L’outlook globale di Alix Partners sull’automotive ci fa tirare un sospiro di sollievo: la ripresa va più veloce del previsto. Sono 77 milioni i veicoli venduti nel 2020, nel 2021 recupereremo a 83 milioni per tornare ai livelli pre-crisi nel 2025. Non senza stress per le Case: l’interruzione della supply chain con la crisi dei semiconduttori è solo una delle minacce.
Dario Duse, managing director della società di consulenza newyorchese, argomenta: «La profittabilità rimarrà sotto pressione a causa della crescita dei costi delle materie prime (+90% a maggio 2021) e degli ingenti investimenti necessari per l’elettrificazione, pari a 330 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni».
Continua: «I produttori devono sviluppare ulteriormente competenze sul software e cambiare l’assetto produttivo delle fabbriche powertrain; il tutto in un periodo in cui la crescita dei volumi non sosterrà una scala e dei costi dei componenti delle vetture elettriche tali da garantire un contributo positivo sui margini».
Outlook Alix Partners Automotive alla 18esima edizione
La ricerca giunge alla 18esima edizione ed è molto ricca: offre sia un’analisi retrospettiva sia una visione orientata al futuro.
Come dicevamo, il recupero dal disastro dell’anno della pandemia è palpabile e lo si deve ai fondi dei Governi. Gli 11 maggiori Paesi del mondo hanno spinto sull’automotive per 13.700 miliardi di dollari. Cioè sette volte di più rispetto alla crisi finanziaria del 2008-09. L’Europa ha introdotto sostegni di 20 volte superiori. Anche perché ha perso in misura significativamente maggiore nel 2020.
Inoltre, le aspettative di crescita dei Pil di Stati Uniti e Cina sostengono l’economia: quest’anno dovrebbe attestarsi sul 6%. Per l’Europa, invece, si deve attendere il 2022 per un +4%, che è comunque alto.
Chi guiderà la crescita degli anni 2023-25? Cina, Medio Oriente e Africa e Sudest asiatico.
L’enorme potenziale della Cina
La Cina ha un enorme potenziale di sviluppo perché la media di auto ogni mille abitanti è molto bassa. Circa 150-180 per mille persone. Nel 2020, la nazione ha accusato perdite lievi vendendone 23,7 milioni. Già quest’anno supererà il 2019 e commercializzerà 25,4 milioni di vetture, mentre nel 2027 raggiungerà i 30 mln.
L’inarrestabile crescita dei Suv
Quanto ai segmenti dell’automotive, Alix Partners stima una inarrestabile corsa dei Suv: dal 32% di quota di mercato del 2018 sono passati al 36% nel 2020. Arriveranno, a livello globale, al 35%.
Il segmento A diventerà sempre più marginale nel mix.
In Italia toccherà la metà delle vendite nel 2025, ma anche il segmento B vedrà incrementare la quota, a discapito dell’A.
Nel nostro Paese, il mercato toccherà i 1,7 milioni di veicoli nel 2021 (1,5 nel 2020) per poi salire a 1,9 nel 2025, circa 200mila in meno rispetto ai valori pre-pandemia.
La corsa delle elettriche e Phev
La quota di mercato delle auto elettriche (EV) subirà nei prossimi anni un forte aumento: a livello mondiale salirà dal 3%, conquistato nel 2020, all’11% nel 2025 e al 24% nel 2030.
In Europa crescerà al 17% nel 2025 e al 32% nel 2030.
Nel Belpaese, lo share delle zero emissioni passerà dal 2% del 2020 al 13% nel 2025 e al 24% nel 2030. Le plug in hybrid (Phev) e ibride (Hev) rappresenteranno il 60% nel 2025, per poi salire ancora al 67% nel 2030.
Investimenti per l’elettrificazione
«L’elettrificazione sta diventando mainstream – afferma Duse – e ciò comporta che gli operatori dovranno cambiare business model, produrre internamente i componenti elettronici e l’Europa potrà essere autosufficiente nella produzione di batterie entro il 2022».
Gli investimenti per l’elettrificazione aumenteranno del 41% tra sviluppo ingegneristico e capacità produttiva, in un quinquennio. Questo valore è il doppio di quanto l’industria impegna su tutti gli altri fronti.
Tuttavia, gli EV non saranno nel numero sufficiente per supportare questo stress economico.
Peraltro, le Case patiscono uno svantaggio per la parte dei motori EV. Il costo di un powertain elettrico è ancora oggi 2,5 volte più alto di uno convenzionale. Di qui il motivo per cui la tecnologia “green” è applicata prima sui segmenti di vetture più grandi, di prezzo elevato.
La continua discesa del costo delle batterie ridurrà tale divario: il target di 100 $/kWh è previsto intorno al 2025.
La produzione di batterie
La batteria vale il 50% del costo dei componenti di un EV ed è la voce principale.
Se oggi la capacità di batterie prodotte è superiore a quanto gli Oem necessitano, lo si deve alla Cina. Stante i piani di investimento, da una situazione di assenza di capacità produttiva, l’Europa diventerà autonoma in meno di due anni.
L’outlook di Alix Partners sull’automotive spiega che gli altri componenti dell’elettrificazione saranno prodotti internamente in misura maggiore.
Duse: «Governare questa produzione in-sourcing sarà fondamentale e questo si collega ad un fenomeno di riposizionamento delle competenze. I lavoratori dovranno migrare verso nuove competenze. La nuova focalizzazione si orienterà su software ed elettronica, che non erano due settori storicamente in casa».
In Europa, il 25-36% di fabbriche si deve trasformare in stabilimenti di produzione di componenti e assemblaggio. Altrimenti, il 12% è a rischio chiusura. Il Vecchio Continente rischia più degli altri, perché tradizionalmente con alta densità di impianti per motori tradizionali.
Paolo Pucino, director di Alix Partners che ha coordinato lo studio, spiega che l’automotive sarà un settore sempre di più software driven. «Si pensi che le linee di codice sviluppate nel 2020 sono arrivate a 200 milioni dai 50 milioni nel 2005». E c’è un’affannata ricerca di ingeneri informatici da parte delle Case, ma solo Tesla risulta, da un sondaggio, il posto di lavoro migliore.
I programmatori preferiscono lavorare per Google, Amazon e Facebook.
Una gigafactory in Italia è possibile
Ogni Oem vorrebbe avere la propria gigafactory, cioè una fabbrica di batterie agli ioni di litio e di componenti per veicoli elettrici.
«Anche l’Italia può averne una grande – sottolinea Dario Duse -: diversi operatori della filiera potrebbero partecipare in questa operazione. Stellantis è un key decision maker da questo punto di vista, ma non è l’unico. Nel PNRR ci sono risorse per una produzione di batterie in Italia e non ci manca il know how».
La rete elettrica italiana reggerà?
Duse. «Gli economics di chi gestisce le colonnine non sono rilevanti finché fatti dallo Stato, ma lo diventeranno quando diventeranno privati. Oggi il tasso della colonnina utilizzata rispetto all’occupazione è ancora relativamente basso. Vero è che sono trasformate anche in parcheggi. Più punti di ricarica stimoleranno l’acquisto di EV da parte delle flotte aziendali. Senza dimenticare che le infrastrutture localizzate rappresenteranno un beneficio. Sì, c’è spazio per reggere ancora più veicoli elettrici, ma nel medio periodo gli investimenti che abbiamo citato serviranno tutti. La morfologia dell’Italia è particolarmente difficoltosa».
Oggi, il Belpaese esporta il 45% dei 40-45 miliardi di valore della filiera automotive.
Lo sbilanciamento è su trasmissioni, motori a combustione e componenti meccanici che verranno progressivamente ridotti. Anche qui la sfida è riposizionarsi nello sviluppo di tecnologia.
Le credenziali ci sono: a Gavassa, nel comune di Reggio Emilia, si è insediata Silk Faw con un team di 5 persone (italiane) per produrre auto elettriche di alta gamma. Silk è una società americana di ingegneria e design automotive, mentre Faw è un produttore di auto cinese.
L’investimento è di un miliardo di euro per la creazione di mille posti di lavoro in quella Motor Valley emiliano-romagnola che di propulsori rombanti ne ha creati tanti. Da domani saranno solo più silenziosi.