L’allarme droni allo scalo di Londra Gatwick ha causato un vero e proprio caos nel secondo aeroporto della capitale britannica, che giornalmente movimenta 120 mila passeggeri (ricordiamo con un singola pista, il più grande al mondo con una sola runaway, leggi qui il nostro report sullo scalo). Allarme che continua con ancora diversi ritardi e cancellazioni sullo scalo del Sussex. Una nota dello scalo afferma che “l’aeroporto è aperto ma che c’è un rischio di aumento dell’attività dei droni, con l’ulteriore notifica di mitigazione in atto”, e che sta lavorando con le compagnie aeree e il controllo del traffico aereo per “introdurre un numero limitato di voli” nelle “prossime ore”. Si suggerisce quindi ai viaggiatori su questo scalo di contattare le proprie compagnie aeree, tra cui naturalmente easyJet, primo vettore per l’aeroporto (leggi qui) per capire quando e da dove (alcuni voli sono stati dirottati anche a Parigi!) decollerà il proprio volo. Sono stati 657 i voli cancellati.
Allarme droni allo scalo di Londra Gatwick: la polizia alla caccia dei responsabili
“Stiamo impiegando tutte le opzioni disponibili per l’allarme droni, tra cui anche il loro abbattimento”, hanno detto le forze di polizia della contea del Sussex, che in precedenza ha indicato che i droni coinvolti erano di “specifica industriale”, ma che non ci sono prove di un possibile “evento terroristico dietro questo allarme droni. L’operatività dello scalo è quindi ancora limitata, con attivi “un numero limitato di voli” a causa di “ulteriori misure di attenuazione” da parte del governo e dei militari, ha detto amministratore delegato dell’aeroporto di Gatwick. Stewart Wingate.
Secondo i nuovi regolamenti che il Regno Unito ha emanato il 30 luglio 2018, è illegale per i privati cittadini di volare con piccoli droni sopra i 400 piedi ed entro poco più di mezzo miglio dal perimetro di un aeroporto. Il Primo Ministro del Regno Unito Teresa May ha detto che tutti i sospetti coinvolti nell’incidente saranno perseguiti per legge.
In Italia l’Enac è stata una delle prime a regolamentare il volo di questi strumenti, e sul suo sito si legge che “I Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto, noti come droni, sono considerati a tutti gli effetti aeromobili come previsto dall’art. 743 del Codice della Navigazione e definiti come tali da leggi speciali, dal regolamento comunitario dal regolamento dell’ENAC e, per quelli militari, dai decreti del Ministero della Difesa” (vedi qui). Ricordiamo che i droni non possono volare a più di 500 metri di distanza dal pilota con una quota massima di 150 metri di altezza. Ogni drone deve volare ad almeno 5 chilometri di distanza da un aeroporto. E ovviamente è impedito il volo nelle zone ATZ (Aerodrome traffic zone), che sono le aree in cui il traffico aereo è riservato ai soli voli in partenza o atterraggio dall’aeroporto. Per rispetto della privacy e dei regolamenti comunali è proibito sorvolare anche una folla di persone.
Poliziotti con fucili da caccia speciali sono stati avvistati a bordo pista, anche se i piccoli sistemi aerei senza pilota, i droni appunto, erano obiettivi difficili da colpire, specialmente se volano ad altitudini più elevate.