Rientrata dalla Cina dove, all’interno di GITF, la fiera internazionale del turismo di Guangzhou (Canton), dal 6 all’8 marzo scorso si è svolta la prima edizione di Bit China, Cristina Tasselli, direttore Business Unit Travel di Fiera Milano, è di nuovo al lavoro per sviluppare il format di Bit in Italia e nel mondo.
Quali sono le impressioni sulla prima edizione di Bit China?
«Guangzhou, che si trova a poco più di un’ora di treno veloce da Hong Kong, è la terza città della Cina e una delle principali per il turismo outgoing. In termini di sviluppo del business offre delle potenzialità ancora inespresse. Per questo abbiamo puntato su Guangzhou piuttosto che su altre località della Cina. Siamo partiti con una piccola delegazione di aziende rappresentative di tutta la filiera.
«C’è grande interesse verso l’Italia che è una destinazione fortemente attrattiva per il mercato cinese. Il sistema con cui viene affrontato l’incontro di lavoro da parte cinese è molto pianificato, molto organizzato. I cinesi se fissano un appuntamento sono realmente interessati, vogliono fare business. Vanno diritti al punto, vogliono vedere le località. Questo è un elemento cruciale e agli espositori abbiamo consigliato di portare, insieme al materiale cartaceo, anche molti video della loro offerta di prodotto. Un altro punto cruciale è la lingua. Pochi operatori cinesi parlano inglese e per questo i nostri espositori sono sempre stati supportati da un interprete. Oltre allo stand abbiamo previsto altre occasioni di business: il seminario con una sessione dedicata a ciascuna azienda, gli speedy lunch meeting, momenti informali che si svolgono all’ora di pranzo, e la buyer night, una serata dove espositori e buyer si sono incontrati in un’atmosfera conviviale. C’è soddisfazione per i risultati ottenuti nella prima edizione e questo fa pensare che ci siano ulteriori possibilità di sviluppo per il prossimo anno».
Come affrontare la relazione con gli operatori cinesi?
«Ci vuole un supporto.Non possiamo affrontare questo mercato come altri perché c’è una cultura diversa. Soprattutto c’è il gap linguistico che rende necessario essere costantemente accompagnati. A Hong Kong tutti parlano inglese ma questa non è la realtà di Guangzhou. Il supporto è importante anche nella preparazione dei materiali per promuoversi. Il layout dello stand, per esempio, deve esprimere l’italianità. Non serve essere originali, servono le icone dell’italianità che rendono il prodotto immediatamente riconoscibile. Funziona, anche se per noi è un’immagine da cartolina. Se fino a qualche anno fa i cinesi puntavano solo a tour culturali, di gruppo, oggi sono propensi anche a fare cose diverse. Sono interessati all’enogastronomia, al turismo naturalistico, al trekking. Rimane un forte appeal per i casinò, come quello di Saint Vincent in Valle d’Aosta, per il gioco d’azzardo».
C’è interesse per il segmento luxury?
«Più che il turismo di lusso è il tipo di accomodation che interessa. Deve essere di un certo livello, avere un certo stile italiano. E poi, da sempre c’è attrazione per la moda e lo shopping. L’outlet diventa una tappa obbligata. La formula con i giusti ingredienti è outlet, casinò, cultura e trekking. Cresce l’interesse per il turismo enogastronomico e per lo sci. In Cina conoscono il Trentino e alcuni operatori lo propongono».
Bit China è parte del programma Bit in the World. A quali zone del mondo vi state avvicinando?
«Oltre alla Cina stiamo esplorando altre località. Potremo parlarne tra uno, due mesi. Abbiamo interesse verso il Medio Oriente e altre zone dell’Asia. Il modello utilizzato per Bit China è il format di ingresso. All’estero è meglio caratterizzarsi come Italia piuttosto che presentarsi come singolo espositore. Se crei un’area, la brandizzi come Italia e all’interno fai confluire le offerte del nostro Paese il beneficio è multiplo, anche per gli espositori che propongono la stessa destinazione (come i tour operator). Quest’anno ci sono stati alcune aziende che dopo aver fatto un’esperienza singola si sono presentati come Italia, sotto il cui cappello c’era Bit China. Anche per il buyer cinese è più semplice orientarsi all’interno di un’area riconoscibile e caratterizzata».
Da esperta del settore, quali sono le opportunità più interessanti per gli operatori del turismo italiano in un mercato vasto e complesso come quello cinese?
«È un mercato enorme, in continua crescita. La Cina ha chiuso il 2014 con un outbound di 115 milioni di turisti. Molti si muovono ancora verso le zone limitrofe, in Asia, ma sta aumentando la propensione a viaggiare anche verso altre zone del mondo. La procedura di rilascio dei visti è stata semplificata. I cinesi iniziano a muoversi da soli. Le generazioni più giovani imparano l’inglese e sono più disposte a muoversi».
Testo di Simona Silvestri, Mission n.3, maggio 2015