La crescente applicazione delle tecniche di confronto delle attività aziendali e delle relative performance con altre imprese (benchmarking funzionale o di processo) e gli ottimi risultati ottenuti in termini di individuazione di opportunità di miglioramento (saving economico e ottimizzazione dei processi), hanno generato un dibattito circa la fattibilità di estendere l’applicazione ad alcune aree tradizionalmente ritenute non “confrontabili”, tra cui il business travel. Si tratta, per certi versi, di una discussione in parte superata: infatti numerose aziende, sia a livello internazionale sia italiane, hanno già implementato questa scelta da tempo, dichiarando inoltre di avere beneficiato di ottimi risultati complessivi. Tuttavia, i dubbi e lo scetticismo rimangono.
Il termine “benchmarking” non trova la sua genesi in ambito aziendale: l’etimo originario, bench-mark, si riferisce alla tecnica usata in topografia per individuare un segno di rilievo planimetrico, laddove in ambito aziendale l’attività di benchmarking acquista una accezione di modello di “controllo per confronto”, in quanto consente di misurare l’intensità delle prestazioni dell’azienda confrontandole con quelle delle aziende migliori e più competitive (best-in-class).
L’origine e lo sviluppo iniziale del benchmarking viene universalmente attribuita alla Xerox Corporation. Nel 1979 terminava un lungo periodo durante il quale la società aveva goduto di una posizione di monopolio sul mercato: il management constatò che si era creato e stratificato nel tempo un sensibile divario prestazionale nei confronti dei concorrenti. Si decise quindi di individuare un metodo di valutazione comparativa specifica “attraverso il confronto con i migliori concorrenti o le aziende riconosciute come leader nei vari settori di mercato” .
Il ruolo “strategico” del benchmarking di processo
L’attività di benchmarking risponde oggi alle esigenze aziendali di contenimento e riduzione dei costi, oltre che alla ricerca di miglioramenti nella qualità del servizio offerto ai clienti. Nella sua declinazione di modello di “controllo per confronto” si è rivelato un sistema assolutamente innovativo: consente a un’azienda di misurarsi con altre, sia rispetto a determinate sue funzioni o processi sia nella complessità della gestione. Con l’obiettivo ultimo di: conoscere quali “scelte concrete” i migliori player hanno attuato per raggiungere le proprie performance; conseguentemente valutare quali margini di miglioramento esistono per l’impresa, individuando nuovi modelli aziendali da seguire e definendo un proprio percorso di crescita. L’attività di benchmarking funzionale e di processi assume dunque un ruolo “strategico” in quanto rappresenta la rilevazione della reale capacità, empiricamente rilevata, delle aziende best in class di ottenere risultati migliori (“Execution is strategy”, citando liberamente Tom Peters).
La tipica discussione filosofica sul benchmarking
Ipotizziamo la realizzazione di un progetto di analisi e comparazione dei processi e dei costi in ambito business travel e proviamo a simulare il “tipico dibattito” che ne conseguirebbe: le osservazioni più ricorrenti possono raggruppare in 4 aree principali.
1) Vantaggi e svantaggi del “fare confronto”. Da un lato vantaggi generali (adozione di standard probabilmente non individuabili senza il confronto, avvicinamento dei processi alle migliori prassi operative, raggiungibilità degli obiettivi, continua e sistematica revisione, riduzione della “resistenza” al cambiamento, contributo alla creazione di consenso nella formulazione degli obiettivi) e vantaggi specifici (miglioramento del sistema informativo attraverso “dati freschi”, effetti positivi sulla formulazione della strategia, sulla sua definizione operativa e sull’ implementazione, relazione tra soddisfazione cliente e auto-percezione aziendale della soddisfazione del cliente). Dal lato opposto, il fronte dello scetticismo cita più comunemente i seguenti svantaggi: il benchmarking rischia di essere un semplice confronto di indicatori senza analisi delle cause; richiede tempo, risorse e sforzi; presuppone un sistema di comunicazione e di consenso aziendale.
2) Composizione del gruppo di confronto. Esiste un assunto implicito, piuttosto diffuso (“la nostra azienda è diversa”) che inizia con un dilemma fra benchmarking settoriale (confronto con un gruppo di concorrenti del settore o con il leader per determinare la propria competitività) e benchmarking intersettoriale (confronto con aziende leader, indipendentemente dal settore merceologico), per terminare con l’impossibilità di trovare un’azienda esattamente uguale a un’altra (un ossimoro, certo, che purtroppo si verifica con una certa frequenza).
3) Definizione dell’oggetto del confronto (“cosa”). Conoscenza dell’organizzazione e struttura aziendale per individuare le aree critiche per il successo dell’azienda; conoscenza approfondita di operazioni, processi nelle varie funzioni o interfunzionali (mappatura dei processi); individuazione chiara degli output delle varie attività (definizione di unità di misura dei processi).
4) Definizione delle modalità di raccolta, elaborazione e confronto dei dati (“come”). A partire dalla scelta del metodo di raccolta dei dati (impostazione questionari sull’oggetto di benchmarking, selezione degli strumenti di benchmarking, creazione di una specifica documentazione informativa) fino alla determinazione del modo di raggiungimento dell’eccellenza e confronto (riordino e organizzazione strutturata delle informazioni raccolte; controllo della qualità e bontà delle informazioni; individuazione delle differenze di prestazione; redazione di un rapporto di benchmarking).
Nel contesto sin qui descritto, l’azienda che consideri seriamente la possibilità di fare benchmarking riceve una serie variegata di stimoli, talvolta discordanti. Per posizionare correttamente questi spunti sarebbe forse necessario analizzare in modo approfondito le diverse correnti di pensiero e comprenderne le ragioni, attraverso una disamina delle principali argomentazioni utilizzate, focalizzandosi sui diversi aspetti rilevanti per un travel manager: presidio di processo, trasparenza, soddisfazione utente e funzionalità al business, aspetti economici e così via.
Un esempio
Esiste una buona letteratura, talvolta disponibile anche liberamente attraverso Internet, che analizza vantaggi e benefici ottenibili dalle attività di benchmarking, tipologie di ricerca e modalità di svolgimento dell’attività, talvolta elencando la case history di società che hanno utilizzato questo strumento. Le diverse prospettive di indagine concordano sulle enormi potenzialità del benchmarking e sulla possibilità reale di ottenere insight di valore e utilità per il miglioramento della performance. Tuttavia, la maggior parte delle trattazioni si posiziona, volutamente, su un livello teorico e confronta correnti di pensiero diverse o metodologie di lavoro astrattamente differenti, evidenziando pro e contra delle diverse opzioni.
In questa sede il percorso intrapreso è diverso. Una scelta forse semplificata ma certamente rapida ed empiricamente provata: offrire una visione sintetica della modalità di svolgimento di un progetto di business travel benchmarking prendendo a riferimento l’esperienza raccolta dall’incontro con il leader internazionale, The Hackett Group. La Società offre un servizio strutturato e proceduralizzato di benchmarking in 8 differenti aree funzionali aziendali, fra cui l’area denominata Executive and Corporate Services, che include al suo interno il processo Travel and Transportation Services. Il sinottico riportato nella pagina accanto offre una sintesi dei principali elementi del cammino da intraprendere, con una breve descrizione di ciascuno. Prevede il coinvolgimento di un certo numero di risorse (owner di processo, funzione controllo di gestione, rappresentanza delle funzioni utenti) con un livello di seniority media, e con un coinvolgimento personale piuttosto limitato. I risultati sono spesso sorprendenti: il grado di accuratezza, la granularità dell’analisi, la numerosità e la significatività delle metriche sono tutti elementi di grande appeal, a fronte di un investimento sensato e decisamente proporzionato al risultato.
Testo di Davide Gibellini, Mission n. 7, novembre-dicembre 2011