Se la trasferta di lavoro è fatale: cosa dice la legge? A Parigi un professionista è morto d’infarto per un rapporto sessuale durante una missione lavorativa e la Corte d’appello ha stabilito che si tratta di incidente sul lavoro. Perciò l’azienda deve indennizzare la famiglia. Potrebbe accadere lo stesso per in Italia? Lo abbiamo chiesto a Nicola Spadafora, dello studio Tonucci & Partners di Milano. L’avvocato esordisce con “la nostra giurisprudenza non è avara di sentenze bizzarre, ma francamente il quadro normativo italiano avrebbe, a mio avviso, dato luogo ad un esito ben diverso”.
Vediamo il caso, reso noto alla stampa solo pochi giorni fa, ma di un lungo iter giudiziale.
Il tragico evento è accaduto nel 2013, mentre la sentenza è stata emessa a fine maggio di quest’anno.
Il tecnico specializzato rimasto vittima è deceduto in una stanza d’albergo differente da quella prenotata dalla sua azienda e in un orario di lavoro non convenzionale. Questi elementi erano serviti alla società di manutenzione ferroviaria TSO per ritenersi non responsabile dell’indennizzo, che come sappiamo riguarda le famiglie dei dipendenti finché non scatta l’ingresso all’età pensionabile degli stessi. Ma la Caisse primaire d’assurance maladie du Hainaut si è spinta con tenacia fino al secondo grado di giudizio per ottenere il risultato che ha suscitato gli echi di cronaca.
Trasferta di lavoro, la legge francese sulla sicurezza sociale
La legge francese sulla sicurezza sociale stabilisce che un dipendente che svolge una missione ha diritto alla protezione prevista dall’articolo L 411 -1 durante l’intero periodo della missione che svolge per il suo datore di lavoro. La Corte ha stabilito “che è di scarsa importanza se l’incidente si verifica in occasione di un atto professionale o di un atto della vita quotidiana, ad eccezione della possibilità per il datore di lavoro di dimostrare che il dipendente abbia interrotto la sua missione per motivi personali. E il sesso è un atto della vita di tutti i giorni”.
In pratica, nella trasferta di lavoro si includono il luogo di svolgimento, il tempo per raggiungerlo e le ore di riposo durante il viaggio.
Il viaggio d’affari è sotto la responsabilità del datore di lavoro
Si noti che il tribunale parigino sottolinea come “durante l’intero periodo del viaggio d’affari il dipendente rimane sotto l’autorità del datore di lavoro finché non dimostra di averlo interrotto per un’attività che non può essere considerata parte della vita quotidiana”. E nemmeno il fatto di trovarsi al di fuori di una camera d’albergo non contemplata dalla missione lavorativa è valso a scagionare l’azienda.
Precisa l’avvocato Nicola Spadafora: “Al di là dell’assenza di elementi per considerare il decesso del signor Xavier come ‘occasionato’ dal rapporto di lavoro e della severità con cui la giurisprudenza italiana guarda alle cosiddette ‘cause violente’ ed, in particolare, all’evento infarto (l’Inail indennizza l’infarto solo quando dipendente da uno sforzo lavorativo imprevisto), mi sembra almeno dubbio che trasferendo per assurdo la vicenda in Italia, un ente come l’Inail avrebbe potuto vedere accolta l’azione di regresso verso il datore”.
E’ possibile che qualcosa ci sfugga e che la stampa abbia operato qualche semplificazione nella resa dei fatti “ma il viaggio di lavoro non determina una situazione per cui tutto ciò che accade al dipendente ricade nella responsabilità del datore, specie quando vi è un certo margine di elettività del rischio”, conclude il legale.
Leggi qui della propensione ad una vita sana dei viaggiatori d’affari