L’evento è verde

Esiste uno strumento vincente e sicuro per far risparmiare le aziende, aumentarne il consenso presso il largo pubblico e assicurare la fidelizzazione dei dipendenti. Un’utopia? No, una realtà: si chiama sostenibilità ambientale e può essere applicata ad ogni attività aziendale: dall’evento corporate al convegno nazionale, fino al workflow quotidiano. Non più e non solo il riciclo dei documenti stampati o il semplice cartellino nelle camere d’albergo per lavare solo gli asciugamani realmente sporchi, ma viaggi incentive con ricadute positive per la popolazione del luogo, team building passati a riforestare o a fare raccolta fondi, catering a “chilometro zero”, viaggi d’affari che compensano le emissioni di CO2.
Che l’approccio “green” stia diventando ben più di una moda anche nel business non è una novità: già dall’uscita del celebre libro “No logo”, dove Noemi Klein faceva le pulci a tante multinazionali smascherandone il buonismo di facciata, molte aziende si sono dotate di un codice etico e di una disciplina di responsabilità sociale (Csr, Corporate Social Responsibility), tentando di ricostruirsi un’immagine affidabile. Ma da qualche tempo quelli che spesso sono solo “lavaggi di coscienza” (i cosiddetti “greenwashing”) non bastano più. Nel tempo di Internet e dei “social network”, della diffusione delle informazioni a qualsiasi livello della popolazione, la condotta delle aziende deve essere trasparente per non rischiare di perdere consenso in un bacino di consumatori sempre più interessati ad acquistare prodotti e servizi eticamente “puliti”, per i quali sono disposti a pagare di più. Tanto più che pare che il “think green” sia davvero la strada giusta verso il risparmio di costi e l’aumento di ricavi. Gli ultimi risultati di una ricerca americana promossa da Environmental Leader, centro di ricerche che studia politiche e strategie ambientali nel campo del business, e MediaBuyerPlanner, rivista americana di gestione aziendale (fonte greencity.it), rivelano che per la maggior parte degli intervistati il “green marketing”, la cultura della responsabilità sociale e dell’attenzione all’ambiente applicata all’attività di business e alla sua comunicazione, non solo funziona, ma diventa un valore aggiunto, capace di generare profitto. Tesi confermata anche dal libro “Ecoeventi” (Lupetti editore 2009) scritto a sei mani da Elena Vender Caldarelli, Stefano Ferri e Annamaria Ruffini, che sfata una serie di luoghi comuni su eventi e attività pensati e organizzati cercando di seguire le famose “4 R”: riduci, riusa, ricicla, ripara. «Il primo luogo comune da abbattere è quello secondo cui un “greenmeeting” sarebbe costoso – afferma Stefano Ferri –: in realtà è vero il contrario. Non solo l’ecoevento, e la sua giusta comunicazione insieme ad una certificazione di ecosostenibilità, permettono di avere una ricaduta positiva in termini di consenso, ma anche tanti vantaggi nel lungo periodo. Ad esempio nel workflow quotidiano dei dipendenti, grazie al risparmio delle risorse». Per fare un esempio di risparmio: il progetto Salone Internazionale del Gusto di Torino, nell’edizione 2009, è riuscito a ridurre il proprio impatto ambientale del 45%, riducendo del 20% la cartellonistica, realizzata in materiali bio, così come biodegradabili erano i piatti; le bottigliette in Pet si trasformavano in cestini e carrelli, l’energia derivava da fonti rinnovabili locali, si sono evitate 1125 bottigliette di plastica con l’utilizzo dei distributori di acqua sfusa e le emissioni di CO2 sono state ridotte di circa 473 tonnellate. Certo, diciamo che un evento del genere parte già in un’ottica green. Eppure pare che la sostenibilità permetta a tutti di risparmiare, anche a quelle aziende che magari non ci pensano per pigrizia, o per scarsa informazione. «Pensiamo all’illuminazionea Led: consentono un risparmio sul consumo energetico pari al 75%. Anche nei congressi si può risparmiare: il catering a Km zero, oltre a essere ugualmente gustoso, permette grandi risparmi in emissione di CO2 e di costi aziendali, così come utilizzare zucchero e condimenti sfusi». E poi piccoli gesti di green policyinviare il programma delle attività quotidiane con sms piuttosto che con cartastampare le comunicazioni di servizio in eco font (risparmio sull’inchiostro del 20%), preferire gli spostamenti in auto elettrica, privilegiare per gli eventi strutture con certificazione di ecosostenibilità. E per quanto riguarda i viaggi: proporre le borracce (perfette per aumentare l’identità di gruppo) invece delle bottigliette di plastica, scegliere strutture che hanno nel proprio staff una ragionevole percentuale di impiegati locali, così da assicurare la giusta ricaduta economica sul luogo, evitare se possibile l’utilizzo delle auto (magari privilegiando la bicicletta… e sappiamo che nei paesi asiatici non è così difficile). Tutte cose assolutamente corrette e “pulite”… Ma siamo sicuri che i partecipanti al viaggio siano così contenti di ridurre il proprio bagaglio o inforcare la bicicletta? Ecco che entra in gioco il valore aggiunto dell’ecoevento:l’originalità e il coinvolgimento in prima persona. Un evento originale fa breccia, un evento originale ed ecosostenibile rimane impresso ancora di più. Proporre idee alternative, che permettano prima di tutto all’azienda di distinguersi e di presentarsi all’esterno come affidabile e attenta al nostro futuro non possono che funzionare, «perché il segreto di un bravo incentive manager è trovare il linguaggio, l’idea giusta non solo per fare un evento ecosostenibile, ma per conquistare all’ecosostenibilità i partecipanti» conferma Ferri. Fondamentale quindi l’organizzazione, che sia affidata a una società specifica o a un addetto interno all’azienda: professionalità, conoscenza della materia, bravura e creatività diventano elementi imprescindibili.
Ma per permettere un reale risparmio e dare l’avvio a una serie di ricadute positive sui ricavi aziendali (monetari e di immagine), la sostenibilità non può fermarsi a semplici indicazioni di green policy o a un evento una tantum, ma deve trasformarsi in processo, in “modus operandi”. Come? Coinvolgendo. Prima di tutto i dirigenti: in presenza di una leadership forte, che abbia chiari in mente i passi da fare per dare alla propria azienda un’ottica sostenibile, si metterà in moto un  meccanismo di “best practice” con ricadute positive all’interno e all’esterno. Poi coinvolgendo i dipendenti stessi, rendicontando i risultati dell’evento in termini di ecosostenibilità, organizzando attività fuori dall’ordinario, incentive originali e di stampo “green”. Ecco allora il viaggio in Thailandia a portare materiale scolastico ai bambini di una tribù (dopo essersi rilassati nella Spa migliore al mondo). Oppure attività di team building il cui progetto viene condiviso da tutti i cosiddetti “stakeholder”, dove i partecipanti entrano in gioco già in fase di progettazione e dove la  motivazione stessa diventa “sostenibile”: come cimentarsi nella preparazione artigianale dei pizzoccheri e del formaggio di malga nella splendida cornice della Valtellina. Fantasia, originalità, coinvolgimento fanno sì che l’atteggiamento sostenibile non si esaurisca nel mero evento, ma rimanga impresso nei partecipanti e continui anche dopo, nell’attività quotidiana.

L’impatto della crisi sulle scelte ecologiche 
Eppure il pensiero che un evento sostenibile sia arduo da organizzare è difficile da cancellare. Tanto più che ancora, almeno in Italia, questa possibilità non è molto conosciuta e spesso le aziende non pensano a questa eventualità se non “stimolati” in qualche modo dalle società di organizzazione eventi. «Quello della difficoltà organizzativa è un altro luogo comune – dichiara Ferri. –  Certo la strada giusta e più economica per creare un evento o un viaggio sostenibile è la più lunga, ma una volta deciso un criterio e una strategia tutto diventa più semplice, perché si seguono sempre gli stessi passi. Ad esempio, per l’organizzazione di un viaggio “green” una “incentive house” dovrebbe contattare il proprio corrispondente nel luogo scelto e chiedere qual è la sua politica ambientale, quanto personale locale è impiegato, se possiede una certificazione sull’ecosostenibilità. Poi dovrebbe fare ricerche sul paese e sulle sue tradizioni, imparare alcune parole della lingua locale, limitare il bagaglio al minimo, esaminare le opzioni di trasporto per scegliere quelle più ecologiche, programmare lo smaltimento di CO2». Tutte cose che, con il tempo, diventano automatiche e si risolvono con delle telefonate e ricerche su Internet, o affidandosi al “green manager”, una figura che comincia a farsi strada all’interno delle aziende. I risultati, in effetti, possono essere notevoli.
E la crisi? Come ha influito il periodo nero del business sulla scelta di convertirsi alla sostenibilità? Secondo le stime di Ferri, la crisi economica globale non ha fermato la “rivoluzione verde”. «L’interesse delle aziende è crescente. Un esempio è la Boing Company, la più grande industria aerospaziale del mondo, che sta per varare un nuovo aeromobile, il 787 Dreamliner, che consumerà il 20% in meno di carburante e avrà un impatto sonoro inferiore del 60% rispetto al 767, grazie a nuovi materiali, alla riduzione del peso e a nuove soluzioni aerodinamiche. E per il futuro la stessa azienda sta studiando un aereo che non brucia combustibile». Insomma, se anche il mondo del trasporto aereo, tra i principali responsabili delle emissioni di CO2, ha intrapreso, con convinzione, la strada dell’ecosostenibilità, vuol dire che qualcosa sta cambiando davvero.
E in Italia? Da noi, come sempre, si va più lenti e le azioni ecosostenibili spesso si riducono alla compensazione di CO2 emessa durante gli eventi, magari in paesi lontani. Ma esempi positivi ci sono anche da noi. «Fiera Milano Congressi ultimerà nel primo trimestre 2011, nella zona della vecchia fiera, il “Mic Plus”, che sarà il più grande centro congressi d’Europa: si tratterà di una struttura ecosostenibile, con copertura progettata secondo i criteri di sostenibilità ambientale, materiali ecologici e pannelli fotovoltaici che forniranno energia pulita a tutto il complesso. E sarà immersa nel parco pubblico “Citylife”, il nuovo polmone cittadino della città».

Le best practice
Dunque, qualcosa si sta muovendo anche da noi. Le aziende italiane stanno cominciando a capire il valore della sostenibilità e a organizzare un numero crescente di eventi “green”.
A partire dalle società già sostenibili nell’animo, come la Fermacellsocietà del gruppo tedesco Xella, leader nel ramo della bioedilizia e di nuovi materiali ecosostenibili (come i prodotti realizzati con carta riciclata, ripulita e mescolata a gesso e acqua) certificati da Eco Institute (“Product low emission”, Ndr) e Ibr (dall’Istituto per la Bioedilizia Rosenheim GmbH ndr). In quest’ottica era abbastanza naturale che anche gli eventi della compagnia si caratterizzassero nella stessa direzione. «Abbiamo recentemente organizzato un meeting con i clienti della Fermacell della zona nord-ovest – racconta Corrado Ragusa, area manager Nord-Ovest Italia – Sud Italia e Isole – al Borgo Barone Pizzini a Brescia, una sede scelta non solo per la bellezza del posto, ma anche perché tutto, dall’accoglienza ai cibi e vini al risparmio bioenergetico, era incentrato sul biosostenibile. Avendo concentrato le attività in un unico luogo, abbiamo evitato ulteriori aggravi sulla sostenibilità nel risparmio di emissioni di CO2. Per la documentazione non abbiamo stampato quasi nulla, usando solo email e proiezioni di slide. In più i materiali usati nella seconda parte del meeting, dove sono stati organizzati giochi di squadra mescolando clienti e fornitori, erano tutti riciclabili o riciclati, come la carta o la creta». E per quanto riguarda i costi? «Avevamo un budget adeguato all’importanza dell’evento, e dopo aver contattato diverse società abbiamo trovato la più soddisfacente anche dal punto di vista della sostenibilità. Ci siamo trovati molto bene». All’evento hanno partecipato clienti di estrazioni disparate, eppure «anche quelli più attenti all’aspetto commerciale hanno apprezzato lo spirito e la rigida disciplina nell’organizzazione dell’evento. E la sostenibilità gli ha dato una nota di distinzione, l’ha fatto diventare diverso e più originale degli altri. Sicuramente applicheremo questa formula ai prossimi eventi». C’è da aggiungere che la Fermacell è particolarmente attenta alla sostenibilità anche nelle attività quotidiane. Tutti gli stabilimenti sono situati presso cave di gesso e il trasporto dei blocchi in fabbrica avviene tramite nastro trasportatore. L’acqua utilizzata in produzione viene ripulita e riutilizzata, all’interno dell’azienda viene svolto un puntuale lavoro di raccolta differenziata, per le riunioni si utilizzano meno mezzi possibile con costante attenzione alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e alla compensazione di CO2.
Altri esempi? La Euler Hermes Siac, del ramo Assicurazione Crediti e consociata italiana del gruppo Allianz, ha debuttato nel “green” il 3 dicembre con un “Roadshow” tutto improntato all’ecosostenibilità. «Al Cinema Warner di piazza della Repubblica, abituale luogo di première cinematografiche – spiega Francesca Frattini, addetta dell’Ufficio Comunicazione – è stato organizzato un incontro tra il presidente della multinazionale, il nostro amministratore delegato e il personale (circa 400 persone) per illustrare i risultati del 2009 e gli obiettivi per il 2010. Il menù del cocktail era quasi tutto vegetariano, con prodotti a filiera corta, niente piatti o posate di plastica, niente lattine o bottiglie di plastica». I partecipanti sono stati tutti invitati a raggiungere la location usando gli otto pullman messi a disposizione ed evitando così l’uso di automobili private (e quindi l’emissione di anidride carbonica). Si sono evitati 1500 piatti, 3000 posate e 1000 bottiglie di plastica, per un risparmio di 55 chili di CO2. Un bel risultato per una società che non pensava ancora a diventare “green-oriented”. Noi cercavamo di risparmiare lo spreco di carta, avevamo già fotocopiatrici con la funzione “power off when not in use”, ma al green non avevamo mai pensato». 
Anche in questo caso i costi sono stati gli stessi di un evento non sostenibile. Ma allora perché le aziende sembrano restie a imboccare questa strada? «Non sanno di che si tratta – prova a rispondere Corrado Ragusa – pensano che sia solo un altro modo per “fare soldi” da parte di chi se ne occupa. Per quanto ci riguarda la nostra immagine si è fortificata grazie anche all’impronta sostenibile dell’evento. Molti clienti vi fanno riferimento, ne sono stati decisamente colpiti». Green quindi non vuol dire “povero” o “sminuente”. Tutt’altro.

 

Testo di Maria Elena Arcangeletti, Mission n. 1, gennaio-febbraio 2010

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