La lenta ripresa è iniziata

Tutta colpa del mutamento del paradigma dei consumi, a causa del quale sale la fiducia ma non la spesa. È questa la motivazione alla base della previsione errata di due anni fa, quando l’Uvet travel index 2013, l’indice che stima l’andamento del prodotto interno lordo italiano sulla base della stretta correlazione tra economia nazionale e trend del business travel, aveva calcolato per il 2014 un pil in crescita di ben l’1%. Una previsione che, in realtà, si è rivelata un’illusione, tanto ormai pare assodato che l’anno appena terminato si chiuderà ancora con numeri in territorio negativo. Il problema è che le stime si basano sugli indicatori di aspettativa e la crisi è stata talmente profonda da aver mutato almeno parzialmente il senso della parola fiducia: «Se prima significava credere in un futuro prossimo dalle prospettive migliori, oggi vuol dire semplicemente aspettarsi che le cose non peggioreranno», racconta Valerio De Molli, manager partner di The European House Ambrosetti: lo studio che dal 2012 calcola l’indice sulla base dei dati business travel raccolti da Uvet American Express tra un campione di 700 imprese rappresentative dell’economia italiana. La corrispondenza tra trend dei viaggi d’affari e pil, insomma, permane; a mutare sono i modelli di interpretazione dei sondaggi predittivi. Ecco allora che l’Uvet travel index quantifica per il 2014 un prodotto interno lordo in calo dello 0,37% e per quest’anno una mini-ripresa da +o,7%. Stime che non si discostano poi molto da quelle rilasciate recentemente da Istat (rispettivamente -0,3% e +0,5%), Centro Studi Confindustria (-0,5% e +0,5%) e Ocse (-0,4% e +0,2%).
I numeri sull’andamento dell’economia italiana sono stati rivelati durante l’edizione 2014 del BizTravel Forum, l’evento meneghino sui viaggi d’affari organizzato da Uvet American Express. E come ogni anno, il network agenziale ha pubblicato anche il suo tradizionale Business travel survey, che organizza per l’occasione tutti i dati raccolti in modo da tracciare un quadro panoramico dei trend di settore. Dall’indagine emerge un’immagine tutto sommato dai contorni positivi, seppur appiattita su livelli decisamente inferiori agli standard pre-crisi. È così che, nei primi nove mesi del 2014, sono cresciute sia la quantità delle trasferte, sia le spese di viaggio, aumentate rispettivamente di otto e cinque punti percentuali rispetto allo stesso periodo di due anni fa. Ciononostante i volumi, e di conseguenza i fatturati, rimangono ancora molto lontani dai record del 2007, quando il numero dei voli business aveva raggiunto un picco del 16% superiore alla quota dell’anno base 2001. I dati riferiti al 2013 ci dicono infatti che le trasferte aeree non raggiungono i 30 milioni: un valore che si pone appena il 2% sopra a quello di dodici anni prima.

Cifre e dati, questi ultimi, influenzati da un andamento contraddittorio dei trend del business travel che, sempre al 2013, registrano per il terzo anno consecutivo dinamiche a tre velocità: a una destinazione Italia in contrazione in termini di volumi (-0,6% rispetto al 2012), corrispondono infatti un’Europa sostanzialmente stazionaria (+0,2%) e delle rotte intercontinentali in decisa salute(+3,8%). La crescita delle trasferte a lungo raggiotraina quindi le spese complessive per viaggi d’affari delle imprese italiane che, a prezzi correnti, salgono a quota 18,8 miliardi di euro, aumentando di circa il 2,1% rispetto al 2012: un passo leggermente superiore al tasso di inflazione medio del 2013, che secondo l’Istat è stato dell’1,2%. Disaggregando il dato sulla spesa si scopre, in particolare, che mentre la componente internazionale avanza del 4%, sostenuta sia da fattori reali, sia degli effetti degli aumenti dei costi del petrolio, la spesa nazionale scende dell’1,3%: un dato negativo su cui pesa certo il calo delle trasferte e del numero dei pernottamenti, ma anche lo spostamento degli acquisti dai passaggi aerei alla meno costosa Alta velocità ferroviaria.
Proprio l’anno scorso sembrava peraltro scontato il sorpasso della rotaia sui voli lungo la direttrice Milano-Roma. Sorpasso che invece non è avvenuto: il rapporto tra i due mezzi di trasporto è rimasto infatti pressoché invariato rispetto al 2013, con il 48% delle imprese italiane pro-ferrovia e il 52% pro-aereo, dopo che la riduzione dei tempi garantiti dall’Alta velocità aveva fatto guadagnare al treno ben dieci punti percentuali in appena due anni (nel primo quadrimestre 2012, la quota volo era attorno al 62%).
Altre tendenze consolidate paiono, al contrario, proseguire la loro rotta anche nel 2014. A cominciare dalla competitività del comparto dei viaggi d’affari organizzati, che continua a generare efficienza: in termini numerici, in particolare, tra gennaio 2006 e settembre 2014, l’inflazione è stata del 19,4%, mentre l’incremento dei prezzi nel settore trasporti si è attestato attorno al 29,1%.  In tale contesto, le tariffe del business travel managed sono invece scese del 31,4%. In pratica, spiega con un esempio la stessa indagine Uvet, a parità di caratteristiche e condizioni di viaggio, una trasferta, per cui nove anni fa si spendevano 100 euro, oggi costa 68,6 euro, mentre se i prezzi avessero seguito la media di quelli dei trasporti, tale cifra sarebbe salita a quota 129,1 euro.
Le difficoltà economiche favoriscono, infine, la perdurante tendenza delle imprese italiane a cercare nuovi sbocchi di mercato al proprio business: in particolare se da una parte diminuisce l’importanza di destinazioni classiche come quelle nordamericane, il cui peso relativo nel totale del traffico intercontinentale scende dal 37,9% dei primi nove mesi del 2013, al 36,3% dei medesimi tre trimestri dello scorso anno, da un altro canto crescono le mete emergenti come il Far East (dal 26,7% al 27,3%), il Medio Oriente (dal 10,6% all’11,1%), il Sud America(dall’8% al 9,1%), l’Africa (dal 3,2% al 3,3%) e la parte centrale del Nuovo continente (dal 2,1% al 2,3%).
Particolarmente interessante appare, a quest’ultimo proposito, un’altra correlazione chiave individuata da The European House Ambrosetti: esisterebbe infatti una proporzionalità diretta tra i trend dei viaggi d’affari e le esportazioni italiane verso molti mercati internazionali. Nel periodo 2006 – 2013 e nell’area dei cosiddetti Brics, per esempio, tale correlazione, misurata su una scala che va da o (minima) a 1 (massima), si situerebbe tra lo 0,70 della Russia e lo 0,93 della Cina. Questi valori, tradotti in termini concreti, significano che un aumento nel volume del business travel, in direzione delle stesse due nazioni, si riverbera, per il 70%, sulle esportazioni verso il Paese euro-asiatico e, per il 93%, su quelle destinate all’ex Celeste impero. Se a ciò si aggiunge, prosegue l’analisi The European House Ambrosetti, il fatto che l’export italiano verso tutti i mercati Brics è cresciuto, negli otto anni presi in esame, a ritmi inferiori alla media mondiale, si può ragionevolmente dedurre come la leva viaggi d’affari possa essere utilizzata anche per spingere e favorire ulteriormente il dinamismo delle nostre esportazioni.

Crescita nel Vecchio Continente
Il futuro, insomma, sembra oggi meno grigio che in passato. E questo, nonostante alcuni fattori critici, tra cui la crisi ucraino-russa, il rallentamento dell’inflazione nel Vecchio Continente, il crescente debito in Cina e il calo dei prezzi del petrolio, possano giocare nei prossimi mesi un effetto negativo sulla domanda di viaggi e sulle tariffe, così come sottolinea un’altra recente indagine di livello europeo. Il Bti outlook Western Europe, realizzato dalla Global business travel Association (Gbta), conferma infatti l’andamento moderatamente positivo del 2014 già registrato dal Business travel survey: la spesa per i viaggi d’affari, nei cinque mercati analizzati (Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna) sarebbe in particolare cresciuta del 4,9% rispetto al 2013, facendo in questo modo registrare l’incremento maggiore dal 2010. «Dopo avere vissuto molti trimestri di riduzione, il Vecchio continente sembra stabilizzarsi e iniziare una fase di recupero», spiega il direttore regionale Gbta per l’Europa, Catherine McGavock. «Dobbiamo superare ancora molti ostacoli, ma le tendenze stanno finalmente mutando segno: a un solido 2014, dovrebbe quindi seguire un 2015 altrettanto positivo per il business travel», tanto che la stessa Gbta stima per l’anno in corso un ulteriore aumento del 6,6% della spesa in viaggi d’affari nei cinque mercati considerati. E anche se le performance del business travel italiano complessivo appaiono decisamente inferiori (+1,4% nel 2014 e +2% nel 2015), sensibilmente più in linea con i trend degli altri mercati sono le aspettative relative alla spesa per le trasferte internazionali che, dopo il +4,7% registrato l’anno scorso, dovrebbero crescere del 6,7% nel 2015.
A ritmi decisamente superiori è destinata in ogni caso ad aumentare la domanda proveniente dai mercati emergenti come la Cina, l’India e il Brasile. E ciò, unitamente al ritorno alla crescita delle economie avanzate, e a un limitato incremento dell’offerta, si tradurrà, con ogni probabilità, in una pressione al rialzo sulle tariffe. Lo sottolinea un’altra indagine Gbta, realizzata questa volta in collaborazione con il network Carlson Wagonlit Travel (Cwt). «I travel manager da noi interpellati per il Global travel price outlook 2015», racconta il vicepresidente Gbta, Joseph Bates, «si aspettano in effetti aumenti nelle tariffe per molti servizi di viaggio, soprattutto i voli (+2,2%) e gli hotel (+2,6%)». Stabili appaiono invece le tariffe dei trasporti via terra, caratterizzati da una generale abbondanza di offerta. Per quanto riguarda poi nello specifico l’Italia, i buyer si attendono lievi incrementi per i biglietti aerei (+0,8%) e le prenotazioni alberghiere (+1%), mentre per la mobilità via terra  prevedono un calo dell’1,1%.

Un anno all’insegna del mobile
Secondo una ricerca annuale condotta da Cwt su oltre 1.100 travel manager, ad avere l’impatto più significativo sulla gestione dei viaggi d’affari quest’anno saranno la sicurezza dei dati e la tecnologia mobile. In particolare, i manager con responsabilità globale considerano la disponibilità di big data, l’andamento dell’economia globale e la New Distribution Capability di IATA come gli elementi che influenzeranno maggiormente la loro attività.
I travel manager con responsabilità regionali, invece, percepiscono altri temi come più significativi nelle loro aree: in Asia-Pacifico i responsabili viatti sottolineano in particolare il ruolo dei vettori low cost; in Europa il trend più rilevante risulta essere la Corporate Social Responsibility (CSR); in America Latina il focus è attribuito al contesto economico e politico globale e alla sharing economy; nel Nord America, infine, le tecnologie mobile risultano la voce che avrà il maggior impatto sulla gestione del travel.

Testo di Massimiliano Sarti, Mission n.1, gennaio-febbraio 2015

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