Tariffe dinamiche, accordi con la cosiddetta clausola “last room availability”, prenotazioni anticipate o last minute, tanta pianificazione e soprattutto un po’ di sano buon senso, nonché un dialogo aperto e franco tra fornitori e clienti. Non c’è una soluzione unica, né tantomeno grandi segreti per chi vuole gestire al meglio l’annosa questione dei prezzi delle camere alberghiere nei periodi di picco della domanda. Dal lato degli albergatori la questione è tanto semplice, quanto vitale e complessa da risolvere: fare cassa nei momenti di grande richiesta e garantirsi margini adeguati in bassa stagione. Il tutto stando attenti da una parte a non perdere la propria clientela tradizionale con quotazioni eccessive e dall’altra a non abbassare a tal punto i prezzi da compromettere il proprio posizionamento di mercato. Il lato opposto della medaglia è ovviamente speculare, con i travel manager impegnati a rispettare budget e policy aziendali sempre più stringenti.
Pericolo rincari
Una partita aperta, insomma, che i sei mesi dell’Expo milanese appena iniziati, con i loro 20 milioni di visitatori unici previsti, potrebbero complicare ulteriormente, soprattutto per le aziende alle prese con la pianificazione di viaggi e soggiorni in area lombarda. «L’Esposizione universale ha in effetti suscitato molto allarmismo nel segmento corporate e congressuale» racconta Damiano De Crescenzo. «Diverse aziende hanno congelato le proprie prenotazioniper il semestre, così come molte associazioni: c’è chi ha posticipato i soggiorni e chi persino ha scelto altre città. Dalle informazioni in mio possesso, inoltre, mi risulta che alcune aziende hanno sì previsto nei propri budget tariffe di soggiorno e di volo più alte, ma hanno anche al contempo diminuito drasticamente il numero delle trasferte». Il j’accuse del direttore generale del gruppo Planetaria Hotels, che ha in portafoglio ben cinque strutture situate in area meneghina, è soprattutto rivolto ai media generalisti, che hanno cominciato a parlare tardi di Expo, utilizzando per di più toni allarmistici tali da paventare aumenti dei prezzi delle camere fino a tre voltetanto rispetto al normale.
Ma quanto c’è di vero in tutto ciò? Poco, a giudicare da una recente ricerca Carlson Wagonlit Travel (Cwt) che, alla vigilia del grande evento milanese, ha provato a indagare i comportamenti degli hotel lombardi, scoprendo come ben l’84% delle strutture coinvolte nel sondaggio avrebbe riservato un’adeguata disponibilità di camere alla propria clientela corporate abituale. Non solo: anche l’andamento delle tariffe non avrebbe subito grandi oscillazioni; se infatti è vero che quasi tutti gli operatori dell’accoglienza (il 94%) avrebbero ammesso ritocchi dei prezzi verso l’alto, per ben il 40% tali variazioni si sarebbero limitate a un aumento compreso tra il 5% e il 10%; circa un quarto (il 24%) avrebbe invece praticato incrementi fino al 20%, mentre il 16% del campione si sarebbe mantenuto entro il 30%. Appena il 12% si sarebbe quindi spinto in territori temerari, innalzando le proprie tariffe di percentuali superiori al 30% e arrivando persino a superare, in alcuni casi, la soglia del 100%.
«A mio parere sbaglia chi teme effetti tipo Salone del mobile», è l’opinione del presidente Federalberghi Lombardia, Paolo Rossi. La settimana milanese del design è in effetti il tipico esempio di «blackout dates», ossia di quei giorni dell’anno che gli albergatori tradizionalmente escludono dai propri accordi corporate per lasciarsi la libertà di gestire le tariffe come meglio credono. «L’Expo dura molto più di sette giorni», riprende Rossi. «Nel semestre dell’Esposizione la domanda inevitabilmente oscillerà e, anche se ci saranno sicuramente dei momenti di picco, sono convinto che gli operatori staranno molto attenti a non uscire dal mercato praticando tariffe eccessivamente alte».
D’altronde, come evidenzia anche l’indagine Cwt, la maggior parte degli albergatori pare proprio che abbia privilegiato logiche di medio-lungo periodo, piuttosto che rincorrere la chimera del tutto e subito: «Per il semestre di Expo abbiamo già negoziato e riservato allotment dedicati ad alcuni clienti che ne hanno fatto richiesta», è per esempio la posizione di un brand come Best Western. «L’evento è molto atteso ma anomalo, in quanto piuttosto dilatato nel tempo», spiega la chief managing officer del gruppo, Sara Digiesi. «La nostra offerta su Milano e hinterland è però solida: tra città e dintorni contiamo su oltre 20 alberghi, per più di 2 mila camere».
Più sfumato, ma sostanzialmente simile nei contenuti, anche l’approccio di Accor: «Ai nostri top client abbiamo già dato ampie garanzie di disponibilità», rivela infatti Renzo Iorio, amministratore delegato Italia, Grecia, Israele e Malta del gruppo transalpino. «Al momento è tuttavia estremamente difficile avere una visione del traffico corporate durante i mesi di Expo, perché si tratta di un segmento che tendenzialmente prenota con un anticipo di appena due settimane. Non crediamo comunque che si riscontreranno soverchianti problemi di disponibilità, se non, magari, in qualche data particolare».
Più prudente ancora è stata invece la strategia adottata da Planetaria, che si è attivata addirittura a partire da giugno 2014: «Abbiamo cercato di capire quali fossero le necessità delle aziende nostre clienti, in modo da riservare allotment adeguati e da tranquillizzare le imprese, permettendo loro di stilare i propri budget», riprende De Crescenzo. «Certo, abbiamo anche chiesto un piccolo sforzo, in vista di un modesto ritocco verso l’alto delle tariffe. Ma in questo caso l’Esposizione universale è stata solamente una scusa per adeguare i prezzi delle camere agli aumenti dei costi che abbiamo registrato in questi anni. La nostra proposta, peraltro, è stata accolta con grande favore, tant’è che la maggior parte delle negoziazioni si è conclusa con largo anticipo rispetto al solito».
Accordi corporate e revenue management
Se questo è dunque lo scenario ai tempi di Expo, quali sono in generale le strategie oggi più in voga tra gli albergatori in tema di gestione delle tariffe corporate nei momenti di picco della domanda? E come sono cambiate in questi recenti anni di crisi? «Per noi è strategico mantenere relazioni stabili e salvaguardare la clientela aziendale, che continua a rappresentare uno degli zoccoli duri del nostro business», spiega ancora Sara Digiesi di Best Western. «Cerchiamo perciò di garantire vantaggi sia sulle destinazioni sia sulle tariffe negoziate. Alla clausola last room availability (Lra, che dà la possibilità di acquistare fino all’ultima camera disponibile ai prezzi concordati, ndr), sommiamo quindi sempre una serie di benefici ulteriori, tra cui un intervallo di cancellazione più ampio, nonché la possibilità di accedere al programma loyalty Best Western Rewards. Non solo: i nostri contratti corporate sono garanzia di condizioni di pagamento agevolato per i clienti top che, con elevati volumi di room-night, hanno sempre diritto alla migliore tariffa disponibile e a sconti riservati nelle date di blackout».
Anche per Accor la domanda corporate è un segmento prioritario del proprio business: «Soprattutto per alcune delle nostre destinazioni», specifica Iorio. «Posizionamento tariffario e allocazione delle disponibilità in funzione delle previsioni di occupazione sono perciò i principi che guidano le nostre politiche di revenue e di ottimizzazione del mix di offerta. Il contesto competitivo del mercato, d’altronde, è ormai dominato dalla variabilità delle tariffe. Certamente, però, per i clienti di rilievo in termini di volumi prodotti, prevediamo anche la possibilità di tariffe negoziate tutto l’anno, ivi compresi i periodi di picco».
Dal punto di vista degli hotel indipendenti, invece, è soprattutto una questione di accordi taylor made: «Io non credo molto nel revenue management spinto nelle piccole strutture», è infatti il pensiero di Rossi che, in qualità di presidente Federalberghi Lombardia, ben rappresenta il vasto panorama degli hotel non brandizzati. «La contrattazione, nel nostro caso, è più un fatto di relazioni e di istinto: il cliente lo riconosci nel momento in cui varca la porta d’ingresso, poi va conquistato con il servizio. Molti di noi, certo, garantiscono tariffe corporate alle aziende più fedeli, magari con qualche blackout dates. Il numero di queste date, tuttavia, si sta riducendo sempre di più. Persino durante il Salone del mobile non tutti gli hotel milanesi fanno il pienone per l’intera settimana: le aziende razionalizzano le spese e riducono i soggiorni. E la crisi non c’entra: la tendenza era già in atto prima del crack Lehman Brothers. Per il resto, ognuno di noi ha il proprio approccio specifico». C’è così chi applica alle aziende sconti tra il 15%-20% sulla tariffa rack (il prezzo più alto a cui si possono vendere le camere, ndr) e chi preferisce assicurare un certo numero di pernottamenti gratuiti al raggiungimento di determinate quote di room nights acquistate. «Nei periodi di picco, inoltre, si cerca di dirottare la domanda corporate su altre date. Per chi, invece, ha necessità assoluta di prenotare proprio in quei giorni, di solito si praticano delle riduzioni tariffarie rispetto ai prezzi del momento, oppure si garantiscono upgrade e servizi aggiuntivi. Ai clienti più fedeli, insomma, si cerca di riservare sempre un occhio di riguardo».
Negli ultimi anni le cose sono cambiate anche secondo De Crescenzo di Planetaria: «Fino a qualche tempo fa, gran parte degli alberghi milanesi era abituata a praticare due distinte tariffe corporate: una normale e una “fiera”. C’era infatti un programma preciso di eventi che riempiva letteralmente il calendario meneghino. Oggi, invece, dipende soprattutto dal rapporto che si ha con le singole aziende. Non che prima non fosse così, solo che ora la tendenza è più accentuata. Si cerca quindi di tutelare soprattutto le imprese con cui si hanno rapporti duraturi e che prenotano un buon numero di camere durante l’intero arco dell’anno. E a chi garantisce volumi minori si applicano sì tariffe un po’ più alte nei periodi di picco, ma senza mai esagerare. Certo c’è anche chi prova ad aprire una convenzione corporate pochi giorni prima del Salone del mobile. E allora è inevitabile tornare alla doppia tariffazione: almeno fino a che il rapporto non si consolida».
Quali, quindi, i consigli che gli operatori si sentono di dare ai travel manager per contenere gli aumenti nelle date più “calde”? Per Best Western la soluzione, «per quanto possibile, sta nelprenotare in anticipo». Accor suggerisce invece di puntare su tariffazione dinamica e pianificazione degli spostamenti: «Ciò consente di compensare gli aumenti nei periodi di massima domanda con i prezzi più contenuti della bassa stagione, nonché di concentrare gli acquisti nei giorni con le quotazioni più vantaggiose». Prenotazioni sotto data e correttezza nei rapporti sono invece gli ingredienti della ricetta salva-budget del presidente Rossi: «I miei colleghi sono tutti galantuomini. Poi, magari, qualcuno non si dimostra sempre tale. Ma approfittare eccessivamente delle contingenze significa rischiare di perdere un cliente per una notte. Non so quanto ne valga la pena». La correttezza reciproca è quindi alla base dei rapporti corporate pure per il dg Planetaria, De Crescenzo: «L’ideale è costruire un percorso insieme: piccoli aumenti in cambio di disponibilità senza sorprese. Oggi la maggior parte delle aziende e dei travel manager è molto aperta e consapevole delle logiche del mondo alberghiero. Si può quindi dialogare bene. L’importante è non esagerare mai nella tutela dei propri interessi. Da una parte e dall’altra».
Il punto di vista dei travel manager
Date blackout sempre presenti, ma meno eventi in programma, e quindi un minor numero di giornate escluse dai benefici delle tariffe corporate, e tutto sommato una buona flessibilità da parte degli operatori. È questo il punto di vista di oggi dei travel manager sulla questione gestione dei budget alberghieri: «Per quella che è la mia esperienza, il problema dei rincari è meno pesante rispetto ad alcuni anni fa. Almeno a Parma, dove acquisto la maggior parte delle camere per gli incontri e le attività previste presso la nostra sede», racconta Federica Bertodell’ufficio viaggi dell’Impresa Pizzarotti & C. «Mi è tuttavia capitato recentemente di effettuare prenotazioni in Germania e in Francia, in occasione di grandi eventi (o di scioperi aerei…) e di trovare i prezzi spaventosamente lievitati. Per un semplice 3 stelle a Francoforte, per esempio, ho pagato ben 330 euro a notte, colazione esclusa». Le clausole «blackout dates» continuano poi certo a rappresentare una consuetudine della maggior parte delle strutture. Tuttavia, «negli alberghi con cui abbiamo un rapporto commerciale più stretto, l’aumento del prezzo non è automatico: se l’hotel ha delle camere disponibili, applica la tariffa corporate senza maggiorazioni di sorta». Inoltre la crisi ha cambiato un po’ le cose: «Fino a un paio di anni fa, l’avvicinarsi di grandi eventi fieristici, culturali e musicali scatenava qui a Parma una vera e propria caccia a camere d’hotel irreperibili, con prezzi elevatissimi o situate a chilometri di distanza. Purtroppo la congiuntura difficile si è fatta sentire anche qui e ora, grazie anche alla recente apertura di nuovi hotel in città, trovare disponibilità non è più un problema».
Nei pochi periodi ancora “caldi”, la strategia di Federica Berto è allora quella di avvisare «tempestivamente i colleghi, in modo che possano comunicarmi con il giusto preavviso le loro necessità di prenotazioni. Quando fattibile, si prova quindi a rinviare i pernottamenti a date più normali. Diversamente, conto su alcune strutture fidelizzate che riescono comunque a garantirmi almeno un paio di camere alla nostra tariffa standard. E se proprio non è possibile rimandare, o avere stanze garantite, valuto le soluzioni nelle vicinanze più immediate della città o accetto le tariffe maggiorate». L’avvento di Expo non pare invece aver modificato in alcun modo i comportamenti di acquisto alla Pizzarotti & C., anche perché le trasferte milanesi sono sempre tutte in giornata. «Piuttosto prevedo che sarà difficoltoso reperire camere nella zona degli aeroporti di Milano, necessarie quando ho voli di colleghi in partenza molto presto al mattino».
Incappare nelle clausole “blackout dates” è peraltro piuttosto comune anche per i travel manager della Alstom di Sesto San Giovanni. «Fortunatamente, però, impattano per poche settimane all’anno e quindi vengono ben tollerate dall’azienda, che riesce spesso a fare opera di dissuasione verso i viaggiatori», spiega il country commodity leader consumables & travel management, Stefano Raimondi. «E poi la recente diminuzione del numero degli eventi fieristici, registrata anche in area lombarda, ha ridotto sensibilmente i periodi di picco della domanda. Per limitare l’effetto rincari, la strategia Alstom prevede in ogni caso delle policy che, «pur accettando le blackout dates, venendo così incontro alle esigenze degli hotel, ci garantiscono allo stesso tempo condizioni piuttosto favorevoli durante tutto il resto dell’anno». Persino le conseguenze del semestre Expo sono tutto sommato limitate: «Gli hotel da noi convenzionati ci hanno garantito una tariffa che, nel peggiore dei casi, si colloca un 15% sopra a quella consueta. E dato che abbiamo notato aumenti nei prezzi pubblicati decisamente importanti, direi che siamo soddisfatti del risultato».
I consigli delle agenzie di viaggio
Che i periodi di picco della domanda comportino degli aumenti nelle tariffe alberghiere è un fenomeno risaputo, senza bisogno di particolari spiegazioni. Capire a quanto ammontino esattamente tali oscillazioni non è però un affare affatto semplice. Il portale di prenotazioni alberghiere Hrs ha provato così a misurare gli effetti sugli hotel milanesi del periodo “caldo” per eccellenza della metropoli meneghina. E ha scoperto che, durante il Salone del mobile, le tariffe delle camere alberghiere in città raggiungono generalmente valori quasi doppirispetto alla media complessiva del trimestre. Negli ultimi anni, tuttavia, si sarebbe registrata anche una certa tendenza alla riduzione dell’ampiezza delle oscillazioni dei prezzi, con gli aumenti che sarebbero passati dal +110% del 2012 al +86% dell’anno scorso. E ciò a seguito sia delle conseguenze di una situazione economica poco favorevole, sia di una modifica generale delle strategie tariffarie degli hotel.
Hrs è quindi in grado di offrire varie soluzioni ai propri clienti per proteggerli da eventuali sorprese: la Business tariff, per esempio, garantisce vari benefici per il viaggiatore d’affari, mentre il servizio Sourcing mira sostanzialmente a ottimizzare il portafoglio hotel delle aziende. In generale, la strategia dell’agenzia online contro il pericolo rincari si basa su cinque principi base: «Uno: il prezzo non è l’unico fattore rilevante, ma occorre inserire nella negoziazione servizi accessori come colazione, wi-fi e parcheggio gratuiti», spiega il direttore marketing e comunicazione di Hrs Italia, Fulvio Origo. «Due: la vicinanza dell’hotel all’ufficio è importante; significa risparmio di tempo e di costi di trasferimento. Tre: un hotel program dovrebbe includere non solo alberghi di catena, ma anche un’ampia selezione di strutture indipendenti. Quattro: a volte le offerte del giorno possono essere più economiche delle negoziate; serve quindi un sistema di prenotazione che evidenzi entrambe. Cinque: includere i periodi di fiera negli accordi».
Sulla estrema personalizzazione del servizio si basa invece la strategia di un’agenzia specializzata come l’abruzzese Seneca: «Nell’era del revenue management imperante, personalmente credo poco nel potere negoziale di fattori come la massa critica», dichiara l’amministratore delegato Ercolino Ranieri. «Meglio far valere le peculiarità specifiche della domanda di ogni azienda e costruire ragionamenti specifici che aiutino nella negoziazione: capire come si spende e cosa si vuole fare nei mesi successivi è infatti a mio avviso fondamentale per ottenere una reale ottimizzazione dei budget». Nonostante la crisi, d’altronde, negli ultimi tempi le dinamiche dei prezzi non sono poi cambiate così tanto: «Anzi: se fino a un paio di anni fa registravamo una minima contrazione delle oscillazioni, negli ultimi 24 mesi il mercato è tornato a mostrare una certa vivacità. In fondo, a dispetto della congiuntura difficile, le destinazioni business più importanti hanno dimostrato un’ottima capacità di tenuta». Ecco quindi che, oltre alla classica negoziazione delle tariffe corporate, anche Seneca ha la propria soluzione per la gestione dei viaggi delle imprese partner: si chiama Target buy e mira a contenere le oscillazioni del pricing dinamico tramite una pianificazione di lungo periodo. Ma questa è decisamente un’altra storia.
Testo di Massimiliano Sarti, Mission n.3, maggio 2015