Il Coronavirus cambia anche la classifica dei “passaporti più potenti” del mondo. Con essa si modifica la gerarchia della mobilità e delle migrazioni. Se prima la libertà di viaggio era prerogativa di cittadini di nazioni ricche e democratiche come il Regno unito, il Canada, gli States e l’Europa occidentale, oggi la fotografia è completamente diversa.
Gli Stati Uniti, ad esempio, vedono il numero di Paesi raggiungibili senza visto ad appena 75 dai 175 come normalmente. Un altro caso è Singapore, notoriamente al vertice del ranking che esprime anche l’apertura delle nazioni ai viaggi dal punto di vista della “burocrazia consolare”. Oggi i singaporiani possono viaggiare in meno di 80 destinazioni contro le 190 d’inizio 2020, quando occupavano il secondo gradino del podio mondiale.
L’appuntamento con l’Henley Index Passport ci aggiorna sulla classifica originale di tutti i passaporti del mondo in base al numero di destinazioni a cui i loro titolari possono accedere senza un visto preventivo.
La classifica dei passaporti più potenti muta con il Covid19
Le restrizioni ai viaggi legate al Covid19 stanno iniziando a diminuire in alcuni Paesi dopo più di sei mesi di panico e incertezza. La ripresa dei viaggi internazionali transfrontalieri può sembrare un segnale che le cose stanno lentamente tornando alla normalità, ma come mostra l’ultima ricerca dell’Henley Passport Index la pandemia ha completamente ribaltato la gerarchia apparentemente incrollabile della mobilità globale.
Quest’ultima rimaneva pressoché invariata da decenni e si basa su dati esclusivi dell’International air transport association (Iata).
Altre variazioni riguardano il Brasile, ma non solo.
I titolari di passaporto brasiliano sono stati in grado di accedere a 170 destinazioni senza acquisire un visto in anticipo a gennaio. Attualmente sono accessibili solo circa 70 destinazioni. Il calo della mobilità e del passaporto per paesi come India e Russia è stato meno drammatico, ma comunque indicativo di un cambiamento generale. I cittadini russi avevano accesso a 119 destinazioni prima dell’epidemia di Covid-19, attualmente possono viaggiare a meno di 50. All’inizio dell’anno, i possessori di passaporto indiano potevano viaggiare verso 61 destinazioni senza visto, poi a causa delle restrizioni legate ai virus, oggi hanno accesso a meno di 30.
Vedi qui l’Henley Index 2019 che poneva l’Asia ai vertici.
Henley Passoport Index quarto trimestre 2020
Senza tenere conto dei vari divieti e delle restrizioni di viaggio legati alla pandemia, il Giappone continua a detenere il primo posto nell’Henley Passport Index, con un punteggio di 191 senza visto/visto all’arrivo. Singapore rimane al 2° posto, con un punteggio di 190, mentre la Germania e la Corea del Sud condividono il terzo, ciascuna con un punteggio di 189.
Gli Stati membri dell’UE continuano a ottenere i migliori risultati complessivi, con i Paesi dell’Unione che occupano la maggior parte delle posizioni nella top 10 dell’indice.
L’Italia è quarta con Finlandia, Spagna e Lussemburgo. Le destinazioni raggiungibili senza visto sono 188.
L’inventore dell’indice dei passaporti più potenti al mondo
Per l’inventore dell’indice dei passaporti più potenti al mondo e presidente di Henley & Partner, Christian H. Kälin, siamo di fronte ad una rivalutazione epocale della mobilità.
«Per i cittadini di paesi ricchi e democratici, la libertà di viaggio è stata data per scontata per decenni. La pandemia ha determinato la significativa perdita di accesso e privilegi. Mentre i paesi di tutto il mondo si battono per gestire una nuova categoria di rischio, c’è uno spostamento dalla libertà di viaggio considerata come una prerogativa dei titolari di passaporti un tempo potenti, verso la consapevolezza che ora è un lusso necessario per coloro che desiderano accedere a istruzione di prima classe, opportunità di business e assistenza sanitaria di qualità per se stessi e le proprie famiglie».
Scarica qui la classifica del terzo trimestre 2020 dell’Henley Passport Index.
Restrizioni di viaggio, Brexit e new normal
Se il Covid-19 ha spostato l’attenzione dall Brexit e dalle controverse politiche migratorie degli Stati Uniti, è critico dimenticarle.
Gli esperti sottolineano che il loro probabile impatto non è diminuito.
Robert McNeil, vicedirettore dell’Osservatorio sulla migrazione all’Università di Oxford, afferma che anche se la pandemia ha fatto esplodere il concetto di “business as usual”, un drammatico finale della Brexit si profila ancora all’orizzonte.
Osserva: «Qualunque sia la forma finale dell’uscita del Regno Unito dall’UE, è probabile che influirà sulla migrazione. Dopo il referendum del 2016, il deprezzamento della sterlina ha ridotto l’attrattiva del Regno Unito per i lavoratori dell’UE. Cosa che potrebbe ripresentarsi se la Brexit scuotesse ulteriormente i mercati finanziari. Nel frattempo, le maggiori restrizioni all’accesso dei migranti dell’UE al mercato del lavoro inglese dovrebbero essere implementate come nuove regole nel disegno di legge sull’immigrazione del 2020».
In breve, sembra inevitabile che ciò porterà a un calo della migrazione europea nel Regno Unito.
Viaggi e politiche migratorie
Con una nuova realtà di restrizioni ai viaggi, gli analisti affermano che cambieranno le politiche migratorie stesse. Il che riguarda i viaggi d’affari propriamente.
Molte persone vorranno cercare una seconda residenza o addirittura valutare un cambio di nazionalità se le limitazioni danneggeranno gli investimenti, i risparmi, il lavoro, la salute.
Parag Khanna, fondatore e managing partner di FutureMap, rimarca sulla Brexit.
«Anche prima della pandemia, la Brexit aveva spinto i professionisti britannici a cercare nazionalità tedesca, francese, spagnola e di altre nell’UE in base al lignaggio, oppure a prendere una residenza che porta alla cittadinanza in paesi come il Portogallo. Gli americani si sono avvalsi di opzioni simili in paesi che vanno dal Canada a Malta».
Stime recenti suggeriscono che l’interesse per i programmi di migrazione degli investimenti è aumentato di cinque volte dal 2019 alla metà del 2020.