Autorizzare vuol dire risparmiare

Ridurre i costi di viaggio è il sogno di ogni buon travel manager. Uno degli strumenti più semplici ed efficaci per raggiungere questo obiettivo, prima ancora del controllo delle spese di viaggio effettuate dai dipendenti, è la richiesta di autorizzazione alla trasferta. Molto diffusa, soprattutto presso le multinazionali e le imprese di grandi dimensioni,  questa pratica prevede che i dipendenti al di sotto di un determinato livello gerarchico presentino al proprio diretto superiore un modulo in cui comunicano le date di partenza, la destinazione e il motivo della trasferta. Nella richiesta essi sono tenuti a spiegare per quale motivo il viaggio è indispensabile e non può essere sostituito da altri strumenti di comunicazione, quali le teleconferenze o le videoconferenze.

Questa pratica può variare in maniera significativa da un’azienda all’altra: l’invio della richiesta, ad esempio, può avvenire per mezzo di un tradizionale modulo cartaceo, tramite email o – nelle imprese più evolute – con i moderni sistemi tecnologici che automatizzano la gestione delle trasferte. Inoltre, la procedura può essere più o meno articolata e prevedere uno o più livelli di autorizzazione. In tutti i casi, essa consente alle imprese di contenere i volumi di spesa, evitando che vengano effettuate trasferte non strettamente necessarie.

La parola alle imprese

«L’iter in vigore nella nostra azienda è semplice – spiega Roberto Somigli, responsabile acquisti della società Zurich Insurance -: il dipendente compila un modulo di richiesta (lo stesso documento che viene utilizzato per richiedere giorni di ferie e segnalare altri tipi di assenze), comunicando in dettaglio le date di partenza, il motivo della trasferta, la destinazione e aggiungendo un recapito telefonico al quale poter essere contattato durante il viaggio. Successivamente, egli invia il modulo al proprio diretto responsabile, incaricato di rilasciare l’autorizzazione, e all’ufficio del personale, che prende nota dell’assenza del dipendente nei giorni indicati».

«La nostra travel policy prevede che i dipendenti spediscano tramite email la richiesta di autorizzazione all’ufficio viaggi interno e, per conoscenza, al proprio diretto responsabile – dichiara invece Nadia Campanella, business travel manager di Takeda Italia Farmaceutici -. L’ufficio viaggi, in collaborazione con l’agenzia, si occupa di effettuare le prenotazioni di voli, alberghi o auto a noleggio, nel pieno rispetto della travel policy aziendale. In caso di prenotazioni fuori policy, l’ufficio è tenuto a inviare una segnalazione al direttore di reparto. Successivamente, il dipendente riceve una conferma dell’avvenuta prenotazione, con l’elenco dettagliato dei servizi di viaggio prenotati e delle relative tariffe. Questo documento viene sottoposto dal viaggiatore al direttore di reparto, che concede l’approvazione».

Talvolta le travel policy prevedono che i moduli di autorizzazione vengano presentati dai dipendenti con un certo margine di anticipo (in media, tra cinque e 10 giorni lavorativi). Questa regola ha principalmente lo scopo di indurre i dipendenti a programmare le proprie trasferte per tempo, usufruendo di tariffe più vantaggiose e trovando più facilmente posto sulle tratte aeree più affollate. Questo margine di anticipo, così come i tempi di approvazione, deve essere però definito in maniera realistica, tenendo conto della complessità della procedura e dei livelli di approvazione previsti. Occorrerà tenere conto, ad esempio, che spesso l’iter di approvazione per i voli di lungo raggio è più lento di quello per lo short haul In caso contrario, la richiesta di autorizzazione rischia di trasformarsi in una fonte di inutili ritardi, causando disagi ai dipendenti e ostacolando l’attività lavorativa.

Le eccezioni alla regola

Va detto, comunque, che nelle aziende la maggior parte delle trasferte vengono decise a ridosso della partenza. Non sempre, quindi, i viaggiatori hanno la possibilità di rispettare questa procedura. Una buona travel policy, dunque, deve prevedere delle eccezioni (ad esempio, in caso di programmi di emergenze o di viaggi che hanno origine all’estero). «La nostra policy prevede che il dipendente invii la richiesta di autorizzazione alla trasferta almeno una settimana prima della partenza – afferma Nadia Capanella -. L’attività svolta dai nostri dipendenti, però, non consente di rispettare sempre questa regola. L’azienda, quindi, cerca di essere flessibile per non ostacolare il lavoro dei dipendenti».

«La nostra policy non impone un termine di tempo entro il quale inviare la richiesta di autorizzazione, ma si limita a suggerire al personale di organizzare la trasferta con il massimo anticipo, in modo da poter scegliere la tariffa più conveniente, risparmiando sui costi dei voli aerei – aggiunge Somigli -. Si tratta, però, di un’indicazione di carattere generale, e non di un’imposizione».

Nel mettere a punto la procedura di autorizzazione, infine, l’azienda dovrà cercare di preservare la serenità del clima aziendale, evitando che i dipendenti si sentano limitati o sottoposti a controlli troppo severi.

Verso l’automazione

Negli ultimi anni, con l’avvento dei sistemi tecnologici per la gestione delle trasferte (self booking tool, expense process automation), un numero crescente di aziende ha scelto di automatizzare le richieste di autorizzazione alle trasferte. «Entro la fine di quest’anno introdurremo una nuova soluzione (il modulo e-Travel di Ariba) che ci consentirà di automatizzare il processo di autorizzazione, snellendo i tempi e ottimizzando i processi – spiega ad esempio Roberto Somigli -. L’automazione si estenderà anche alla gestione degli anticipi di cassa e alle note spese: i dipendenti compileranno un apposto form direttamente online, allegando al documento la scansione dei giustificativi».

«Nella nostra azienda la richiesta di autorizzazione è un iter complesso, che richiede diversi passaggi – afferma Campanella -. Per questo di recente, approfittando dell’implementazione di un nuovo sistema per la gestione delle note spese, abbiamo ipotizzato di automatizzare anche il flusso di autorizzazione. Un progetto impegnativo, perché la nostra azienda conta diverse tipologie di approvazione per differenti tipi di viaggiatori, dai dipendenti in trasferta, ai partecipanti ai convegni medici, ai gruppi incentive».

Altre forme di autorizzazione

Per concludere, ricordiamo che oltre alla richiesta di autorizzazione alla trasferta, le aziende adottano una seconda tipologia di autorizzazione, indispensabile per garantire il rispetto della travel policy da parte dei dipendenti e per tagliare i costi: quella delle spese sostenute dal dipendente durante il viaggio che viene concessa a consuntivo, nel momento in cui il dipendente presenta all’azienda una nota spese, con allegati i giustificativi che comprovano i costi sostenuti durante la trasferta. Anche in questo caso, per essere equa, la travel policy aziendale dovrà ammettere alcune eccezioni alla regola: dovrà, ad esempio, prevedere un adeguamento dei massimali per le metropoli particolarmente care, come Londra o New York. Allo stesso modo, dovrà definire importi più flessibili in caso di viaggi in compagnia di clienti, o di particolari figure aziendali (ad esempio, i dipendenti di filiali estere distaccati in Italia per motivi di lavoro).

Mission N. 5, settembre 2007 – testo di Simona Greppi

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