Il dado è tratto. La privatizzazione delle Ferrovie dello Stato si farà. Ma con alcuni distinguo. Ovvero la Rete ferroviaria resterà pubblica, come ha sottolineato anche il ministro dei trasporti e delle infrastrutture Graziano Delrio in un’intervista a La Stampa: “sono contrario alla quotazione della rete insieme ai treni. In tutta Europa l’infrastruttura ferroviaria è a maggioranza pubblica e neutrale, al servizio dei cittadini e della concorrenza. Persino in Gran Bretagna, dove era stata malamente privatizzata, la rete sta tornando sotto il controllo dello Stato”.
Il dossier privatizzazione da tempo allo studio del governo, dovrebbe portare sul mercato il 40% di un’azienda che, prima con la guida di Mauro Moretti e poi con quella di Michele Elia, si è trasformata. Diventando una società che macina utili; in crescita del 60% per l’anno in corso secondo il preconsuntivo appena chiuso, da 303 a 500 milioni di euro, con ricavi che passerebbero da 8.390 a 8.500 milioni di euro e investimenti passati dai 4,3 miliardi del 2014 ai 5,3 miliardi del 2015.
Ottimi conti che, però, agli attuali vertici potrebbero non bastare per mantenersi in sella, o sui binari visto la materia, in quanto voci da più parti, nonché lo stesso DelRio, prevedono un cambio delle posizioni di top management, ovvero del presidente di FS Marcello Messori e dell’amministratore delegato Elia: “ll decreto del presidente del Consiglio per l’avvio della quotazione della società è quasi pronto, questione di giorni. Da quel momento si avvierà una nuova fase anche per i vertici aziendali” ha detto infatti il ministro dei trasporti. In pole position ci sarebbe l’attuale ad di BusItalia, Renato Mazzoncini, che ha conquistato il sostegno di Renzi con la privatizzazione del trasporto locale fiorentino.
Ma se ne saprà certamente di più giovedì 26 novembre, giorno di Cda per la società, dove ci sarebbero opinioni divergenti rispetto appunto alla privatizzazione di Fs, e con ruoli importanti scoperti dopo l’uscita dei presidenti di Trenitalia e Rfi , Marco Zanichelli e Dario Lo Bosco. Elia spinge per rilanciare il business razionalizzando l’attività di trasporto merci e logistica in un’unica entità, chiudendo i contratti di trasporto pubblico locale, già a buon punto, ma con l’esigenza di una maggiore integrazione tra ferro e gomma (vedi il tentativo di espansione nei servizi pubblici su gomma urbani, oltre il caso dell’Ataf Firenze). Inoltre il fiore all’occhiello dela gestione Elia è l’espansione nel fatturato estero che ormai rappresenta il 12% del totale, con la partecipazione a progetti europei (Parigi-Bruxelles, Madrid-Barcellona, Amburgo-Francoforte e alcune tratte tedesche nel sud, l’Alta velocità inglese) ed extra-europei (la Singapore-Kuala Lumpur, in Arabia Saudita, Oman, Sudafrica e Brasile).