Non c’è pace per le compagnie aeree. Dopo essersi lasciate alle spalle la crisi economica internazionale e le perdite causate dalla nube vulcanica, oggi si trovano a dover affrontare il vertiginoso rincaro del carburante. Un problema non da poco, visto che secondo Iata, International Air Transport Association, attualmente il jet fuel pesa per ben il 29% sui costi operativi dei vettori. Sempre a detta di Iata, l’aumento del carburante eroderà in maniera significativa i profitti netti delle aerolinee nel corso di quest’anno: l’associazione ha rivisto al ribasso le previsioni sugli introiti portandole a 8,6 miliardi di dollari, contro i 9,1 stimati nel dicembre 2010. Si tratta di una flessione del 46% rispetto ai 16 miliardi incassati dalle compagnie lo scorso anno. «L’instabilità politica nel Medio Oriente ha fatto schizzare il prezzo del petrolio a oltre 100 dollari al barile – ha dichiarato Gianni Bisignani, direttore generale e ceo di Iata -. Un incremento considerevole rispetto agli 84 dollari al barile che avevamo previsto in dicembre. Al contempo, le previsioni relative all’economia mondiale indicano per quest’anno una crescita di circa il 3,1%, ovvero lo 0,5% in più rispetto a quanto avevamo ipotizzato. Ma l’incremento dei revenue potrà compensare solo in parte quello dei costi. I profitti si dimezzeranno rispetto al 2010 e i margini si ridurranno a un risicato 1,4%». I revenue dei vettori della regione Asia Pacifico ammonteranno a 3,6 miliardi di dollari, contro i 4,6 miliardi stimati precedentemente: una pesante revisione al ribasso, causata dal fatto che quest’aera geografica è maggiormente esposta all’aumento dei prezzi del carburante. Per il Nord America si prevedono profitti pari a 3,2 miliardi, contro i 4,7 ipotizzati lo scorso dicembre. Le aerolinee europee, invece, racimoleranno profitti per 500 milioni di dollari: in questo caso, si registrano 100 milioni in più rispetto alle previsioni della fine del 2010, ma il dato rimane comunque modesto se paragonato agli 1,4 miliardi che i vettori del Vecchio Continente hanno incassato lo scorso anno. Nel Medio Oriente, infine, i profitti ammonteranno a 700 milioni di dollari. Le ripercussioni della situazione politica in Egitto, Tunisia e Libia saranno bilanciate dalle positive performance economiche dell’area del Golfo, che trarranno vantaggio dall’incremento del greggio. Infine in America Latina i vettori, fortemente esposti al rincaro del carburante, incasseranno 300 milioni di dollari, quasi la metà in meno rispetto ai 700 milioni previsti.
E le tariffe aumentano
Per far fronte al rincaro del greggio, le compagnie aeree hanno aumentato la fuel surcharge, una tassa sul carburante calcolata da ogni vettore sulla base delle fluttuazioni del prezzo del petrolio e applicata, con importi differenti, sulle rotte di corto, medio e lungo raggio. Un onere che finisce per incidere sul prezzo del biglietto, a discapito dei consumatori. Le rilevazioni di Iata sul mercato britannico, austriaco e tedesco, ad esempio, dimostrano che dall’incremento della tassa carburante deriverà nel corso del 2011 un aumento delle tariffe aeree compreso tra il 3 e il 5%. «Il settore dell’aviazione ha il potere di stimolare le economie – ha commentato Bisignani -. Ma questa capacità è compromessa aggiungendo tasse in un momento in cui lottiamo per far fronte ai prezzi elevati del combustibile, solo per mantenere margini modesti».
L’elenco dei vettori che hanno incrementato la fuel surcharge è lunghissimo. Ultima in ordine di tempo è la compagnia Emirates, che ha incrementato la tassa di 40 dirham (7,50 euro) per la classe economy dei voli verso l’India e di 150 dirham (28 euro) sui collegamenti per gli Usa.
Le principali compagnie statunitensi hanno applicato un aumento di 10 dollari a tratta sui collegamenti domestici, e anche quelle cinesi si stanno adeguando, con incrementi fino a 110 yuan sulle tratte di oltre 800 chilometri.
Di recente, inoltre, Qantas ha annunciato un piano per rispondere, oltre che alle perdite causate dal terremoto in Giappone, anche al caro-petrolio. Tra le iniziative in programma, la diminuzione della capacità sulle rotte domestiche e internazionali, il ritiro dalla flotta di alcuni aeromobili, la riduzione del management e l’incremento della tassa carburante. «Il significativo aumento del prezzo del combustibile è la sfida più impegnativa che Qantas abbia affrontato dai tempi della crisi finanziaria globale – ha dichiarato Alan Joyce, chief executive officer della compagnia australiana -. A Singapore il prezzo del carburante è salito dagli 88 dollari del settembre 2010 a oltre 131 dollari al barile. I nostri costi di carburante, nel secondo semestre dell’anno, ammonteranno a 2 miliardi di dollari».
Singapore Airlines e la sua regional SilkAir, inoltre, hanno introdotto incrementi compresi tra 4 e 32 dollari, a seconda della distanza del volo e della classe di servizio. Per motivare la decisione, il vettore ha fatto sapere che «Il prezzo del carburante è cresciuto di oltre il 30% dall’inizio dell’anno. Attualmente ammonta a più di 138 dollari al barile, il livello più elevato degli ultimi due anni».
Aumenti anche in Europa
E veniamo ai vettori europei: British Airways ha incrementato la fuel surcharge già lo scorso febbraio, ma solo sui voli di lungo raggio: le tariffe di World Traveller (la classe economy) hanno un incremento da 76 a 88 sterline per segmento sui voli superiori alle nove ore, da 63 a 75 sterline su quelli di minore durata. I passeggeri di World Traveller Plus (l’economica premium), invece, pagano 106,50 sterline (contro le precedenti 94,50 sterline) per i voli sopra le nove ore e 85 sterline, invece di 73, su quelli più brevi. Infine, in classe First e Club World (business class) la fuel surcharge è di 125 sterline anziché 108 (per i voli di oltre 9 ore) e 105 sterline invece di 88 per quelli di minore durata. Per Air France, invece, il rincaro è stato di 3 euro a segmento sullo short haul e di 15 euro sul long haul. Rimane invece invariata la tassa di 2 euro sul corto raggio.
L’allarme petrolio non risparmia nemmeno i low cost: Germanwings di recente ha reso noto che, proprio a seguito del vertiginoso aumento del combustibile, aumenterà il prezzo base dei biglietti, portandolo a 29,99 euro. “Germanwings non crede che il prezzo del carburante possa riabbassarsi a breve – si legge in una nota ufficiale del vettore – e si vede costretta a caricare una parte delle spese aggiuntive direttamente sul prezzo del biglietto”.
Nel rendere noti i dati di bilancio del 2010 (ricavi consolidati di vendita pari a 604,8 milioni di euro), anche Meridiana Fly ha reso noto che la sua crescita è stata pesantemente frenata dal caro-carburante: in particolare, fare il pieno agli aeromobili ha inciso per il 26,2% sui costi operativi, rispetto al 24,5% dell’esercizio 2009.
Testo di Arianna De Nittis, Mission n. 3, maggio 2011