Dati contrastanti sul business travel arrivano dagli Stati Uniti, dove uno studio compiuto dalla GBTA mostra che nel 2015 gli americani viaggeranno di più per lavoro, anche se le aziende hanno stretto un po’ la cinghia nell’autorizzare trasferte all’estero. Motivo? Le preoccupazioni derivanti dalla difficile congiuntura economica mondiale e provocati dal crollo dei prezzi del petrolio.
I dati resi noti dalla Global Business Travel Association mostrano infatti che i viaggi di lavoro originati negli Stati Uniti aumenteranno dello 0,7% rispetto all’anno precedente, mentre la spesa dovrebbe attestarsi a 292 miliardi di dollari, con una crescita del 3,1% ma in calo rispetto a quanto si pensava solo pochi mesi fa quando si preventivava un +4,9%.
Tutto bene, allora? Non esattamente, dato che dall’altra parte dell’Atlantico regna un po’ di paura, che ha fatto scendere la spesa complessiva media per viaggio, che ha portato i business manager a diminuire le trasferte in aree come la Cina, la Russia e il Medio Oriente.
“Il business travel è uno dei principali indicatori della salute delle aziende e di un Paese” ha detto Michael McCormick, direttore esecutivo di GBTA. “E’ ancora in salute, ma la parola d’ordine è cautela“. E mentre in Italia il calo del prezzo del greggio fa tirare un sospiro di sollievo a molti settori, negli Usa desta qualche preoccupazione e porta a rivedere le strategie delle aziende. Basti pensare che se nel 2014 negli Usa la spesa media per un volo domestico di andata e ritorno costava 392 dollari, nel 2015 toccherà i 379 dollari.
E per il 2016? GBTA ha fatto una stima anche per il prossimo anno, dove la spesa correlata al business travel si prevede comunque in crescita del 3,7% fino a 303 miliardi, anche se meno del +5,4% che si prospettava a luglio. “Ma non prevediamo nessun incremento del numero di trasferte” ha concluso McCormick. Questa discrepanza potrebbe anche essere data dal fatto che nel 2016 le tariffe alberghiere corporate dovrebero aumentare del 6-7% rispetto al 2015.