Aeroporti: Cambia il business

Come è noto, da alcuni anni il settore aereo sta attraversando una profonda crisi, che trova puntuale conferma nelle statistiche. Secondo la Iata (International Air Transport Association), ad esempio, nel 2002 – rispetto al 2000 – si è registrato un calo del 4% nel numero dei passeggeri e del 2% nel trasporto merci. Ma se negli ultimi due anni le pagine dei giornali si sono soffermate a lungo sulla crisi finanziaria e sul fallimento di alcuni vettori illustri, come la svizzera Swissair, minore attenzione è stata dedicata agli altri attori della filiera del business aereo e, in particolare, alla delicata situazione degli aeroporti. Che dopo un decennio di costante incremento nel numero dei passeggeri e nel traffico merci (un boom connesso in larga misura alla liberalizzazione del settore e, dunque, all’ingresso nel mercato di numerosi nuovi operatori), hanno incominciato ad accusare il colpo: stando alle previsioni dell’Aci (Airports Council International), nel 2002 il decremento nel numero dei passeggeri è stato tutto sommato modesto (-0,4%), soprattutto se paragonato alla flessione record registrata nel 2001 (-2,6%). Questo valore medio, però, è fortemente influenzato dalla crescita degli aeroporti in Medio Oriente (+5,1%) e Asia Pacifico (+5,6%) e maschera quindi le performance negative di nord America (-2,7%), America Latina (-4,9%) ed Europa (-0,5%). Va detto, inoltre, che negli ultimi due anni il traffico negli aeroporti nordamericani ha subito una flessione complessiva di quasi il 9%, mentre è stato di poco inferiore il calo in quelli europei (-6,5%). E anche i positivi risultati di Medio Oriente e Asia Pacifico non debbono trarre in inganno: per avere un quadro esatto della situazione in queste aree, infatti, occorrerà attendere le ripercussioni sul traffico aereo dell’“allarme Sars”: secondo l’Oag, infatti, nel solo mese di maggio i voli in partenza da Hong Kong sono diminuiti del 36%, quelli da Singapore del 29% e quelli da Taipei del 12%. Un calo che per gli scali si traduce in una drastica riduzione dei profitti derivanti da handling e tasse di imbarco.

E in Italia? Stando ai dati diffusi da Assaeroporti, i risultati raggiunti nei primi quattro mesi dell’anno fanno sperare in una ripresa. Negli scali della penisola sono stati infatti trasportati28.227.562 passeggeri, con una crescita del 9,1% rispetto al corrispondente periodo del 2002.

Nel nostro Paese sono pienamente operativi 98 aeroporti (17 dei quali sono classificati dall’Enac come grandi scali, ovvero con più di un milione di passeggeri l’anno), che nel 2002 hanno accolto, in totale, 91,5 milioni di passeggeri in transito. La maggior parte dei lavoratori del settore aeroportuale (11.088 addetti) dipende dalla Sea (che gestisce gli scali di Milano Malpensa e Milano Linate) e da Atr (Aeroporti di Roma).

A caccia di profitti

Gli ultimi anni, dunque, hanno visto gli scali aeroportuali impegnati nel compito di far quadrare i bilanci e resistere ai venti di crisi. Ma quali strategie sono state adottate? Per i grandi hub, che hanno costi di gestione estremamente elevati, la soluzione più efficace consiste nel cercare altre fonti di ricavo, diversificando le attività. Come sottolinea il docente di economia David Jarach nel saggio “Marketing aeroportuale” (casa editrice Egea), «le migliori realtà a livello internazionale testimoniano come la capacità di generazione di valore sia migrata da tradizionali impostazioni d’offerta, tese a servire primariamente le aviolinee, verso l’allargamento del pacchetto d’offerta rivolto a nuove tipologie di clienti […] È l’avvento del cosiddetto “aeroporto commerciale”, che privilegia il potenziamento delle attività non aviation in senso allargato. E ciò, si badi, non per narcisistica volontà di abbellimento dei terminali aeroportuali, quanto per la necessità di controbattere la spirale fortemente ribassista sui margini delle attività aviation di assistenza agli aeromobili e ai passeggeri all’imbarco e sbarco». Insomma, anche se l’11 settembre ha fatto registrare un’inversione di tendenza, costringendo numerose società di gestione ad abbandonare i progetti di investimento nel settore non aviation e a seguire strategie di emergenza “anticrisi”, ormai il trend aeroportuale più affermato punta sull’apertura di negozi e duty free e sulla valorizzazione dei servizi di handling. Tra gli esempi più illustri di questo tipo di gestione va citata la Save Spa, a capo del “Sistema Aeroportuale Venezia”, costituito dall’aeroporto veneziano Marco Polo (che con 4,2 milioni di passeggeri trasportati nel 2002 si colloca al terzo posto nel panorama degli scali italiani) e da quello di Treviso. Negli ultimi anni la società ha assunto la forma di un gruppo che opera nel settore dei servizi ai viaggiatori, articolando la sua attività in quattro aree business: aviation, engineering, parcheggi, retail/food & beverage. In particolare, la Save è la prima società di gestione aeroportuale italiana a occuparsi, attraverso la controllata Airport Elite, di tutte le attività commerciali, di ristorazione e di duty free interne all’aeroporto.

Servizi sempre più allettanti

L’obiettivo perseguito dagli aeroporti è proporre servizi sempre più allettanti per la clientela, spesso ricorrendo alle nuove tecnologie: ad esempio l’aeroporto Valerio Catullo di Verona (che nel 2002 ha registrato 2,3 milioni di passeggeri, offre in totale 19 collegamenti nazionali ed esteri e si colloca al secondo posto in Italia per il traffico charter) lo scorso maggio ha inaugurato “Catullo business way”, un servizio che consente ai viaggiatori d’affari – oltre al check-in dedicato – di prenotare l’area di parcheggio dell’autovettura direttamente in Internet. Risale al 20 giugno, invece, l’apertura presso l’Aeroporto di Napoli del nuovo Internet Center di Telelink, società di telecomunicazioni spagnola. Situato al primo piano dell’aerostazione, consente di navigare in Internet, noleggiare computer, copiare documenti su floppy e cd e usare lo scanner. L’investimento di Telelink nello scalo partenopeo prevede, tra l’altro, anche l’allestimento di quattro Internet point. Da notare che, grazie a un decreto del ministero delle Comunicazioni, presto le reti wireless (wi-fi), che consentono di navigare in Internet e mandare mail anche senza linea telefonica, saranno di casa in numerosi scali italiani.

Gli scali delle “no frills”

E veniamo agli scali di minori dimensioni, che sempre più spesso puntano sulle compagnie aeree low cost. Per venire incontro a questa tipologia di vettore, che attira fasce sempre più ampie di clientela, gli aeroporti devono essere in grado da un lato di proporre tariffe di handling estremamente competitive (è infatti proprio sulla riduzione all’osso di questo tipo di spese, oltre che sull’eliminazione dei servizi di bordo, che il modello di business delle low cost si fonda) e, dall’altro, una grande rapidità e flessibilità nei servizi a terra per consentire l’efficiente sfruttamento dei velivoli. Il tornaconto, però, è evidente: gli scali di Rimini e Forlì, negli anni passati, hanno conosciuto un vero e proprio boom proprio grazie all’ingresso del colosso “no frills” Ryanair. Un successo che, recentemente, ha indotto il “Federico Fellini” a ospitare i collegamenti con Londra Gatwick di Volareweb, la nuova low cost di Volare Group.

Anche l’Aeroporto Internazionale Orio al Serio, gestito da Sacbo, nel 2002 ha registrato un record assoluto di traffico, con ben 1.252.523 passeggeri in transito contro i 1.241.000 del 2000. Un successo che, a detta dei responsabili dello scalo, è dipeso in larga misura dall’introduzione dei nuovi collegamenti di Ryanair con Francoforte e dall’ingresso lo scorso autunno delle compagnie low cost Skyeurope, Sterling, Air Berlin, BmiBaby e Hapag Lloyd Express. Nuovo impulso, inoltre, è previsto a seguito dell’inaugurazione, lo scorso giugno, di un collegamento con Pescara proposto dai due nuovi vettori Air Italica(compagnia regionale con un azionariato composto da un gruppo di industriali abruzzesi) e Alisea Airlines, fondata nel 2000 da alcuni imprenditori siciliani.

Insomma, la partnership con le compagnie a basso costo è decisamente vincente. E non stupisce, dunque, che gli scali siano disposti anche a incentivare con sovvenzioni i vettori no frills che intendono operare dai loro terminal. E intanto, anche le grandi società aeroportuali optano per la diversificazione dei servizi: la già citata Save, ad esempio, ha affidato all’aeroporto di Treviso tutto il traffico low cost, charter e cargo, mentre il punto di forza dell’aeroporto di Venezia rimane il traffico di linea, che rappresenta il 95% del totale.

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