Si ripete spesso che il lavoro non è più quello di una volta. E la carriera? Manageritalia, federazione nazionale dei manager del terziario, ha approfondito questo tema di scottante attualità attraverso un’indagine via web effettuata con il supporto tecnico di AstraRicerche, a ottobre 2012, su un campione di quasi 2.000 manager (1.722), dirigenti e quadri direttivi. I risultati delineano in parte uno scenario diverso da quanto si possa pensare, pur nella sarabanda di cambiamenti che hanno toccato il mondo del lavoro negli ultimi anni. In un contesto “liquido” come quello in cui viviamo, sembrano essere scomparse le “aziende-mamma” di un tempo, dove chi entrava dopo gli studi aveva dinnanzi a sé una via lineare da seguire. Oggi è fondamentale uscire dalle vecchie logiche, facendo esperienze diversificate, assumendosi sfide e rischi maggiori, pagando personalmente formazione e consulenza. È indispensabile una gestione attiva del proprio sviluppo e il merito paga sempre di più. Arrivare, fare carriera significa avere un incarico sfidante, che dia autonomia e opportunità di crescita e permetta appetibilità sul mercato e indipendenza di scegliere l’incarico. Ma vediamo i risultati di questo sondaggio nel dettaglio.
Un approccio attivo e diretto verso il lavoro
La maggioranza dei manager intervistati aveva sin dall’inizio un obiettivo professionale ben delineato (61%), ma meno della metà aveva anche fatto un progetto professionale (40%). E si badi bene, stiamo parlando di lavoratori oggi diventati manager, che presumibilmente sin dai primi passi dovevano avere la tensione verso qualcosa di sfidante e importante. Oggi le cose vanno meglio, ma non troppo. Se il 72% ha un obiettivo professionale chiaro, solo il 58% l’indispensabile progetto professionale a supporto. È dunque obbligatorio gestire la professione in modo attivo e sfidante. Non c’è dubbio, dice la stragrande maggioranza dei manager (94%: 51,6% molto e 42,2% abbastanza d’accordo), che mentre un tempo si poteva pensare che fosse sufficiente affidare il proprio sviluppo professionale a una grande azienda oggi è necessario gestirlo senza aspettarsi assist esterni e in prima persona. E qui su tutti emergono i più giovani (under 40 98% e donne 97%).
Uscire dagli schemi classici
Bisogna essere più attivi ma anche agire molto più fuori dalle righe: i risultati dell’indagine ci dicono in sostanza che per avere un valido sviluppo professionale oggi bisogna rompere gli schemi classici e, fatte alcune ottime esperienze di base, si devono cercare esperienze trasversali (area, settore ecc.) e geografiche diverse (91%: 48,9% molto e 42,4% abbastanza d’accordo), anche qui su tutti spiccano gli under 40 (94%) e le donne (95%). E questo uscire dagli schemi comporta che le grandi aziende non sono più il primo, indispensabile e unico posto dove iniziare una brillante carriera e apprendere l’abc del management (68,3%).
Ma come si fa carriera?
I must sono ancora quelli classici. Prima di tutto viene un valido percorso di formazione scolastica (58%: lo dicono più le donne, 69%, degli uomini, 56%) e poi una formazione continua (54%). Seguono le esperienze in aziende attente alla crescita professionale (42%), l’esperienza internazionale(40%, ma qui lo dicono più gli uomini, 41%, delle donne, 34%), il network professionale (30% uomini e donne, ma svettano gli under 40, 47%) e la gestione di startup o progetti importanti (24%). Molto basso (solo 18,8%: 19,4% uomini e 13,4% donne) l’impatto di conoscenze e referenze. La conferma della necessità di non affidare il proprio sviluppo professionale solo e tanto alle aziende-mamma è data dal fatto che metà degli intervistati (50%) ha cambiato azienda per cercare nuove sfide e possibilità di crescita. A seguire, per importanza, troviamo una gestione più ragionata e aiutata della crescita, avvalendosi di piani di sviluppo professionale (25,4%), valutazione delle competenze (24,8%), coaching (19%) e consulenza di carriera (17,3%).
Investire e pagare per la crescita professionale
Oggi molto più di un tempo si è disposti a investire e pagare per il proprio sviluppo professionale. A cominciare dalla formazione, che un terzo già pagava personalmente prima e lo farà anche in futuro. La novità sta nell’aumento cospicuo, anche se i numeri sono in assoluto ancora bassi, di altri servizi e consulenze: consulenza di carriera (5,1% ieri, 17,7% in futuro), coaching (8,1% ieri, 13,2% in futuro) e valutazione delle competenze (6,6% ieri, 15,6% in futuro). Una piccola rivoluzione ancora da compiersi appieno, ma fortemente in atto se pensiamo che chi non pagava personalmente almeno una di queste attività era il 45,2% ieri e sarà il 24,8% in futuro.
Carriera e sviluppo professionale: non facciamo confusione
Idee chiare per un terzo dei manager intervistati (74,3%), secondo i quali la carriera e lo sviluppo professionale non sono la stessa cosa, mentre solo uno su quattro (23,7%) li accomuna. E la differenza è netta e incontrovertibile. Sviluppo professionale vuol dire avere un obiettivo definito (40%) e un piano per raggiungerlo (39%), e cercare attivamente e continuamente opportunità in linea con questi all’interno (32,3%) e all’esterno (29,6%) dell’azienda. Fare carriera invece significa avere un incarico sfidante (58,7%), continue possibilità di crescita professionale (54,9%) e sostanzialmente la capacità di essere sempre appetibili sul mercato e quindi l’indipendenza di scegliersi l’incarico/situazione che si preferisce (51%). Solo per la metà dei manager più giovani carriera fa in parte rima con elevata retribuzione (43,5%), mentre questo è in assoluto vero solo per un manager su quattro (27%).
Per far carriera oggi relazioni e merito
Eh sì, i manager intervistati affermano in maniera netta che è il merito l’arma vincente per fare carriera in azienda. Su tutto prevale la bravura a gestire le relazioni all’interno dell’organizzazione (56,2%) e se stessi (50,1%). E non si fraintenda, questo è l’abc di ogni leadership, in ogni campo, anche nell’era della rete e dei social network, e di fatto il modo per declinare e rendere palesi i propri meriti. Infatti, subito a seguire abbiamo i risultati, cioè la capacità di far accadere le cose (34,6%) e di gestire i collaboratori (32,7%).
A cura di Manageritalia, Mission n.6, ottobre 2013