Che cosa accade se il signor Rossi, in trasferta per conto della sua azienda, effettua una prenotazione in un hotel e poi, a causa di un aereo perso o di un cambiamento di programma, non si presenta in albergo e non disdice in tempo la camera? Scatta il cosiddetto no show, che comporta per l’azienda il pagamento di una penale più o meno elevata a seconda del danno subito dall’albergatore. Un’evenienza che va regolamentata in maniera precisa, tenendo conto sia delle esigenze dell’azienda cliente, sia di quelle dell’hotel. «È fondamentale – conferma Filippo Cantù, travel buyer di Ibm – che le clausole relative al mancato utilizzo di una camera e le eventuali penali vengano definite preventivamente e inserite chiaramente nel contratto. Solo così può essere garantita la massima trasparenza nei rapporti tra azienda e albergatore».
Ma in che cosa consistono queste clausole? In genere, qualora il viaggiatore non si presenti alla data e all’ora concordata, è tenuto al versamento di una penale in risarcimento del mancato guadagno dell’albergatore. La penale varia a seconda della politica delle singole catene e degli accordi stipulati con l’azienda, anche se, spesso, consiste nel pagamento della prima notte di soggiorno.
Dal canto loro, le aziende cercano di tutelarsi inserendo nel contratto clausole che posticipino il più possibile il tempo utile per annullare la prenotazione. «Quando stipuliamo una convenzione con una struttura alberghiera, di solito chiediamo, da un lato, che al dipendente venga garantita la tariffa concordata, dall’altro che il viaggiatore possa cancellare la prenotazione entro le 18 del giorno stesso – spiega Filippo Cantù -. Ma non sempre quest’orario viene accettato senza problemi dagli albergatori. A volte, soprattutto quando il fornitore è una piccola catena o un hotel indipendente, sorge qualche contestazione».
sanzioni ai dipendenti
Resta da capire come si comportano le aziende nei confronti dei viaggiatori “negligenti”. «Nelle multinazionali americane e anglosassoni, che di solito dispongono di travel policy molto rigide e consolidate, questo tipo di inadempienza è oggetto di penali, e il dipendente è tenuto a risarcire all’azienda il costo del pernottamento – spiega Francesco Sottosanti, direttore generale della società di consulenza The Knowledge Team -. In Italia, invece, la situazione è differente. Eccezion fatta per alcune Pmi, dove può capitare che ci si rivalga sul dipendente, in genere le aziende si limitano a richiamare il viaggiatore. Imporgli il risarcimento di una spesa aziendale, infatti, metterebbe in gioco problematiche sindacali di difficile gestione».
Le regole degli alberghi
Fin qui, il comportamento delle aziende. Ma quali strategie adottano gli alberghi per tutelarsi in caso di mancato utilizzo delle camere? «Noi lasciamo alle aziende clienti la possibilità di annullare la prenotazione entro le 16 del giorno stesso – afferma Giorgio Bianchi, sales manager di Best Western -. Se il viaggiatore non si mette in contatto con l’albergo entro quell’ora, l’azienda è tenuta a rifondere la prima notte di pernottamento. Se invece la cancellazione della prenotazione avviene, ma dopo l’orario stabilito, l’addebito del pernottamento è a discrezione dell’albergo, che può valutare i singoli casi e decidere il da farsi in base al danno economico subito e al rapporto con il cliente.
«I no show sono sempre un argomento spinoso – continua Bianchi -. In fase di contratto, infatti, la definizione delle clausole relative al mancato utilizzo delle camere non è quasi mai oggetto di dispute, ma in seguito capita che le aziende contestino all’albergo la penale. Soprattutto se a non disdire in tempo la prenotazione non è un dipendente, ma un ospite dell’azienda, sul quale non è possibile rivalersi in alcun modo. Per questo noi consigliamo sempre l’utilizzo della carta di credito come garanzia».
Diversa è la strategia del gruppo Hilton, che a partire dal 1° gennaio 2004 inaugurerà ufficialmente una nuova politica tariffaria, che si ispira al modello delle compagnie aeree. «Un’iniziativa che è in fase di messa a punto in diverse strutture della catena (tra cui quelle italiane) ed è presente anche nel sito Internet di Hilton, www.hilton.com – spiega Alan Mantin, regional marketing director della compagnia -. E che, oltre a rendere le tariffe decisamente più trasparenti e semplici, ha il pregio di regolamentare in maniera dettagliata e precisa il mancato utilizzo delle camere». Ma in cosa consiste la nuova politica tariffaria del gruppo? «Vista l’evoluzione dei sistemi di prenotazione e l’attuale situazione del mercato, le cosiddette rack rate (le tariffe piene) ormai hanno perso ogni significato – prosegue Mantin -. Dunque, abbiamo deciso di abolirle, sostituendole con tre tariffe che differiscono a seconda della flessibilità del prodotto: la prima, chiamata Fully Flexible, dipende dal momento in cui viene effettuata la prenotazione. Più avviene in prossimità della data del pernottamento, più alta è la tariffa. L’offerta tiene conto anche di numerosi altri fattori, quali il livello di occupazione dell’hotel nei diversi periodi dell’anno e quello della città in cui la struttura è situata. In compenso, il cliente ha la possibilità di richiedere eventuali modifiche alla prenotazione, inclusa la cancellazione entro le ore 18 del giorno stesso, senza l’addebito di alcuna penale.
«La seconda tariffa – prosegue Mantin -, più vincolante ma meno cara, si chiama Hilton Value. Il cliente può, a seconda della disponibilità, prenotare fino a tre giorni prima della data del pernottamento. In caso di variazioni sulla prenotazione, è previsto l’addebito della prima notte di soggiorno. Infine, c’è la tariffa prepagata, la più conveniente, ma anche la meno flessibile. In questo caso, la cancellazione della prenotazione è soggetta a differenti penali: più ci si avvicina alla data del pernottamento, più è elevato l’addebito al cliente.
«Anche se – sottolinea Mantin – noi cerchiamo sempre di fare in modo che l’applicazione delle regole non mini il rapporto di collaborazione con l’azienda cliente».
Un’area senza controllo
Ma quanti sono i no show? E quanto incidono concretamente sulle spese aziendali? Su questo punto, la risposta di albergatori e imprese è unanime: le “camere mancate” sono piuttosto rare. «Per quanto riguarda la nostra catena, la percentuale di no show in caso di prenotazione diretta da parte delle aziende è inferiore all’1% sul totale delle prenotazioni – sottolinea Giorgio Bianchi -. Un dato che sale leggermente se la prenotazione è effettuata tramite l’agenzia di viaggio, forse proprio perché il rapporto tra il dipendente e l’albergatore non è diretto».
«Anche in base alla mia esperienza – aggiunge Mantin – il no show nel settore alberghiero è un fenomeno molto modesto, soprattutto se paragonato ad altri settori, come quello del noleggio auto, in cui questo malcostume è molto più diffuso per la mancanza di penali. Certo, può sempre capitare di incappare in viaggiatori che praticano il no show “selvaggio”, ma si tratta di casi sporadici, che riusciamo a gestire con facilità».
Ma le aziende dispongono di dati complessivi sul mancato utilizzo delle camere da parte dei dipendenti? «Sarebbe interessante valutare con esattezza il peso esercitato dai no show sulle spese alberghiere, ma sfortunatamente si tratta di un’area che sfugge al controllo dell’azienda – sostiene Cantù -. Dalla verifica delle note spese, infatti, il solo dato che emerge è il numero dei pernottamenti. E anche le agenzie di viaggio, pur effettuando la prenotazione, non sono in grado di fornire dati certi, a meno che non vengano coinvolti dal viaggiatore nelle procedure per la cancellazione. Ma si tratta di un’eventualità piuttosto rara».
Soluzioni alternative
Infine, un discorso a parte merita l’allotment, ovvero un accordo tra l’azienda e la catena alberghiera in base al quale l’impresa “blocca” un determinato numero di camere a un prezzo convenzionato per un certo periodo di tempo e le paga, indipendente dal fatto che vengano utilizzate o meno dai dipendenti. «Noi ricorriamo a questo tipo di accordo solo se prevediamo che i nostri dipendenti soggiornino frequentemente in una determinata località per la realizzazione di progetti specifici – afferma Cantù -. In questo caso, infatti, il costo-camera che riusciamo a strappare all’albergatore è talmente conveniente da rendere irrilevante il rischio di no show».