le principali compagnie aeree, negli ultimi anni, sono riuscite a ridurre i propri costi operativi per passeggero (a eccezione dei costi di carburante). Questa razionalizzazione però, è stata in parte vanificata dal costante incremento dei costi di utilizzo delle infrastrutture aeroportuali: tra il 2001 e il 2005, ad esempio, il gruppo Air France-Klm ha diminuito i costi operativi del 7,3%. In compenso i costi connessi ai servizi aeroportuali sono cresciuti del 10,7%. Nonostante adottino un modello di business spartano, il problema riguarda anche le compagnie low cost: dal 1999 al 2005 l’incidenza dei costi aeroportuali sui ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti è salita dal 9 al 18,3% per easyJet e dal 13 al 15,8% per Ryanair.
Bagagli smarriti
Negli ultimi mesi gli aeroporti sono finiti nell’occhio del ciclone anche a causa dell’inefficiente gestione dei bagagli. Sotto accusa, tra le altre aerostazioni, la Sea (la società di gestione degli scali di Malpensa e Linate), che lo scorso settembre ha ricevuto una dura lettera di protesta dall’Aoc (Airline operators commettee, l’associazione delle compagnie aeree che operano negli scali del capoluogo lombardo). Nel documento si denunciava il malfunzionamento del Bhs (il sistema di smistamento dei bagagli) presso i Terminal 1 e 2 di Malpensa. E le compagnie aeree annunciavano l’intenzione di richiedere un risarcimento per i danni subiti, se i disservizi non fossero stati rapidamente risolti.
I ripetuti smarrimenti e ritardi nelle consegne dei bagagli hanno indotto l’Enac, Ente nazionale per l’aviazione civile, ad avviare verifiche straordinarie sulla gestione dei bagagli nei principali scali italiani. Sotto esame le società di handling dell’aeroporto di Fiumicino, di Palermo e di Linate.
In attesa che vengano accertate procedure e responsabilità, alcuni vettori cercano nuovi strumenti per migliorare il servizio. Lo scorso luglio, ad esempio, Air France ha avviato la sperimentazione di etichette identificative a radio frequenze (RFID, Radio frequency identification) da applicare sul bagaglio dei passeggeri in volo sulla tratta Parigi Charles De Gaulle-Amsterdam Schipol. Il sistema dovrebbe consentire alla compagnia aerea di localizzare le valigie in tempo reale e di velocizzare i tempi di consegna ai passeggeri.
Peccato che, secondo una ricerca condotta dalla Sita, fornitore di soluzioni tecnologiche per il trasporto aereo, questa tecnologia non sia destinata a diffondersi i tempi rapidi. Alla fine del 2005, infatti, solo il 6% dei 200 scali presi in esame disponeva di questo tipo di servizio. Ed è probabile che per assistere a un reale impatto del sistema RFID sul sistema aeroportuale occorra attendere il 2009.
Mission N. 7, ottobre 2006 – testo di Arianna De Nittis